giovedì 3 maggio 2018

Una luce nel buio

Era un bel po' di tempo che non postavo un racconto qui sul blog: per la precisione, sono sette mesi esatti, visto che l'ultimo "Ucronia improbabile" vedeva la luce proprio il 3 ottobre dello scorso anno. Nel frattempo, mi sono successe tantissime cose, specie a livello personale - come sai se non leggi Hand of Doom da ieri. E così, ho cambiato mentalità anche sui racconti: analizzando la situazione in maniera razionale, sono arrivato a concludere che abbia poco senso postarli su un blog, visto che nella maggior parte dei casi i lettori non hanno il tempo e la voglia per leggerli.

In apparenza però questo non vale però per quelli brevissimi, di poche centinaia di parole: se sono brevi e fulminanti, sembrano adatti per questa epoca che fa della velocità e della frenesia la propria bandiera. Ed è così che, dopo qualche titubanza, ho deciso di tornare a postarne uno, proprio breve e sferzante.

Questa immagine non c'entra assolutamente nulla col racconto
Ma mi piaceva e l'ho inserita lo stesso!
Questo in particolare ha meno di cinquecento parole: è quindi più breve della media dei miei post, tanto che sono riuscito a scriverlo in una sola mattinata. Inoltre, è ispirato a una storia vera e recente: in maniera romanzata e volutamente esagerata, ti spiega perché la scorsa settimana ho saltato un post (e ho rischiato di fare lo stesso col secondo). Se sei curioso, continua a leggere!

Una luce nel buio

Oscurità. Me la sentivo nelle ossa, nei muscoli, nelle vene. Mi ricopriva come una cappa asfissiante, ed era così intensa, così brutale, da riuscire a penetrare dritta fino al mio cuore.
Non era un’oscurità fisica, reale: per quanto la sua corsa fosse quasi alla fine, il sole splendeva ancora fuori dalla finestra. I suoi raggi spandevano una bella luce rosata nella mia camera, e fuori infiammavano il cielo di un rosso acceso, sopra agli alberi in lontananza. Un bello spettacolo, se non fosse stato per quel buio che mi sentivo dentro, e che sembrava espandersi nel mondo, persino al di là di me, oscurando e soffocando ogni luce e ogni speranza. Quasi come un buco nero.
“E adesso? Cosa ne sarà di me?” pensai con un brivido, mentre appoggiavo la testa sulle mani e mi strofinavo gli occhi. Non era la prima volta che me lo chiedevo: erano ore che me lo ripetevo seduto lì, davanti a quello schermo con lo sguardo perso.
Ogni tanto ero stato sul punto di piangere, ma mi ero trattenuto. Il resto del tempo lo avevo passato a fare cose senza senso: sposta un file, cancellane uno obsoleto, riorganizza una cartella, svuota il cestino. Ma nulla aveva potuto riempire il vuoto che mi si era formato dentro: a riuscirci c’era riuscita soltanto quella sensazione cupa.
 Anche in quel momento, continuavo a fissare lo schermo senza un perché e a compiere le stesse azioni ripetitive, una dopo l’altra, ma la mia mente era altrove. Continuava a vorticare sulle stesse domande: si aggiusterà questa situazione? E quando? E se non si aggiustasse, cosa ne sarà di me?
“Forse è meglio piantarla. Forse è meglio pensare ad altro, fare altro, andare altrove” mi dissi. Scossi la testa, poi tesi i muscoli delle gambe indolenzite e con un po’ di fatica mi tirai in piedi. Prima di girarmi e abbandonare la desolazione di quel luogo, diedi un’ultima occhiata allo schermo. Fu in quel momento che me ne accorsi.
Spalancando gli occhi e la bocca, vidi che era successo. Ormai non me lo aspettavo più, o almeno non in quel momento. Eppure, era così: dopo due giorni di dura lotta contro le mie angosce, era tutto finito. Ora potevo tornare alla mia vita. Ora l’oscurità non era più così densa, ora la sua morsa scivolava via. Ora al suo interno brillava una luce. Una luce sempre più intensa, così forte che in un momento solo spazzò via il buio da ogni angolo della mia mente.
Una lacrima scivolò sul mio viso: ma era pura commozione, espressione della felicità che quasi non ricordavo esistesse, ma che in quel momento fluiva dentro di me come un alluvione improvvisa che abbia spezzato una diga. Rimasi lì per un attimo immobile, senza nemmeno cosa fare, ma poi l’istinto mi portò a muovermi: anche se nessuno mi vedeva, sollevai le braccia al cielo.
«L’hanno aggiustato! È tornato internet!» esultai.

4 commenti:

  1. Ahaha, molto bello.
    In fondo, senza la rete è un dramma... siamo quasi drogati!^^

    Moz-

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    1. Grazie ^_^
      E sì, un po' il senso del racconto è quello. Ma è vero che l'intento principale era puramente comico :D .

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    2. E infatti mi ha fatto ridere^^

      Moz-

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