giovedì 31 gennaio 2013

Questione di misure (seconda parte)

Come promesso tre settimane fa, ecco la seconda parte dell'articolo sulle misure, in cui stavolta, invece dell'infinitamente piccolo mi occuperò dell'infinitamente grande.

Per noi, il nostro pianeta, la Terra, è già gigantesco, eppure esso non è così grande: con un diametro di 12.745 chilometri circa, la Terra è già molto più piccola della distanza che la separa dalla Luna, che è distante mediamente 384.400 chilometri; la luce, la quale si muove alla velocità di circa 300.000 km al secondo (un dato questo da ricordare), impiega più di un secondo a giungere. Il Sole è ancor più lontano, distando 149,597 milioni di chilometri: in scala, se la Terra fosse una monetina da 10 centesimi di euro (e di conseguenza la Luna a distanza media sarebbe a circa 60 centimetri), la nostra stella si troverebbe a circa 230 metri da essa: e a questo punto, parlare di metri o chilometri è ormai controproducente, e si usa quindi la Unità Astronomica, pari per convenzione appunto a circa 149,597 milioni di chilometri. Aprendo una piccola parentesi sulle dimensioni dei corpi celesti, il nostro Sole ha un diametro di 1.391.000 km, ma è classificato come "Nana Gialla", essendo piccolo in confronto ad altri oggetti. Esistono infatti le stelle della categoria "Giganti" che hanno un'estensione immane in confronto: l'esempio più eclatante è la stella nota col nome VY Canis Majoris, il cui diametro è 1400 maggiore del sole. Per l'esempio della moneta, con la Terra sfera del diametro di una monetina da 10 centesimi, il Sole sarebbe largo circa due metri, nulla comunque in confronto alla stella di cui sopra, una sfera di tre chilometri di diametro. Tornando alle distanze, il pianeta più lontano dal Sole, Nettuno, ha un'orbita di 30 UA astronomiche di raggio, ma il limite del sistema solare è ben più lontano della sua orbita: si stima che la Nube di Oort, una specie di "guscio" del sistema solare composto da comete, abbia diametro tra 20.000 e 100.000 UA: essendo l'orbita terrestre l'ormai solita monetina (e con l'orbita Nettuniana larga circa tre metri), questa nube sarebbe compresa tra quasi due e poco meno di dieci chilometri.

In questa scala di grandezza non ha nemmeno più senso usare l'Unità Astronomica, e quindi si tendono ad adoperare due altre unità di misura, l'anno luce e il parsec. L'anno luce è quella distanza che la luce, alla sua velocità di 300.000 km al secondo, impiega un anno a percorrere (ricordo che la luce della Luna ci arriva in più di un secondo, mentre quella del Sole ci impiega otto minuti). Il sistema stellare più vicino al nostro, Alpha Centauri, è a circa un quattro anni luce di distanza da noi, e tutte le altre stelle sono più lontane, il che ci dice anche che gli astri che vediamo in cielo non sono quelle reali, bensì proiezioni della posizione in cui essi erano al momento in cui la luce è partita; per cui, guardando una stella distante 100 anni luce, si vede in realtà com'era essa stella cento anni fa.E' preferibile usare il parsec (pc), un'unità che si trova in maniera ottica (non vi sto a spiegare il procedimento), pari ad ogni modo a circa 3,26 anni luce o a 206.264 UA( mentre un anno luce è circa 63.384 UA), ed il nostro Sistema Solare ha un diametro, in parsec, di 0,485 pc (ed Alpha Centauri è a poco più di un parsec).

Detto questo, per farla molto breve il diametro stimato del disco della nostra galassia è 24 kpc (kiloparsec, ossia migliaia di parsec): eppure la struttura periferica, l'alone, dal centro si estende ancora oltre, fino alla distanza di 61 kpc. Per il confronto con la monetina, se essa fosse il nostro sistema solare preso al limite esterno (100.000 UA), il disco della nostra galassia avrebbe un diametro di quasi un chilometro, ed il suo alone sarebbe grande quasi due chilometri e mezzo. Ancora più in grande: tralasciando le galassie satelliti (ossia gruppi di stelle che ruotano intorno alla nostra come appunto satelliti) della nostra, la galassia più vicina alla Via Lattea è quella di Andromeda, che dista 779 kpc, ovvero due miliardi e mezzo di anni luce: l'immagine che di essa vediamo è quella di com'era due miliardi e mezzo di anni fa (periodo in cui nemmeno la vita pluricellulare esisteva sulla Terra), ed osservarla è veramente guardare indietro nel tempo. Eppure non è che la galassia più vicina a noi, tra le cento miliardi esistenti. Comunque sia, la nostra galassia fa parte di un gruppo di galassie conosciuto come Ammasso Locale, il quale a sua volta fa parte di una struttura nota come Superammasso Locale: il primo è composto di galassie piccole e le due maggiori sono la nostra ed Andromeda (e questo è l'unico caso in cui siamo in qualche modo "al centro" nell'universo, per dimensioni), ed ha un diametro medio di 3,1 mpc (megaparsec, milioni di parsec o migliaia di kpc): il Superammasso, formato da esso e da altri ammassi, è invece grande 60 mpc: ovvero, se la nostra galassia (senza alone) fosse la solita monetina (e con Andromeda a sessanta centimetri), il Gruppo Locale sarebbe grande più o meno due metri e mezzo, e il Superammasso sarebbe compreso in una sfera di cinquanta metri di diametro. Contando poi che la grandezza dell'universo è stimato essere circa 28,5 gigaparsec (migliaia di mpc, con la luce che impiegherebbe, per percorrerlo tutto, un tempo ben superiore all'intera età stimata del cosmo), avremmo che esso sarebbe grande, nella proporzione, ventitré chilometri. Un ultimo paragone con la moneta: tornando alla nostra cara Terra, che ci sembra così grande, se essa fosse una sfera del diametro della moneta da dieci centesimi, l'universo sarebbe grande 45 kpc, ossia  quasi il doppio della nostra galassia, il che ci fa ben capire quanto siamo piccoli in confronto al cosmo.

Tutto ciò, oltre ad essere estremamente affascinante (almeno per me lo è, tantissimo), può anche essere all'origine di una riflessione: il nostro universo non è certo a misura d'uomo, anzi siamo veramente un granello di polvere nell'immensità (paragone da prendere in maniera poetica, visto che scientificamente la proporzione tra un granello di polvere e noi è gigantescamente maggiore rispetto a quello del nostro pianeta coll'universo), peraltro per la quasi totalità composta di vuoto. Da questa prospettiva, i nostri problemi sembrano veramente piccoli: e pure se per noi sono certo importanti (non intendo certo sminuirli), dovremmo renderci conto, ogni tanto, di quanto noi siamo piccoli ed insignificanti rispetto a tutto ciò che esiste.

mercoledì 23 gennaio 2013

Post rimandato di una settimana

L'articolo già annunciato quasi due settimane fa per domani, e che doveva parlare delle distanze fisiche nell'infinitamente grande, sarà invece postato la settimana successiva. In questi giorni ho avuto sia altri impegni che problemi di altro genere (ancora una volta di salute, purtroppo), e non ho potuto completare il post nella maniera più consona (né posso riuscirci nel giorno che resta). Vi chiedo scusa!

giovedì 17 gennaio 2013

"Il Nome della Rosa" di Umberto Eco

Altra settimana, altra recensione (non essendo riuscito a pensare a nulla di meglio, e soprattutto avendo pochissimo tempo). Il Nome della Rosa è senza dubbio il romanzo più famoso di Umberto Eco, e non a caso: è infatti un gran ben libro, in cui l'autore piemontese esprime tutto il proprio amore per il medioevo, il quale di conseguenza riesce ad uscire letteralmente fuori dalle pagine. Il risultato è molto particolare, a cominciare dallo stile, ricercato e pieno di frasi in latino non tradotte, ma che risulta tuttavia non illeggibile ed anzi possibilmente comprensibile anche a chi non conosce tale lingua.

Inutile narrare la trama (che è in pratica quella di un libro giallo, pur essendo ben poco scontata), essa è infatti qualcosa di secondario, per quanto sia anch'essa molto interessante e soprattutto molto avvincente. La parte però che spicca di più però è il contorno, ovvero i pensieri del protagonista Adso da Melk, che fanno ben comprendere la mentalità medioevale (nel fare ciò Eco ha un vero talento); e poi tutte le varie dispute teologiche e l'ambientazione storica, così antica eppure così simile ai nostri tempi nei difetti degli Italiani che già allora erano paragonabili a quelli odierni. Per il resto, il libro è pieno di piccoli particolari, di cui però nessuno senza importanza, i quali disegnano un mondo dettagliatissimo e realisticamente dei suoi tempi, in cui si va a localizzare la vicenda (il fatto è anche spiegato nelle appendici, in cui l'autore afferma che bisogna creare il mondo prima di creare una narrazione, fatto di cui mi sono accorto anche io per la mia scrittura).

Insomma, per me un gran libro, che tutti dovrebbero leggere; certo, alla fine si rivela non facilissimo, ma io credo che questo romanzo sia come una montagna: arduo da risalire, è vero, ma arrivati in cima si ha una soddisfazione gigantesca. Certo, se avete pregiudizi  (mi è capitato di sentire una persona estremamente stupida dire che Eco scrive difficilissimo solo per far vedere quanto è intelligente, accusa assolutamente infondata), questo libro non farà che confermarveli, ma altrimenti, se lo accoglierete con mente aperta, sicuramente ve lo godrete molto!

domenica 13 gennaio 2013

La verità dietro l'inganno

Come promesso un paio di giorni fa, ecco qui dopo un paio di mesi il mio nuovo racconto, anche se spero che da qui in poi riuscirò ad essere costante ed a postare più spesso dei racconti. Visto che l'ultimo è piaciuto a poche persone (anche se per me continua ad essere tra i migliori che abbia scritto), ho deciso di cambiare totalmente per questo, e sono tornato alla fantascienza. Ho così scritto un raccontino di ispirazione cyberpunk su un fenomeno già presente al giorno d'oggi e a cui ho dedicato già dei post, il complottismo (sperando che la teoria da me inventata non diventi davvero una delle loro teorie!), abbastanza ispirato a Matrix (anche se ho cominciato a scriverlo a fine Novembre, quindi ben prima della riproposizione in tv); oltre a ciò, spero che vi piaccia. Ah, e il prossimo racconto spero di postarlo entro la fine del mese!

La verità dietro l’inganno

Ogni uomo pensante che sia mai esistito sulla faccia della Terra, prima o poi nella propria vita si è posto determinate domande esistenziali. “Qual è il mio scopo?” “Perché il mondo è così com’è?” “Cosa c’è dopo la morte?”, tutte questioni presenti nella mente umana praticamente da sempre. Tra queste domande filosofiche, una delle più antiche, e sicuramente delle più importanti, era: “ma il mondo è effettivamente la realtà? E se tutto fosse solamente un’illusione?”. L‘interrogativo era insito nell’uomo sin dai primi secoli di filosofia greca, ma tra le tante questioni era sicuramente quella meno insicura: seppur la scienza non possa dare certezze definitive in alcun caso, era abbastanza assodato che quel mondo doveva in qualche modo esser vero, visto che funzionava per tutti con le stesse regole. Ciò nonostante, all’alba del ventiduesimo secolo vi era ancora chi, non confidando in ragione e scienza, tentava ancora di trovare al quesito una risposta alternativa.

Accadde, in quel periodo, che nel mondo venisse alla luce una nuova organizzazione, il Movimento della Verità (anche detto MDV), una specie di setta chiusa dal carattere non tanto religioso quanto più squisitamente filosofico. Il dogma cardine su cui si basava il movimento era la totale illusorietà di tutta la materialità percepibile, vista come un gigantesco inganno dei sensi; ma ciò non era inteso in qualche senso metafisico o trascendente, bensì in una maniera molto più concreta. Secondo le credenze del MDV, infatti, l’ambiente che ognuno poteva sperimentare non era che realtà virtuale, nient’altro che una simulazione generata da un enorme e potentissimo computer, nel cui spazio gli uomini trascorrevano la totalità della propria esistenza, senza sapere cosa vi fosse all’esterno; nel mentre, invece, erano solo resi schiavi da un piccolo gruppo di persone estremamente bramose, il cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale, il cui unico subdolo scopo era il potere assoluto su tutte le menti dell’umanità. Gli appartenenti al movimento sostenevano inoltre di conoscere questa realtà essendo riusciti, con un procedimento segreto, a staccarsi dalla macchina che generava la realtà virtuale (per poi tornare collegandosi in maniera clandestina), e di aver potuto vedere il mondo vero, quello in cui essi, come ribelli, dovevano continuamente sfuggire alle spietate armate robotiche del Nuovo Ordine Mondiale (il quale se nel mondo ingannevole era strisciante e occultato, di là era totalitario ed esplicitamente spietato), rischiando di continuo la vita. Eppure essi seguitavano imperterriti nel loro proposito, mossi a loro dire dalla volontà di far aprire gli occhi a tutta l’umanità, la quale doveva liberarsi dalla prigionia di quella mistificazione digitale e incominciare a vedere ciò che era veramente reale. Gli indizi di quanto affermavano, dicevano i Veritiani, erano sotto gli occhi di tutti, non serviva l’iniziazione al movimento (la quale distaccava il corpo dal computer nella vera realtà, consentendo il primo viaggio) per vederli, bastava la semplice perspicacia: tutti i complotti avvenuti nel mondo, infatti, erano stati orchestrati dal Nuovo Ordine Mondiale, che li aveva predisposti allo scopo di non farsi smascherare. Eppure quelle cospirazioni lasciavano tracce, certo impercettibili ma che una mente sveglia poteva cogliere: e così, tutte le vecchie teorie complottiste dei due secoli precedenti venivano riciclate in una nuova salsa. L’uomo non è mai andato sulla Luna? Ovvio, perché simulare l’ambiente lunare ed il viaggio avrebbe richiesto troppe risorse al calcolatore pur immenso che generava la realtà, meglio falsificarla in studio. L’omicidio Kennedy? Con ogni probabilità il presidente americano voleva rivelare l’esistenza del Nuovo Ordine Mondiale, ed è per questo che fu assassinato. L’undici settembre duemilauno? Semplicemente una messa in scena per distruggere psicologicamente chi credeva in un progresso continuo ed in un mondo migliore (idea che poi avrebbe inevitabilmente portato alla scoperta ed alla liberazione da quel sistema di controllo mentale) provenendo dai felici anni novanta del novecento, tra l’altro mal riuscita avendo lasciato un sacco di errori nel proprio svolgimento. Seppur questo corpus di idee fosse irrazionale, illogico ed estremamente contraddittorio (nonché, per giunta, in buona parte ispirato ad un film di fantascienza vecchio di un secolo ma ancora piuttosto famoso), molti lo ritennero decisamente affascinante, tanto da arrivare, col tempo, a credervi senza alcun lavaggio del cervello (che non fosse autoimposto, almeno) e senza nemmeno un grande indottrinamento: così, in breve tempo, il Movimento della Verità crebbe moltissimo in proporzione, arrivando in qualche anno a contare venti milioni di iscritti, presenti in ogni paese del mondo.

Visto tutto il risalto conseguito a livello mediatico, presto anche il mondo della scienza cominciò ad interessarsi al fenomeno del MDV. Le prime ricerche eseguite furono di carattere sociale e psicologico: ai pochissimi membri che si presentarono volontari, fu posto un semplice test della verità, prima in modalità cosciente e poi sotto ipnosi. I risultati furono assolutamente inattesi e stupefacenti: tutti gli intervistati affermavano a grandi linee le stesse cose di ciò che avevano vissuto e sperimentato nel “mondo reale” risultando assolutamente sinceri, in buonafede: ed era impossibile che, almeno sotto ipnosi, qualcuno potesse essere tanto abile da riuscire a non mentire. Tali risultati divisero l’ambiente della ricerca in due parti: c’era chi, venendo meno al buonsenso, cominciò a pensare che forse le teorie dei Veritiani non fossero poi tanto assurde, ed anzi che fossero da indagare a fondo, per scoprire qual’era l’universo reale (ed alcuni dei più estremi di questa branca finirono per iscriversi al MDV anch’essi); l’altra fazione (maggioritaria, ma poi di poi tanto), sosteneva invece che l’origine di quel fenomeno fosse, invece che nella realtà fisica, sempre psichica, e che le cause andassero ricercate approfondendo ancora gli studi sugli appartenenti all’organizzazione. Eppure, entrambi le parti furono deluse e frustrate nella loro ricerca: per quanto riguarda la prima, tutti i tentativi di accedere alle tecnologie e ai metodi usati dai Veritiani per acquisire il loro bagaglio di nozioni si erano rivelate inutili. Quelle conoscenze erano infatti ad esclusivo appannaggio delle misteriosissime alte sfere del Movimento (persone sconosciute, che parlavano al mondo solo attraverso portavoce), le quali si giustificavano affermando di dover mantenere tale riserbo per evitare che il Nuovo Ordine Mondiale potesse mettere, anche in maniera accidentale, le mani su quei segreti, e poter di conseguenza prendere le contromisure adatte ad annientare definitivamente l’organizzazione. Perciò, chiunque volesse acquisire quelle informazioni, semplicemente non poteva farlo, nemmeno entrando a far parte del Movimento; ai loro opposti, però, non andò certo meglio. Infatti, uno dei principali dogmi Veritiani era che la medicina (di qualsiasi tipo) fosse uno strumento del Nuovo Ordine Mondiale per il controllo delle menti: in quel mondo infatti non si poteva morire di malattia, essendo appunto simulato, i falsi morbi erano invece inflitti dal calcolatore centrale alle menti che mostravano segni anche soltanto preliminari di atteggiamenti che poi potevano sfociare nella ribellione verso il sistema di controllo: attraverso i farmaci assunti in conseguenza, quindi, le menti si indebolivano, e gli uomini divenivano più mansueti e manipolabili, meno inclini perciò a mettere in discussione l’ordine precostituito. Inoltre, la proibizione verso la medicina si era fatta col tempo sempre più stringente: ecco quindi che in quel tempo non si trovò nessun volontario per i test; né ovviamente si poteva costringere nessuno a proporsi contro la propria volontà.

Passarono gli anni, ed il Movimento acquisì sempre più fama, oltre anche ad una certa dose di potere. In molti, ritenendolo un gruppo molto pericoloso, una minaccia per la libertà, provarono a contrastarlo tramite azioni legali volte a dimostrarne l’illegalità e l’illegittimità, ma invano: non solo essa veniva riconosciuta inesorabilmente come legittima, ma non si ravvisava in essa alcun rischio. Il principio di tolleranza allora in voga quasi ovunque rispettava ogni singola idea immaginabile, quando invece la vera tolleranza, come si sarebbe poi capito di lì a poco, è sì accettare tutto, eccettuando però l’intolleranza e più in generale tutto ciò che tale tolleranza minaccia. Ma allora non ci si era ancora arrivati, ed ecco quindi che l’organizzazione poté proseguire per la propria strada tranquilla, senza che nessuno riuscisse a contrastarla per lungo tempo.

All’alba del 2107 la situazione pareva statica, ma tutto stava invece per mutare irrimediabilmente. La premessa del cambiamento ebbe luogo a Gothenburg, in Svezia, in una piovosa giornata di fine Aprile: un serial killer particolarmente sfuggente, che precedentemente aveva già tolto la vita a dieci giovani ragazze, mieté una nuova vittima, questa volta però appartenente al Movimento. L’autopsia, eseguita a fini criminologici, non diede alcun risultato ai fini delle indagini, come del resto avvenuto nelle altre volte, in quello spinoso caso; in compenso, tuttavia, rivelò qualcosa di anomalo nel fisico della giovane, una grossa massa metallica, conficcata nella parte più interna del cervello. Purtroppo, essendo di lì passato uno degli oltre cinquanta colpi di pistola che l’assassino, nella sua malata frenesia omicida, aveva inflitto alla propria vittima, non era stato possibile determinare la natura di quell’accumulo, ma era chiaro che non si trattava di qualcosa di naturale; e dalle ricerche che seguirono, non sembrava nemmeno qualcosa di patologico, anzi la donna sembrava esser stata in perfetta salute prima dell’omicidio. Uno dei medici legali ebbe allora un’intuizione: poteva esistere una correlazione tra l’appartenenza al MDV della vittima e quella anormalità? Eppure, non vi era modo di sondare più a fondo quella questione, vista la ben nota reticenza del Movimento a sottoporsi a esami clinici; o almeno, non esisteva una via legale. Un pool scelto di studiosi, infatti, decise di muoversi in segreto per risolvere finalmente l’arcano: così, di nascosto, essi si recarono in alcuni cimiteri, sparsi un po’ ovunque in tutto il pianeta, riesumando e portando via i pochi cadaveri di Veritiani che vi si potevano trovare (e che, per rifiuto della medicina anche dopo la morte, avevano espressamente desiderato di essere seppelliti senza nessun esame postumo). Seppur i contenuti delle ricerche che ne seguirono rimasero strettamente top secret, gli scienziati protagonisti riuscirono a creare una certa aspettativa verso di essi all’interno dell’ambiente scientifico, grazie a dichiarazioni roboanti sul portare finalmente la luce sui Veritiani e sulla loro realtà (le quali causarono anche la furiosa agitazione del movimento): così, quando la data della “rivelazione” venne annunciata, l’attesa era asfissiante, ed enorme era la curiosità di scoprire, una volta per tutte, qual’era la verità.

Era molto caldo in quel giorno di metà giugno del 2110, quando la conferenza stampa, tenuta simbolicamente a New York (il “centro del mondo” di quei tempi), iniziò. Era una videoconferenza in diretta da un posto sperduto ed ignoto: non si poteva infatti rischiare di lasciar interrompere quella “rivelazione” solo per la poca legittimità di alcune delle azioni del pool, o peggio per una rivolta dei Veritiani più fedeli alla causa. All’ora prestabilita, il relatore del pool apparve negli schermi e cominciò ad esporre, passo a passo, quei tre lunghi anni di studi. Dopo l’episodio accaduto in Svezia ed il dissotterramento dei cadaveri, si era infatti scoperto che tutti quanti, nello stesso punto del capo, possedevano il medesimo oggetto: e, quando lo si era estratto, esso si era rivelato un ingegnoso nano-ricettore radio, collegato ai centri della coscienza ed alimentato dall’energia chimica cellulare. Consulenze incrociate con informatici ed esperti di comunicazioni radio permisero di determinare un fatto sbigottente: quel dispositivo, in pratica, riusciva a trasmettere nel cervello in cui era ospitato degli impulsi, i quali escludevano tutti gli altri provenienti dall’esterno; quindi, ritrasmetteva il segnale radio che riceveva, il quale, interagendo con il resto dell’encefalo, veniva interpretato come vera e propria esperienza reale dall’ignaro possessore. Ecco dunque spiegate le affermazioni degli adepti del MDV semplici, i quali erano assolutamente onesti parlando di un “mondo di là”! Si ipotizzò poi che nelle strutture del Movimento vi dovessero essere attrezzature che fungevano da comando, o che addirittura vi fossero dispositivi portatili per attivare il ricettore, ed era quello il modo in cui i Veritiani andavano e tornavano da quella realtà; la quale però, si concluse, era proprio l’effettiva simulazione, mentre ad esser vero era invece, molto banalmente, il mondo di tutti i giorni.

Dopo la conferenza, si scatenò un putiferio, ed in una reazione a catena inarrestabile, vennero svelati tutti i segreti del Movimento della Verità. Innanzitutto, si scoprì che anche gli Ufficiali, gestori delle strutture veritiane, coloro che insomma iniziavano gli adepti, agivano in buonafede, come si svelò subito: il rituale prevedeva infatti, come primo passo, l’ingestione di una pillola, che sarebbe dovuta servire, nelle intenzioni, ad aprire la mente per iniziare a liberarsi dai vincoli della macchina per il controllo mentale: in essa invece vi era solo un nano-robot biodegradabile, che in breve, attraversando la circolazione sanguigna, arrivava nel cervello per poi depositarvi il ricettore e collegarlo con i centri nervosi, prima di dissolversi nel nulla; quando poi si attivava il comando, che si credeva scollegare l’uomo dalla macchina (in realtà attivava solo l’apparecchio), esso era già in posizione. E così, credendo di aiutarli, gli ignari Ufficiali non facevano altro che piazzare il dispositivo in testa ai loro compagni, con cui essi poi, recandosi nelle strutture, si collegavano alla simulazione. Essa poi era poco più di un sofisticatissimo videogioco, online e simultaneo: c’erano i nemici del Nuovo Ordine Mondiale, e si doveva sempre sfuggirgli, anche se nulla era reale, ed infatti le ferite non erano, guarda caso, mai mortali. Dopo aver scoperto questo inganno, che prefigurava un’enorme quantità di reati, il principio di tolleranza venne meno: di conseguenza, dopo una breve inchiesta, si riuscì a smantellare l’organizzazione ed a individuarne i capi, che vennero presto tratti in arresto, grazie ad una collaborazione tra nazioni mai vista prima. In carcere, essi confessarono il movente che li aveva spinti a mettere in atto il loro imbroglio: non erano motivi di potere oppure di controllo, bensì una ben più prosaica causa pecuniaria. Infatti, essi si rivelarono essere un gruppo di persone con molto talento per l’informatica e l’elettrotecnica, unitisi al solo scopo di acquisire ricchezze; per questo si erano cominciate a propagare le idee sulla realtà, solo per poter avere un certo numero di adepti a cui poi venderle (e venne fuori, in quel frangente, un altro particolare mai conosciuto prima: per essere Veritiani, bisognava pure pagare un certo importo annuo). Il fenomeno si era poi espanso oltre ogni previsione, ed anche se ciò aveva causato loro un po’ di inquietudine per la pericolosa attenzione di tutto il mondo rivolta verso di essi, si era comunque continuato ostinatamente sulla linea di quel comportamento, fino al momento dello smascheramento.

Il processo ai capi del Movimento della Verita fu rapidissimo, e si concluse nel giro di pochi mesi. Gli imputati, seppur condannati per truffa, falsità, procurato allarme e molti altri capi lievi, vennero però scagionati dalle accuse più gravi, quali terrorismo e cospirazione. Eppure, la maggior parte degli ormai ex-Veritiani fu alquanto scontenta dei verdetti: nonostante le affermazioni degli accusati sulle proprie motivazioni furono sempre coerenti e costanti, e per giunta furono corredate da una lunghissima serie di appunti, messaggi e di altre prove (tant’è che l’assoluzione dalle imputazioni peggiori di cui essi erano caricati fu piena), comunque tra i vecchi seguaci nessuno ci credeva, ed anzi proprio da loro vennero richieste pene molto più pesanti per coloro che, a loro dire, volevano solo controllare le menti e rendere la gente schiava per la propria brama di conquistare il mondo: essi non erano che l’unico e reale Nuovo Ordine Mondiale esistente! Ciò è la perfetta dimostrazione, se qualcuno ha ancora degli ingiustificati dubbi, che la mentalità paranoide di alcune persone (che siano chiamati pazzi, complottisti o con qualsiasi altro termine si voglia), corredata dal rifiuto per la scienza e la ragione, insomma l’irrazionalità folle, per quanto ci si possa provare in ogni modo, non cambierà mai….

venerdì 11 gennaio 2013

Idee e uomini

Dopo un po' di tempo in cui non ho più postato poesie, anche se credo che non siano mancate a nessuno, in questo periodo ne ho scritte alcune, e quando mi andrà spero di riuscire a postarle. Questa, la prima, è scaturita da un'idea che mi è balzata alla mente proprio in concomitanza con l'inizio dell'anno, ispirato dallo spettacolo dei fuochi artificiali, che alla fine è diventata un componimento. Detto questo, spero solo vi piaccia. Ah, e per quanto riguarda i racconti: uno nuovo è pronto, e spero sarà pubblicata proprio al massimo il prossimo lunedì (sempre che non abbia gravi problemi nel frattempo).

Idee e uomini

Vagavo per l’urbe antica
In quel dì in cui l’anno inizia.
Ed ovunque il guardo giacesse,
La mente mia, inquieta
Correa verso un sol pensiero:
Che l’idea è una meraviglia
E l’uomo è singolar bruttura

Ovunque, infatti, il popolino
Andava ubriaco, e sguaiato
E il rischio di ledersi alto era;
E solo distruzione vi rimaneva,
Nessuna bellezza, solo scorie,
Il peggio dell’umana razza

Ma le idee eran bellissime,
Ed ovunque vi era arte e storia
Ed assoluta gioia per l’anima;
E così lo spettacolo dei fuochi,
Che pitturò il cielo di sfumature,
Intimamente toccante per me

Perciò invero ora io credo
Che quelle sì esigue menti
Che ovra la massa si elevan
Idee magnifiche abbiano:
Ma quel volgo turpe e vil
Che non ha che bestial istinto
Ha solo il mio profondo Odio.

giovedì 10 gennaio 2013

Questione di misure (prima parte)

Con questo breve post, e quello che seguirà tra due settimane, vorrei parlare, più che di un argomento realmente fisico, semplicemente della questione delle dimensioni fisiche, poiché penso che la questione sia ben più interessante di quanto appaia ad un analisi superficiale. La maggior parte della gente infatti non ha  una concezione valida delle dimensioni troppo estreme, sia dell'infinitamente piccolo che dell'infinitamente grande; ciò è in parte dovuto, è anche vero, al fatto che tali dimensioni sono talmente oltre l'esperienza umana da essere perciò ardue da concepire; ma d'altra parte, moltissimi non lo capiscono nemmeno a livello meramente teorico ed astratto, che sia per mancanza di una spiegazione valida o semplicemente per ignoranza. Perciò, nel prossimo post scientifico parlerò di un tema anche a me peraltro carissimo, le distanze cosmiche; qui, invece, vorrei concentrarmi sulle misure dell'infinitamente piccolo.

Il diametro medio di un capello, un entità già al limite del visibile, quantità già non visibile è circa novanta micrometri, ossia millesimi di millimetro, eppure è già molto più grande rispetto ad altre entità fisiche:  molte cellule sono decisamente più piccole (dimensione media: cinquanta micrometri, ma alcune sono molto più piccole, fino ad un solo micometro). Eppure anche le cellule sono immense, rispetto alle molecole: la celebre doppia elica di DNA, per esempio, è larga poco più di due nanometri, ossia due millesimi di micrometro; gli atomi sono ancora più piccoli, per esempio quello di carbonio, che è la base della vita organica, ha un diametro atomico di 140 picometri (millesimi di nanometro). Vale a dire che approssimativamente se un singolo atomo carbonio avesse le stesse dimensioni di una moneta da 10 centesimi di euro, la cellula media in proporzione avrebbe un raggio pari addirittura a sette chilometri!

Giunti a questo punto, sembra essere arrivata quasi la fine, ma anche l'atomo è composto da alcune parti; ed anche se normalmente si tende a considerare l'immagine stereotipata dell'atomo, come una sfera circondata a breve distanza dagli elettroni, in realtà il nucleo è immensamente piccolo rispetto al resto. Si va infatti, per esso, nell'ordine dei femtometri, ossia millesimi di picometro, perciò per lo stesso paragone di prima, se il nucleo fosse una monetina da dieci centesimi di euro, il confine esterno del nucleo si troverebbe ad oltre due chilometri di distanza, il che può far pure riflettere: essendo il restante spazio senza traccia di altra materia (non avrebbe senso parlarne, in quelle scale), ben oltre il 99% di tutta la materia esistente è composta da puro vuoto. Contando poi che vi sono particelle ben più piccole del nucleo, poi (anche se a scale così ridotte è inutile parlare di dimensioni precise, visto che la materia è di natura ondulatoria a tale dimensione, e non più del tipo di cui la conosciamo noi), si riesce bene a comprendere quanto queste misure così piccole siano lontane dal nostro comun vivere.

Ecco quindi che il mondo dell'immensamente piccolo è decisamente diverso da quanto immaginiamo, molto più in piccolo, come nemmeno ce lo possiamo figurare, anche se comunque è forse più facile da concepire dell'infinitamente grande, argomento del prossimo post, che non tratta di rimpicciolire ma di considerare la grandezza, ed è perciò pancor più arduo, per la mente. Proprio dell'infinitamente grande parlerà il prossimo post, tra due settimane.

P.S. scusate la povertà di questo intervento, ma ho avuto molti problemi questa settimana (soprattutto l'influenza) e questo lavoro ne ha di conseguenza risentito.

lunedì 7 gennaio 2013

E sono quattro

Oggi è il quarto compleanno del mio blog... nient'altro da dire, se non: tanti auguri, Hand of Doom!