mercoledì 20 agosto 2014

10 persone che non vorresti nel tuo locale

Essendo pieno agosto, tempo di svago per quasi tutti (tranne per me e per Monica ovviamente - è anzi il momento di lavoro più intenso per noi) ho pensato di scrivere un post più "leggero" dei soliti, seppur anche abbastanza tagliente. Essendo la nostra gelateria ormai aperta da oltre tre mesi, ho potuto osservare un campione significativo di clienti: molti di essi sono stati gentili e con alcuni di loro si è potuto anche discorrere in maniera interessante. Vi è stato tuttavia anche un grandissimo numero di clienti poco educati o che ci hanno dato dei forti grattacapi: in questa classifica, ne ho raccolto i dieci esemplari più rappresentativi, con l'intento di fare un po' di ironia e di esorcizzare un po' queste esperienze al limite del Kafkiano e spesso stressanti che io riferisco alla gelateria, ma che penso gran parte dei commercianti e dei ristoratori d'Italia viva quotidianamente. Ovviamente, come già detto, è una classifica ironica, e non deve essere presa con troppa serietà; detto questo, andiamo quindi con questa classifica, in ordine rigorosamente sparso:
  • Il monarca assoluto: fonda tutta la propria credenza su un dogma per lui incrollabile (anche se alla fine dei conti è, come tutti i dogmi religiosi, una stupidaggine di livello cosmico): avendo pagato l'incredibile prezzo di un euro e ottanta per un gelato piccolo, la gelateria automaticamente diventa di sua proprietà, e può farne quello che vuole senza dover chiedere conto a nessuno; può quindi comportarsi maleducatamente coi commessi, prendere le cose e spostarle a suo piacimento, sporcare il pavimento e via dicendo. La sua dominazione è assoluta ed incontrastabile, estendendosi anche dopo il suo passaggio: quando infatti il monarca assoluto decide di andarsene, ovviamente non gli spettano più compiti quale il rimettere in ordine ed il pulire lo sporco che ha lasciato, per quello ci sono infatti i suoi personali servi, che poi saremmo noi, i commessi della gelateria. 
  • Il ritardatario cronico: poco gli importa che la gelateria sia aperta mattina e pomeriggio, e nei weekend oltre dodici ore a orario continuato, lui arriva sempre e sistematicamente in ritardo rispetto all'orario di chiusura. Ciò è dovuto probabilmente al fatto che il ritardatario cronico è ancora più egocentrico del monarca assoluto, e pensa che chiunque debba essere in qualunque momento al suo esclusivo servizio. Purtroppo per lui il mondo non funziona così, ma lui nella sua visione distorta del mondo non se ne rende conto, e seguita imperterrito ad interrompere i commessi che preparano la chiusura e che a quel punto non vogliono che staccare ed andare a casa a riposare, generando, sia con il mancato introito che con l'interruzione spesso condita con arroganza, odio a profusione.  
  • L'analfabeta: entra in gelateria e senza nemmeno degnare di un'occhiata i cartellini dei gelati o il listino chiede i prezzi o peggio richiede gusti non presenti nella vetrina, spesso anche con l'arroganza di sapere già tutto senza leggere. Le cause di ciò potrebbero essere varie, ma azzarderei che è proprio l'analfabetismo quella principale, e la prova principale di ciò è che esiste anche una sottocategoria di analfabeta che cerca di nascondere la propria condizione. Appena entrato, quest'ultimo se la prende con molta calma, e fissa per minuti interi tutto quanto c'è di scritto in gelateria; quando finalmente decide di prendere il gelato, ci si aspetterebbe che ormai sappia ogni cosa, ed invece puntualmente costui ti stupisce dimostrando che di quello che ha letto non ha capito nulla. Questa è purtroppo, inaspettatamente per me, anche la categoria più diffusa, comprendente la maggioranza di tutti i clienti che abbiamo: decisamente improponibile quindi invocare un ritorno alle scuole elementari, visto che non credo nemmeno il Fondo Monetario Internazionale abbia abbastanza soldi per pagare gli studi a tutta questa gente.
  • Il pigro terminale: personalmente, credo che la pigrizia sia scusabile (del resto sono pigro anche io), purché la si tenga in un certo modo sotto controllo, cosa che il pigro terminale evidentemente non è capace di fare. E così, dopo avergli detto che il conto per il suo cono piccolo è di un euro e ottanta, lui proprio non riesce a pagare il prezzo preciso, e deve per forza tirar fuori dal portafoglio una banconota venti, cinquanta o nei casi peggiori addirittura cento euro, forte del fatto che tanto il povero addetto della cassa non può mostrare la stessa pigrizia, e deve mettersi a fare i conti per poi arrabattarsi per raccogliere dalla cassa il mezzo chilo di monete e di banconote che serve da resto (ammesso che altri pigri terminali non abbiano prosciugato il fondo cassa, nel qual caso sono necessari ancor più salti mortali). E' una categoria molto vasta, quasi quanto la precedente, il che cozza un po' con il buonsenso: man mano che la pigrizia terminale va avanti, ci si aspetterebbe infatti che questa gente muoia, ritenendo anche il respirare un'azione troppo faticosa; chissà perché, purtroppo invece ciò non succede, e questa categoria continua imperterrita ad infestare il mondo.  
  • Il piccolo Attila: è (di norma) un ragazzino allevato da persone che se non appartengono alla categoria dei pigri terminali poco ci manca, e che non hanno fatto il minimo sforzo di insegnarli le regole basilari della civiltà né tanto meno un comportamento dignitoso. Purtroppo, il piccolo Attila ci tiene proprio a mostrare il disagio di questa mancata educazione a spese degli altri: rompe, mette in disordine e sporca tutto ciò che è possibile rompere, mettere in disordine e sporcare, tocca tutto si appoggia con le mani (quando va bene) o anche con tutto il corpo alla vetrina frigo insozzandola, urla e produce rumore a livelli di volume che nemmeno i gruppi metal più brutali raggiungono, e di norma conclude questa sua performance estrema facendo finire per terra il gelato; il tutto costringe i commessi a tonnellate di lavoro extra, di cui farebbero volentieri a meno. Per questi flagelli dell'umanità non esistono scusanti, nemmeno quella più ovvia del "sono bambini": ci sono altri ragazzini infatti (di norma stranieri, alla faccia di quell'orgoglio nazionalista che non mi capacito come possa esistere in questo paese) che invece sono composti, silenziosi ed educati al punto da ringraziare persino i commessi- Poche storie, quindi, cari genitori, se vostro figlio quando passa fa più danni di Al Qaeda la colpa è solo vostra, che non gli avete dato nemmeno uno delle centinaia di ceffoni che si meritava.
  • Il determinato: sono assolutamente serio quando dico che la sua perseveranza è ammirevole, vorrei possederla anche io, tuttavia, sarebbe ampiamente preferibile che questa determinazione fosse usata in maniera costruttiva, invece che nella costante ricerca di qualcosa di negativo nel lavoro altrui. Al determinato infatti ogni cosa fa schifo a priori e deve per forza trovarvi dei difetti, che del resto il nostro gelato ha davvero: pensate che scandalo, esso si scioglie al Sole, fa venire il mal di testa se lo si mangia troppo velocemente e -il peggio del peggio- è anche dannatamente freddo! E' particolarmente deleterio quando il determinato è genitore di un piccolo Attila, che ovviamente difende strenuamente: del resto se il cono finisce per a terra non è colpa di suo figlio, che sotto il Sole a picco di agosto saltellava tenendo il gelato a testa in giù, è colpa nostra che forniamo cornetti di sola cialda, senza alcun congegno anti-gravitazionale incluso.  
  • Il venditore: non gli interessa minimamente che tu stia lavorando in un locale pubblico, forse lo ignora persino: entra infatti senza nemmeno guardare dolci e gelati, punta solo a appiopparti la sua roba. Finché si tratta di lasciare volantini da esporre sul tavolino la cosa non da poi tanto fastidio (anche se questa gente un gelato potrebbero anche prenderlo!), ma quando invece è qualcuno che vuole per forza venderti la sua paccottiglia da quattro soldi e rimane lì a cercare di convincerti per interi minuti, magari anche a scapito di altri clienti, forte del fatto che tu lì ci lavori e quindi non puoi fuggire via a gambe levate come faresti per strada, la faccenda si fa decisamente odiosa, e diventa veramente difficile trattenere la voglia di armarsi di scopa e di passare alle maniere forti.
  • Il comico:  sosta sulla soglia della gelateria, almeno in apparenza voglioso di entrare, o addirittura entra senza remore, salvo poi uscirsene senza prendere alcunché, uno "scherzone" che non solo non fa ridere nessuno ma è anche una fastidiosa mancanza di rispetto per chi sta lavorando. Indecisione sul motivo per cui il comico mette in atto questo comportamento: forse crede veramente di essere divertente, o forse è semplicemente deluso che in un locale la cui insegna recita a caratteri cubitali "gelateria e pasticceria naturale" ci possano essere dolci e gelato. Particolarmente insidiosa la sua fusione con il monarca assoluto: in questo caso si siede allora sulle sedie della gelateria e magari bivacca tranquillamente col cibo preso dal bar a fianco, ma ovviamente a prendere un gelato non ci pensa minimamente: la maleducazione a quel punto raggiunge livelli così alti che anche i commessi, che sempre devono essere cortesi e gentili coi clienti (ma c'è anche da dire che costui non paga, quindi tecnicamente non è un cliente), si incazzano come iene e con decisione li cacciano via. 
  • Il disorientato: in certo qual modo una variante della categoria precedente, come il nome stesso suggerisce questo tipo di persona non possiede alcun tipo di senso dell'orientamento: per questo, è costretto ad entrare in gelateria per chiedere indicazioni stradali (spesso per l'Abbazia di San Vittore per la quale c'è un'unica strada piena di cartelli che la indicano, ed è assolutamente impossibile perdersi). Ovviamente, una volta ricevuta l'informazione di cui aveva bisogno non ha l'educazione né lo scrupolo di prendere nemmeno un dolcetto da un euro, ma probabilmente ciò accade perché il disorientato è parente stretto dell'analfabeta:  lì dove c'è scritto "gelateria e pasticceria naturale" lui evidentemente legge "ufficio informazioni".
  • Il fiero ignorante: ho voluto concludere questa classifica con il "botto", vale a dire con la categoria di persone a mio avviso più odiose in assoluto. L'ignoranza in se non è una colpa, del resto chi più chi meno siamo tutti ignoranti in qualche campo; il problema nasce quando non solo non si cerca di colmare la propria ignoranza, ma anzi si è assolutamente fieri  di essa, nel qual caso nascono dei veri e propri mostri. Il fiero ignorante riunisce infatti in sé tutte le caratteristiche già elencate del pigro terminale, dell'analfabeta, del determinato e del comico: non legge le scritte, spesso non compra nulla e soprattutto sminuisce ed insulta il lavoro dei commessi, preferendo al nostro gelato naturale (fatto quindi con materie prime pure, senza aromi artificiali, conservanti o coloranti di alcun tipo, e per questo più sano e più buono) quello artigianale normale (fatto con aromi artificiali e preparati industriali) o ancor peggio i gelati confezionati. Già causante disprezzo profondo quando esplica i suoi commenti fuori, è poi deleterio quando entra in gelateria per poi andarsene quando non trova gusti palesemente chimici come il puffo o il pinguino, che ovviamente noi già per filosofia repelliamo: la cosa che mi stupisce di più, in questi casi, è come la mia testa non esploda mentre tento di reprimere la mia intensa voglia di decapitare il soggetto in questione seduta stante. 

sabato 16 agosto 2014

Stasera...

Di solito programmo che posterò qualcosa su questo blog almeno con qualche giorno d'anticipo, ma ogni tanto mi piace anche postare anche qualcosa di non previsto. Questo è proprio uno di quei casi: ho scritto questa mezza specie di poesia tornando dal lavoro stasera, di getto, provando a descrivere il mio stato d'animo, eccezionalmente positivo stasera. Ovviamente è dedicata a Monica, anche se spero piaccia anche a tutti voi!

Stasera...

Guardo il cielo, stasera
Il cielo del crepuscolo
Ancora non nero, scuro
Ma caldo ed avvolgente;
E sento sulla mia pelle
L'aria fresca, quasi fredda
E tranquilla, rilassata,
Di una pigrizia gioiosa.

Tutto questo mi fa sentire
Sereno, in pace col mondo
E sembra che le angosce
Quasi siano sparite.
Ma non è il cielo, in realtà
E nemmeno l'aria fresca
Che mi fanno provare
Questa gioia spirituale.

E' solo la consapevolezza,
Mia cara Monica
Che tu sarai con me,
Stasera ed ogni sera
Che verrà in futuro:
E questo significa
Che tutto andrà bene
Per sempre, per me.

mercoledì 13 agosto 2014

"Il Ciclo di Darksword" di M. Weis e T. Hickman

Qualche tempo fa, cercando qualche nuova opera fantasy da leggere, mi sono imbattuto ne "Il Ciclo di Darksword", una lunga trilogia (oltre novecento pagine) scritta da Margaret Weis e Tracy Hickman, due autori famosi principalmente per il grande ciclo di Dragonlance, piuttosto amato tra gli appassionati del genere fantasy (anche se, personalmente, ammetto di non aver mai letto nulla da esso). Le mie aspettative erano abbastanza alte, viste queste premesse e vista la breve sinossi che figura dietro il libro, ma come vedrete tra poco non sono state del tutto soddisfatte.

Questa la trama della trilogia,  ridotta all'osso per quanto sia possibile, vista le sue quasi mille pagine di lunghezza [spoiler alert da qui, come sempre]: sulla Terra, i maghi sono perseguitati dagli uomini che non possiedono la magia, come narra l'incipit; per questo, gli esseri dotati di magia, guidati da Merlino, decidono di emigrare su un altro mondo, altrove, e trovano Thimhallan, un mondo in cui la magia scorre potente e che è l'ambientazione di tutti e tre i libri. Ad ogni modo, nella cultura di questo mondo la magia diviene presto equivalente alla vita stessa, e gli uomini si ritengono vivi al contrario di quelli del vecchio mondo, giudicati invece alla stregua di morti viventi. Quando quindi, molti secoli dopo, il figlio degli Imperatori della città-stato di Merilon verrà alla luce senza alcun potere magico, è una tragedia nazionale: il bimbo è dichiarato quindi morto, e lasciato a se stesso. O, almeno, questo è quello che viene detto al popolo: segretamente il neonato verrà infatti tenuto in vita, allo scopo di contrastare un'antica profezia secondo cui egli sarebbe nato, morto e tornato in vita, portando allora la distruzione del mondo. Contro tutti i piani, però, il ragazzino verrà rapito da Anja, una donna folle di estrazione nobile che lo adotterà; col nome di Joram, abiterà nascosto tra i Maghi dei Campi, i servi della gleba contadini di Thimhallan, seppur in forma molto ritirata e solitaria per nascondere la sua assenza di poteri magici. Crescere in questa maniera lo renderà rude ed individualista, con un carattere difficile. Ad un tratto, però, il suo "essere morto" verrà scoperto: Anja perderà allora la vita tentando di difendere Joram, e quest'ultimo a sua volta vendicherà la madre, e sarà costretto a fuggire nelle Regioni Remote di Thimhallan.

Nella seconda metà del primo libro, ritroviamo Joram come fabbro nel villaggio di coloro che praticano l'arte della Tecnologia, pratica bandita nel mondo (in quanto il suo uso ha scatenato, secoli prima, le terribili Guerre del Ferro): sarà proprio qui che, tra varie peripezie, e con l'aiuto del co-protagonista padre Saryon (membro dei Catalizzatori, i sacerdoti di Thimhallan, che sono anche preposti ad incanalare la magia dal mondo verso i maghi) forgerà la Spada Nera, un'arma brutta e sgraziata composta di pietra nera, un materiale capace di assorbire l'energia magica. Scoperto da Blachloch, il malvagio stregone a capo dei tecnologi, riuscirà però ad avere la meglio su di lui e ad ucciderlo: per evitare ulteriori complicazioni, Joram deciderà quindi di andarsene dal villaggio per reclamare a Merilon il suo posto di nobile (anche se non sa quanto è elevato il suo rango di nascita); partirà perciò lo stesso giorno insieme a Saryon (originariamente una spia del vescovo Vanya, il capo dei Catalizzatori, ma a questo punto già passato dalla parte del giovane) e ai due amici, il fido Mosiah ed il buffo Simkin. Il secondo libro inizia con varie peripezie (tra cui l'incontro di Joram con il principe Garald della città stato di Sharakan), che si concludono con l'arrivo della comitiva a Merilon: lì, Joram si innamorerà a prima vista di una rampolla dell'alta borghesia, Gwendolyn della famiglia Samuels, e tenterà di reclamare l'eredità di Anjaa. Si scoprirà però presto che non è figlio di lei, e che per giunta è morto: nascerà quindi un processo (patrocinato da Vanya e da Xavier, fratello dell'imperatrice e che conoscendo l'identità del giovane lo vede come una minaccia alla sua successione dinastica) che si concluderà con la condanna a divenire un Guardiano, una delle statue di pietra costrette ad una vita eterna ed immobile a guardia Confine di Thimhallan, il luogo oltre cui non si può andare. L'esecuzione non andrà però a buon fine: Saryon infatti si frapporrà tra Joram ed il Boia e verrà tramutato in pietra, non prima di essere riuscito a dare la Spada Nera al giovane; quest'ultimo però, vista la sorte orribile toccata al suo amico, la lascerà nelle sue mani pietrificate, da cui nessuno poi riuscirà a strapparla, e con disprezzo per il mondo (e seguito dall'amata Gwendolyn) si fionderà nelle nebbie mortali del Confine, sparendo nell'Aldilà.

Joram però non è morto, come apprendiamo nel terzo libro: un anno dopo (anche se per lui ne sono passati ben dieci) tornerà dall'aldilà insieme alla sua compagna, divenuta ormai folle. La prima cosa che si troverà davanti è la statua di Saryon, mutilata per cercare, invano, di strappargli la Spada Nera: il giovane riuscirà invece ad estrarla facilmente e subito cercherà di dare il riposo al suo amico, piantandogliela nel corpo; miracolosamente, però, non solo Saryon non morirà ma tornerà inaspettatamente in vita. Intanto, nel mondo di Thimhallan, è arrivata la guerra: i rapporti sempre più tesi tra Sharakan e Merilon, dopo la salita al trono di Xavier si sono spezzati, e le due città si preparano allo scontro. I conflitti nel mondo magico hanno un carattere quasi rituale: avvengono su uno speciale Campo della Gloria con regole fisse volte all'evitare la morte dei maghi coinvolti, quasi più una partita di scacchi di una vera battaglia. Ad un certo punto, tuttavia, i maghi cominceranno effettivamente a morire a causa di misteriose creature di metallo apparse , che si scoprono quindi provenire, come Joram, dal mondo della Tecnologia: sono infatti niente di meno che i discendenti del nostro mondo, che stanno cercando di invadere Thimhallan con carri armati, armi laser e navette spaziali. A capo di essi vi è Menju, un mago che come Joram aveva attraversato ilConfine, ed era riuscito a convincere i "morti" dall'altra parte ad intraprendere questa invasione. Mentre le battaglie tra i maghi ed i tecnologi vanno avanti, Joram dovrà perciò fronteggiare Menju ed anche i nemici interni al suo mondo, come il vescovo Vanya: con la Spada Nera riuscirà però a batterli ed a far si che il contenimento magico di Thimhallan venga meno, e la magia si disperda in tutto l'universo: la profezia è compiuta, ma forse ciò è qualcosa di buono, visto che il mondo magico, prima del tutto chiuso, si riunisce così al mondo esterno. [fine degli spoiler]

Se per i miei gusti questa macrotrama è piuttosto affascinante, ho però trovato le varie sottotrame spesso piuttosto irrealistiche ed ingenue: per fare un solo esempio, tra i tanti possibili, ho trovato assurdo che il fatto che nonostante sia ufficialmente ricercato da tutti, il protagonista possa presentarsi col suo vero nome, e comunque non essere catturato ne riconosciuto da nessuno. Un altro difetto che per me sussiste in questa trilogia, simile per certi versi alla prima, è la scarsa coerenza del carattere dei personaggi: il protagonista è inizialmente un antieroe, un Conan il Barbaro più rabbioso e psicotico, ma ciò non gli impedisce di innamorarsi (e parliamo proprio di amore, non di attrazione) a prima vista di una ragazza che tra l'altro è frivola e non ha certo un carattere interessante; ciò vale anche per gli altri innumerevoli personaggi, mentre gli unici che si salvano a mio avviso sono Simkin e padre Saryon. Terzo difetto che trovo, anche piuttosto importante, è lo stile: non scorrevolissimo ma comunque piuttosto piacevole, presenta però troppe parti sterilmente descrittive, gli autori ci danno molte informazioni semplicemente raccontandole, e non mostrandole, ricorrendo troppo spesso al cosiddetto"infodump", il che se fatto ogni tanto può anche starci, alla lunga comunque stanca.

Peccato, dunque: peccato perché come ho già detto la trama principale mi era piaciuta parecchio e, aggiungerei, l'ambientazione era piuttosto originale e secondo me molto fascinosa; poteva insomma essere un capolavoro del fantasy, mentre invece così, con tutte queste criticità, raggiunge poco più che la sufficienza. Credo comunque che se siete fanatici del fantasy, qualcosa di degno di essere letto in questa trilogia o potrete pure trovare; altrimenti, però, lasciate tranquillamente perdere e buttatevi su dell'altro, che in giro c'è molto di meglio (anche se ultimamente c'è anche tanto di peggio).

mercoledì 6 agosto 2014

Un nuovo progetto

Forse qualcuno (chissà) si sarà accorto che mentre nei mesi scorsi ho postato almeno una volta a settimana, è da un po' di tempo che non mi faccio vivo, ma sono stato occupato. Un po' è stata colpa della gelateria, un po' invece è anche il fatto che sto lavorando un nuovo progetto, di cui per adesso non vi dico però nulla: spero di vederlo realizzato se non per la fine dell'anno, almeno per metà del 2015, e quando sarà vi farò sapere che cos'è. So che spesso dico così e poi non concludo niente, ma ogni volta che lo dico però sono convinto, e lo sono anche ora: spero però che visto che si scrive facilmente, questo progetto possa andare in porto presto, a differenza degli altri. In ogni caso, sto preparando un paio di post per le prossime settimane: conto perciò di poter tornare al più presto a far leggere a voi, miei inesistenti lettori, qualche nuovo contenuto. Ci aggiorniamo a presto, perciò!