sabato 30 aprile 2011

Una battaglia di attualità

Partiamo da una premessa: nella mia famiglia, la sera, la tv è sempre accesa. Nel dopocena, si guarda Striscia la Notizia, e per questo ho potuto, mio malgrado, guardare il programma di Antonio Ricci. Al di là di qualche utile inchiesta, e di tante rubriche sostanzialmente inutili e non interessanti, soprattutto una cosa mi ha colpito: la risposta dura e direi quasi verbalmente violenta di questo programma alle critiche. In particolare, ho notato una certa sensibilità sull'argomento della dignità femminile. Ci sono molti giornali che attaccano infatti il programma per il fatto che le veline, ossia le ballerine di Striscia la Notizia, siano nei fatti dei corpi femminili e basta, e offendano quindi la dignità della donna in quanto tale; di conseguenza, il programma attacca tali giornali, accusandoli di ipocrisia per il fatto che essi presentino pubblicità con corpi femminili.

A questo proposito, mi vengono in mente alcune riflessioni. In primis: non credo siano condannabili i giornali che postano certe pubblicità; una redazione è infatti composta di persone che vanno pagate, e i costi sono altissimi. Non è possibile mandare avanti un giornale solo con i costi di acquisto, a meno di non alzare il prezzo di copertina a tal punto che nessuno comprerebbe più; per questo, si sottoscrivono contratti pubblicitari, coi quali il giornale vende letteralmente una pagina ad un'industria in cambio di denaro da utilizzare per andare avanti con la pubblicazione. In quest'ottica, quindi, non sono i giornali i colpevoli, se l'industria sceglie un metodo poco dignitoso nei confronti del corpo femminili per pubblicizzarsi, ma di quest'ultima. Tuttavia, ribaltando l'ottica, penso che non possa essere Striscia la Notizia a denunciare questo messaggio, e la ragione è semplice: anche le sue veline sono in effetti mezzi per invogliare a guardare il programma, non molto diversi delle pubblicità delle industrie. Ad essere ipocrita quindi non è il giornalismo, ma lo stesso programma. In conclusione quindi, a mio avviso entrambe le parti sbagliano, ma è il programma di Antonio Ricci a sbagliare peggio, sempre secondo la mia modesta opinione

giovedì 28 aprile 2011

Trascendenza

Dopo un piccolo periodo di mia assenza, dettato dal fatto che mi sono concentrato sul blog nuovo, torno qui con un racconto nuovo, quello famoso sul Pale Blue Dot. Devo dire che questo racconto è andato ben oltre l'idea originale, arrivando fino a questo risultato, che per me è assolutamente perfetto. Considero questo racconto il più bello che abbia mai scritto, il mio capolavoro, perciò lo posto qui. Spero piaccia anche ai miei lettori come piace a me.

Trascendenza

Amnesia. E’ la prima parola che pensai, quando aprii gli occhi, ed era quello che sapevo essere successo. Non avevo alcun ricordo nella testa, anche se sapevo che ero un uomo, e conoscevo il mio nome, Mattia; ma della mia vita non c’era alcuna memoria, la mia mente era come un foglio bianco. Cercai di muovermi, e mi accorsi di non essere a terra, ma che ero sospeso in aria, e che non mi vedevo, ero incorporeo quasi come un fantasma. Poi vidi la terra, un prato erboso, pochi centimetri sotto di me, che si allontanava, prima in maniera impercettibile, e poi sempre più velocemente. Presto attraversai una grigia nuvola, e il terreno non fu più visibile; e subito dopo vidi l’azzurro del cielo, che mi stava sopra e mi circondava in tutte le direzioni, tranne nella parte inferiore, dove le nuvole coprivano tutto. Ma la velocità aumentava sempre più, e presto mi ritrovai fuori dell’atmosfera, a volare nello spazio. La Terra si allontanava sotto di me finché non la vidi come una biglia blu sospesa nel nulla più assoluto, vicina solo ad un altro astro, che spuntava appena da dietro, bianca e bellissima. Fu allora che cominciai a ricordarmi qualche dettaglio della mia vita. La natura mi piaceva molto, ora sapevo, e non potevo che essere meravigliato, anzi, più che estasiato di quello che vedevo! E quell’astro- la Luna, così ora sapevo si chiamasse- formava insieme alla Terra uno spettacolo unico! In quel momento però non ero padrone di me stesso, la forza oscura che mi aveva fatto levitare mi conduceva ora lontano dal pianeta, e così in qualche minuto fui lontano da lì. Volevo però ancora guardarlo per un po’: fu allora che scoprii di potere ingrandire come un telescopio quel che vedevo con la sola forza di volontà, anche se solo fino ad un certo punto. Allora rividi la Terra, ma poi mi distrassi a guardare altri astri, colmo di meraviglia com’ero per l’universo che mi si era spalancato davanti, e non mi ricordai più del mio pianeta natale.

Dopo un po’ che osservavo le stelle tutte intorno a me, sempre incantato da ciò che vedevo, mi accorsi che una di esse, brillante di un rosso acceso, si avvicinava a me; e non so perché, quel balenio scarlatto mi appariva sinistro, per qualche motivo di cui però non mi capacitavo. Presto, la luce divenne un gigantesco pianeta color ruggine: Marte. Sfiorai volando la cima dell’immenso monte Olympus e passai sopra la lunghissima valle Marineris, e mi sentii felice di quelle visioni: ma contemporaneamente altre sensazioni, sicuramente ricordi dal mio passato, fiorivano nella mia testa, ed una nuova consapevolezza esplose all’improvviso in me. Mi ricordai così di qual’era la mia vita, una guerra continua, rivolta soprattutto contro quelle persone che, troppo piene di se, non riuscivano a capire la mia estrema sensibilità emotiva, e mi offendevano; e il mio carattere, a volte impetuoso data anche la mia giovane età, non mi aiutava, rendendo anzi tutto peggiore di quanto non sarebbe stato. Era del tutto orribile, quel complesso di pensieri, ma quando, in pochi minuti, fui di nuovo lontano da Marte, l’oppressione per la mia situazione precedente passò, e mi risentii normale come prima, pur essendo turbato da quello che avevo provato.

Trascorse un quarto d’ora senza che nulla succedesse. Ero quasi irritato da quell’attesa quando vidi un’altra stella muoversi e avvicinarsi. Era Giove, come mi accorsi subito dopo, vedendolo da vicino: la Grande Macchia Rossa risaltava tra le fasce atmosferiche del pianeta, e i Satelliti Medicei lo circondavano come gemme di una corona, dal punto in cui lo vedevo; e avvicinandomi di più vidi le tempeste magnetiche ai poli del pianeta, i vulcani di zolfo di Io e il ghiaccio di Europa. Mentre fissavo estasiato quei panorami, altri ricordi mi tornarono, come fulmini, nella mente: e ricordai che prima di quel viaggio adoravo l’heavy metal, in tutti i suoi sottogeneri. Era una vera passione, uno stile di vita, e non solo: sapevo che questo genere musicale simboleggiava, per me, un complesso di valori forti come la lealtà, l’onestà, la profondità, l’intelligenza. Così, dovevo per forza essere una persona buona e giusta, che viveva le proprie emozioni nella maniera corretta e rispettava le altre persone. Era davvero un ricordo piacevole, ma non poteva durare a lungo, e fu con un po’ di tristezza che mi allontanai dal pianeta, sempre sospinto dall’oscura energia che mi conduceva sempre avanti.

Un’altra mezz’ora passò , anche se non ne ero sicuro: lì non c’era nessun modo per misurare il tempo. Poi sentii una sensazione strana alle mie spalle, così mi girai, e vidi il pianeta Saturno in tutto il suo splendore, coronato com’era dai suoi bellissimi anelli. Eppure quella visione non mi rendeva felice, poiché mentre passavo tra i minuscoli asteroidi che componevano gli anelli, nella mia mente apparivano le immagini delle tante, tantissime persone che in vita mia mi avevano deluso e fatto del male intenzionalmente, giusto per disprezzo mio, di come ero, di come ero fatto; e mentre sorvolavo gli oceani di metano della luna Titano, mi tornavano alla mente le storie orrende dei rapporti che avevo avuto con ognuna di queste persone, e i loro tradimenti che avevo subito con gran sofferenza. Ricordavo in particolare due persone: un uomo che mi ingannò profondamente, fingendosi mio amico per poi rivelarsi tutt’altro; e soprattutto una donna, che aveva tentato in tutte le maniere di rovinare la cosa a cui tenevo più di tutte, persino di più dell’heavy metal, anche se non in quel momento ricordavo ancora quale essa fosse. Che razza di persone orrende! Mi faceva così male pensare a loro, a come mi avevano ferito nel profondo! Per fortuna, anche Saturno passò piuttosto velocemente come gli altri pianeti, e la sgradevolezza che avevo provato se ne andò, anche se per un po’ la tristezza perdurò in me.

Mentre ancora viaggiavo velocissimo, mi interrogai su un particolare che i due pianeti gassosi fino ad allora visitati mi avevano fatto focalizzare. Cos’era la cosa più importante per me? Non ricordavo proprio, però. Alla fine dell’ora arrivai davanti ad Urano, e ancora una volta mi stupii per quel che vedevo. Il pianeta scorreva placido e calmo sotto di me, senza le tempeste degli altri giganti gassosi, e il suo azzurro acceso mi dava una sensazione di pace. Mentre mi avvicinavo, dei nuovi ricordi affiorarono: mi ritrovai così a ripensare a quanto amavo il cielo, sia quello azzurro del giorno, sia soprattutto il nero della notte, dove tante stelle brillavano meravigliose. A volte, rammentavo, avevo addirittura desiderato essere un uccello, e volare in quell’infinito paradiso, libero da ogni vincolo e da ogni paura; e la consapevolezza che il mio sogno si era avverato con quel viaggio mi portò quasi alle lacrime di commozione. Ma anche Urano fu presto alle mie spalle, e il mio viaggio proseguì ancora, anche se avrei preferito rimanere sull’azzurro pianeta per sempre.

Ormai avevo capito come si svolgeva quel pellegrinaggio nel sistema solare, e aspettai calmo l’arrivo di Nettuno. L’ormai nota sensazione mi avvertì di esserci, e girandomi vidi la massa blu del pianeta, con la Grande e la Piccola Macchia Scura che erano come buchi in un oceano di gas e nuvole. Dagli abissi della mia mente spuntarono allora una miriade di pensieri, come uno sciame di vespe, che mi ricordarono cosa era la vita di tutti i giorni per me: una vita di continua lotta contro le mie paure e le mie ansie, le quali ora tornavano a tormentarmi. Vissi dei minuti di assoluto panico irrazionale, tutti quei pensieri non avevano assolutamente alcun senso, eppure mi torturavano straziandomi e mi consumavano dentro, come parassiti che attaccavano il mio io; e le ansie erano così concrete che me la sentivo addosso, come un vestito fatto di ortica, che più cercavo di togliere e più mi si stringeva addosso. Nettuno era piccolo rispetto agli altri pianeti gassosi, così passo anche più in fretta degli altri; ma non me ne accorsi, quei pochi istanti in cui lo sorvolai mi sembrarono ore. Quando infine mi fui allontanato, stavolta non riuscii davvero a lasciarmi dietro tutto l’orrore che avevo pensato, e piansi.

Dopo qualche minuto di tristezza, passai circa un quarto d’ora ad annoiarmi, tra lo scoramento dell’aver visitato ormai totalmente il sistema solare e la speranza di arrivare infine alla meta del mio peregrinare, del quale ancora non avevo nemmeno potuto immaginare lo scopo. Quando sentii l’ormai nota sensazione, fui quindi un po’ stupito, non mi aspettavo un altro pianeta. Quando mi girai, riconobbi senza dubbio i chiaroscuri di Plutone, la sua superficie nerastra appena rischiarata dalla pallida luce del Sole che lì appena arrivava, e poco lontano la grigia luna Caronte, estremamente grande rispetto al pianeta. Non potei che pensare con sarcasmo che l’operatore turistico di quella gita non sapeva che Plutone non era più considerato un pianeta, e che quindi aveva sbagliato. Così mi ricordai un altro aspetto della mia personalità, il fatto che spesso sottolineavo le cose con battutine ironiche. Un ricordo piacevole, ma che ormai non mi rallegrava, visto che sapevo cosa stava per succedere. Anche Plutone passò oltre, infatti, e la breve allegria di quell’incontro sparì. La mia tristezza aumentava sempre di più. Ricordavo quasi tutto del mio passato, ormai, ma sentivo che la cosa più importante di tutta la mia vita mi sfuggiva. Triste e solo in un universo infinito, e ormai spossato dalle molte ore di quel viaggio, chiusi gli occhi e mi addormentai.

Emanuela. E’ la prima parola che pensai, a questo nuovo risveglio. Era lei la cosa importante che dovevo ricordare, la mia anima gemella, la mia amata immortale! Era lei, la mia Manu, che dovevo ricordare, la cosa importante, la più importante della mia vita. Con mia gran sorpresa, sentii in qualche modo che non ero più in movimento come lo ero stato fino al sonno, ero immobile ora, lì in mezzo al nulla più assoluto. Lentamente, mi girai, e la prima cosa che mi venne in mente di vedere fu la Terra, con il massimo ingrandimento possibile: ma a quella distanza non era altro che un piccolo punto blu, veramente piccino, in mezzo al nero punteggiato di stelle dell’universo immenso. Avevo già visto qualcosa di simile: era la foto soprannominata “Pale Blue Dot”, scattata dalla sonda Voyager 1, che raffigurava appunto quel puntino azzurro sospeso in un raggio di sole. Nonostante non fosse la prima volta che vedevo uno spettacolo simile, ne rimasi comunque sbalordito. Le mie ansie, le mie paure, tutte le brutte persone che avevo incontrato, ma anche le cose belle, l’heavy metal, il cielo blu, tutte le mie passioni, dov’ero sembravano nulla, in confronto all’immensità del cielo stellato, nemmeno un atomo della Via Lattea che era a sua volta appena un granello nell’universo infinito. Eppure non mi sentivo piccolo, sentivo nel mio cuore che l’amore che mi legava (e ancora mi lega) a Manu era ancora più grande di tutto ciò, e riempiva l’inimmaginabile vuoto del cosmo. Anche da lì, a centinaia di migliaia di chilometri, i nostri cuori battevano insieme, ed eravamo uniti, anche a quella distanza eravamo come una cosa sola. Poi, all’improvviso, sentii una sensazione strana, mai sentita prima, alle mie spalle, e mi voltai. Nel mezzo del nulla cosmico, una piccola luce brillava, bianca e luminosissima, e pian pianino si avvicinava a me; ma non avevo alcuna paura, sapevo che non mi sarebbe successo nulla. La luce si fece sempre più vicina, fino a toccarmi, proprio all’altezza del cuore: poi si ingrandì, e sentii che vi entravo dentro completamente, fino a che tutto fu avvolto nel bianco, e scivolai, pieno d’amore, nell’incoscienza.

Mi risvegliai dolcemente, e pian piano mi alzai, scostando la benda che usavo per dormire. La mia Manu era lì, accanto a me, con i delicati e bellissimi lineamenti del volto che incorniciavano un sorriso stupendo e gli occhi profondi e meravigliosi. Mi commossi a quella visione, e piansi; ma lei mi asciugò con delicatezza le lacrime, e poi mi baciò. Quindi mi disse che ero fantastico mentre dormivo, e che nel sonno dicevo solo quanto l’amavo; e piena di affetto mi baciò ancora, molto a lungo questa volta. In quel momento non mi interessava di quello che era successo, non mi interessava delle ansie che avevo avuto e che erano sparite, ne delle tante persone che mi avevano fatto del male. L’unica cosa che sapevo era che il mio amore per lei trascendeva le stelle e il suo per me arrivava ai confini del cosmo; e sapevo che sarei stato con lei, il mio vero amore, fino alla fine dell’universo stesso, e poi ancora per sempre.

mercoledì 20 aprile 2011

Ritorno alle origini

Dopo un'attenta riflessione, ho deciso di ritornare alla configurazione del blog che avevo prima, ossia alla possibilità di commentare per tutti, anche per gli anonimi, e senza moderazione. Valgono però sempre le stesse regole, ossia che insulti, commenti sprezzanti e allusioni fastidiose non sono ammesse.

domenica 17 aprile 2011

Ma si, facciamolo! (post aggiornato)

Il sondaggio che chiedeva ai miei lettori se era interessante un blog musicale si è concluso. I cinque votanti sono formati da tre contrari e due favorevoli; e il fatto già che la sconfitta dei favorevoli sia così piccola, mi invoglia ad andare avanti con l'intenzione di aprire questo blog, sicuro che ci saranno almeno due persone che lo seguiranno. Perciò, a giorni aprirò un nuovo blog su cui inizierò a postare nuovi contenuti.

Aggiornamento: a questo indirizzo il suddetto blog è ora pronto e disponibile

martedì 12 aprile 2011

Mezzo secolo fa

Cinquanta anni fa, il dodici aprile del 1961, la Vostok 1 con a bordo il cosmonauta Jurij Alekseevic Gagarin compieva una sola orbita intorno alla Terra, rientrando poi, in poco meno di due ore, nell'atmosfera terrestre, divenendo così il primo uomo a conquistare lo spazio nella storia dell'umanità. Il significato di quel primo storico volo è grandissimo, perciò gli dedico questo breve post commemorativo, che concludo subito con due aforismi dello stesso Gagarin (uno detto dall'orbita e l'altro una volta tornato), che dovrebbero fare ancor riflettere, nonostante siano state pronunciate la bellezza di mezzo secolo fa:
"Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini"

"Girando attorno alla Terra, nella navicella, ho visto quanto è bello il nostro pianeta. Il mondo dovrebbe permetterci di preservare ed aumentare questa bellezza, non di distruggerla!"

lunedì 11 aprile 2011

Ansie

Una nuova poesia, che riguarda la giornata di ieri, piena di ansie come tante altre. E' la mia solita poesia triste, quindi non aggiungo altro se non che spero che sia di gradimento.

Ansie

A volte succede che
Non sono, mentalmente,
Sveglio, e per nulla lucido.
In questi attimi, il terror arriva
E un cupo abisso mi inghiotte

Allora un’orrenda voce
Nella mia testa, con gran odio
Sussurra a me atrocità ripugnanti
Impossibili da sopportare;
E mi porta quasi alle lacrime.

Ansie, questo è il nome,
Neppur lo vorrei pronunciare
Seppur molto ne soffro:
Idiozie che diventano paura
E mi distruggono dentro.

venerdì 8 aprile 2011

A proposito del vicepresidente del CNR

Il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), come saprete, è l'ente pubblico italiano che si occupa della ricerca in Italia, e dovrebbe per questo, diffondere il sapere e la cultura scientifica nel nostro bel paese. Questo succede, anche se in campo scientifico siamo molto indietro rispetto al resto dei paesi civilizzati, comunque se non altro l'ente lavora, e in qualche modo riesce a funzionare.

Tuttavia, il vicepresidente del CNR, Roberto De Mattei, è un personaggio che oserei definire "problematico". Già negli scorsi anni, si era messo in luce agli occhi della comunità scientifica per le sue posizioni creazioniste e antievoluzioniste (per le quali aveva addirittura organizzato dei convegni), che già avevano creato qualche grattacapo a chi mastica un po' di biologia ed è a conoscenza dell'assurdità di tali tesi. Tra le ultime sue affermazioni, inoltre, ve ne sono due in particolare meritevoli di essere riportate. La prima, il sedici dello scorso marzo, De Mattei ha affermato che il terremoto e conseguente tsunami giapponese, invece di essere la grande tragedia che nessuno può negare sarebbe un giusto e necessario castigo divino, servita a purificare, in qualche modo, le anime dei giapponesi (purificarle da cosa non si sa). Già questo servirebbe a squalificare la credibilità di questa persona, ma andiamo oltre. La seconda è di qualche giorno fa: secondo questa nuova tesi (e sottolineando che De Mattei è un professore di Storia del Cristianesimo), l'impero Romano sarebbe caduto per la perversione e l'omosessualità che ivi imperavano, e che i barbari sarebbero stati la mano della provvidenza divina che ha epurato questi mali. Ora, non sono uno storico, ma anche io sono consapevole del fatto che l'impero romano, già cristianizzato, è decaduto per il pacifismo cristiano che aveva soppiantato il militarismo tipicamente romano (e che il primo sia, a mio parere, molto meglio del secondo non è poi così importante, se si vuole discutere la vera causa di questo fatto storico).

Questi sono i fatti. Ora, dichiarazioni con questo tenore di bigottismo cristiano se ne sentono un giorno si ed uno no; ma è inaccettabile, a mio avviso, che un componente di un ente scientifico, che quindi dovrebbe essere un'autorità proprio in questo campo, invece abbia opinioni così antiscientifiche. Mi chiedo quindi come De Mattei sia arrivato a ricoprire la posizione che occupa, e soprattutto come può ancora ricoprirla dopo questi fatti. Per questo, invito tutti i miei lettori (se ce ne sono) a firmare questa petizione on-line per richiedere subito le dimissioni del professor Roberto De Mattei in quanto incompatibile, almeno a mio avviso, con la carica che ricopre.

martedì 5 aprile 2011

Pale Blue Dot

La sonda spaziale Voyager 1 è stata una sonda statunitense lanciata il cinque settembre del 1977, allo scopo di visitare i pianeti Giove e Saturno, fino ad allora pressoché inesplorati, benché le sonde Pioneer 10 e 11 li avessero già sfiorati in precedenza. Dopo aver compiuto il suo lavoro, la sonda proseguì poi il suo viaggio, e ancora ora vaga nello spazio immenso.

Il 14 febbraio del 1990, quando già la sonda oramai era ben oltre l'orbita di Plutone, e al di ben sopra il piano dell'eclittica (quella in cui orbitano tutti i pianeti del sistema solare), alla sonda, che era attiva e lo è ancora al giorno d'oggi, fu ordinato di scattare una foto di tutti i pianeti del sistema solare; una di queste è quella che vedete qui a fianco (cliccate per ingrandire); a destra della foto c'è un minuscolo puntino blu, da cui il nome della foto, "Pale Blue Dot", ed è il nostro bellissimo pianeta Terra; i raggi sono invece riflessi interni alla macchina fotografica dovute alla luce del Sole.

Per una persona "comune" questa foto, in fin dei conti non è nulla, anzi, è una foto bruttina e un po' sfocata; ma per me, che oltre a studiare astronomia ho sempre avuto il fascino per queste cose, fa molto riflettere. Mi fa riflettere perché mi sento piccolo, sapendo che tutto ciò che ho, tutto quello che amo, è alla fine un granello di sabbia in confronto a quel puntino che è esso stesso una particella in un universo immenso, freddo e vuoto, ma così accogliente e così bello. Dall'altra parte, però, mi fa pensare con orgoglio al genere umano, il cui intelletto è riuscito a concepire una macchina capace di andare dove la Terra e gli altri pianeti non sono altro che puntini, e che se usato correttamente e sempre sarebbe capace di ogni cosa, persino di rendere questo nostro mondo perfetto, anche se, almeno al giorno d'oggi, così non è quasi mai,.

Queste sono le mie riflessioni, ma non è tutto. Vorrei trascrivere in questo post anche quelle di Carl Sagan, scrittore di fantascienza che apprezzo molto, per quanto poco abbia letto, e che materialmente ha suggerito di scattare la foto. Lo faccio perché le sue parole, a mio avviso, descrivono molto meglio delle mie la bellezza di questa fotografia. Ecco il commento di Sagan:
"Da questo distante e vantaggioso punto di vista, la Terra può non sembrare di particolare interesse. Ma per noi, è diverso. Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti quelli che amate, tutti quelli di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L'insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e suddito, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni "superstar", ogni "comandante supremo", ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì su un minuscolo granello di polvere sospeso dentro ad un raggio di sole. La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica.Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare i signori momentanei di una frazione di un puntino. Pensate alle crudeltà senza fine impartite dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti i loro malintesi, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto ferventi i loro odi. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l'illusione che abbiamo una qualche posizione privilegiata nell'Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c'è nessuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi. La Terra è l'unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c'è nessun altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Abitare, non ancora. Che vi piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l'astronomia è un'esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c'è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l'uno dell'altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l'unica casa che abbiamo mai conosciuto."
Questa la riflessione bellissima di Sagan. Concludo dicendo che su questa foto, probabilmente, scriverò un racconto, ci sto già pensando a come farlo. E' tutto, per ora.

Ringrazio Gabriele del blog fuffologi e creduloni... Se non li conosci ti uccidono per avermi fatto conoscere questa pagina poco conosciuta della storia dell'esplorazione spaziale

venerdì 1 aprile 2011

Pesce d'aprile per Manu

Ecco qui il mio pesce d'aprile per te, Manu, che in realtà... non è un pesce d'aprile! Il pesce d'aprile vero, infatti, non è tanto questa poesia, che è il solito sonetto scritto con tanto amore, ma il fatto che ti ho detto di averti fatto uno scherzo, e invece... sorpresa! Un messaggio d'amore per te. Ovvio che anche per gli altri lettori può essere un bel sonetto, ma se anche non fosse non importa, visto che la dedica è ad una persona sola.

Pesce d’aprile per Manu

Oggi di aprile è il primo dì
Un giorno in cui si canzona
Anche tu, adorata Manu, così
Dovresti subire una beffona

Ma quale scherzo potrei mai far
A te, cucciolotta bellissima?
Che sai solo come farti amar,
La donna per me più carissima!

E così alcun scherzo a te faccio
O mio amatissimo splendore
Perché davvero stupenda sei;

Quindi a te, che sei la mia lei
Ho sol scritto un sonetto d’amore
Per te come un dolce abbraccio.