venerdì 29 giugno 2012

Un errore madornale dei laici

Non ho mai sopportato i fanatici religiosi, e men che meno quelli che, in posizione politiche, si fanno guidare dal proprio fanatismo per imporre le stesse scelte a tutti. Ormai avete capito quanto mi stia a cuore che i politici rispettino la libertà di scelta altrui, la mia reazione nel caso Eluana Englaro è solo un esempio. Tuttavia, stavolta il mio post non è contro di essi, bensì contro alcune persone che la pensano come me su di loro.

Entrando nello specifico, questa mattina ho letto che uno dei nostri politici più integralisti, l'onorevole Paola Binetti (già nota come membro dell'Opus Dei e per tante sue uscite deleterie) si era prodotta nell'ennesimo delirio: si era detta contraria alla cura del dolore per i bimbi malati di cancro perché così avrebbero portato "la croce di cristo" anche loro. Questa frase mi ha disgustato veramente, però non mi ha sorpreso: anche se mai con questa cattiveria, la Binetti non era nuova a dichiarazioni malsane. Indignato più del solito, ho deciso di scrivere un post su questo blog contro di lei, ma come faccio sempre prima di farlo mi son voluto documentare bene, per evitare non solo figuracce ma la benché minima inesattezza. Ho cercato su tutti i siti di informazione validi nella rete, e quasi tutti non riportavano alcuna dichiarazione; solo uno, Mente Critica, parlava del caso. E' stato grazie a loro (a questo articolo per la precisione) che sono venuto a scoprire, ancora più indignato di prima, qual'era la verità: non vi era stata alcuna dichiarazione della Binetti, semplicemente un sito aveva dato la notizia e gli altri, senza informarsi bene sulla veridicità dell'accaduto (come faccio io) l'hanno riportata. In poco tempo la notizia si è diffusa in rete, fino a che è arrivata a me, e il resto l'ho già detto. A favore del fatto che la dichiarazione sia inventata c'è innanzitutto la smentita della Binetti stessa, che di per se alla fine non è una gran dimostrazione d'innocenza, ma la cosa che più fa propendere perché la notizia sia una bufala è che non c'è la benché minima prova di quella frase in alcun sito, le uniche fonti dei siti che riportano la notizia sono altri siti che la riportano, in un albero di link che risale fino al primo sito, il quale di per se non ha alcuna fonte. Perciò, molto probabilmente la notizia è falsa, non ne ho la certezza matematica ma tutti gli indizi mi portano a pensare ciò.

La mia opinione su questa vicenda è che l'invenzione di una notizia per screditare una persona è una cosa assolutamente da non fare. Io sono il primo a voler cacciare la Binetti e quelli come lei dal parlamento (e ad augurarmi che nel futuro ci saranno sempre meno fanatici religiosi fino alla loro totale scomparsa, anche se è un altro discorso), ma per dimostrare che una persona non è adatta per ricoprire un luogo pubblico in virtù del suo fanatismo è sbagliatissimo diffamarla, specie nel caso di una persona come la protagonista di questa storia che comunque è già riuscita a dimostrare ampiamente la propria inadeguatezza da sola. Atti del genere non si fanno, perché non solo è moralmente sbagliato, bensì addirittura è dannosa, e non solo per l'inventore del falso, ma anche della maggioranza di quelli che combattono la battaglia per la laicità ma con correttezza, e questo perché nonostante il detto, tantissime persone tendono a fare di tutta l'erba un fascio, e a pensare che tutti noi atei/agnostici/laici siamo dei mistificatori. Mi spiace, ma da persona che si batte per la laicità dello stato non posso che condannare il fatto e sperare che gli autori della bufala capiscano il danno che causato e non lo ripetano più in futuro. Solo così, con onestà intellettuale e correttezza morale, noi riusciremo a vincere la lotta per avere uno stato laico, mentre se iniziassimo con disonestà e scorrettezze, non potremmo far altro che perdere, seppur la nostra causa sia più razionale e valida di quella dei nostri avversari.

sabato 16 giugno 2012

Ombre evanescenti

Come promesso, ecco il mio nuovo inaspettato racconto. Non ci potevo credere nemmeno io, di solito mi ci vogliono giorni e giorni per scrivere un racconto e anche di più per rivederlo, nelle mie manie di perfezionismo. Invece stavolta tutta la trama è stata scritta in meno di ventiquattr'ore, e ne risulta che il 90% del racconto è scritto di getto, pure se poi è stato corretto in fase di correzione bozze... il restante 10% è stato riveduto ma senza cambiare niente della trama, perciò è come se il racconto fosse davvero scritto di getto. Lo dedico al mio amico Ago, nella speranza che nei prossimi giorni ricominci con le sue serate filmiche, ma spero che anche gli altri miei lettori possano goderselo.

Ombre evanescenti

Ago si sedette sul divano, in attesa. Era tornato da poco dal lavoro ed aveva appena consumato una cena frugale, ora si voleva riposare un minuto, prima di accogliere gli ospiti. Non era un giorno come gli altri, infatti, stavolta era una di quelle sere particolari in cui invitava i suoi amici Giorgio e Mattia a casa sua, per vedere insieme a loro qualche film della sua ampia collezione. Passarono giusto un paio di minuti, poi il campanello della porta suonò, ed era ovviamente Giorgio; e Mattia arrivo nemmeno cinque minuti più tardi. Tutto era pronto, così Ago premette il pulsante “play” ed i tre amici poterono assistere a Magnolia, un film molto bello ma in qualche modo anche assurdo, commentando ogni tanto e scherzando come era loro solito. Le oltre tre ore della durata del lungometraggio passarono veloci, in allegria,ed il film finì quand’era mezzanotte ormai passata: però era venerdì, l’indomani nessuno sarebbe stato costretto ad alzarsi presto, perciò Ago propose ai suoi amici la visione di un altro film. I due erano un po’ titubanti, dopotutto era tardi, ma alla fine decisero di accontentare l’amico e rimasero. Il giovane padrone di casa si alzò dal divano per cambiare film, ma non fece in tempo nemmeno ad arrivare davanti alla tv che la corrente improvvisamente andò via, gettando l’intera sala nel buio totale. Fu un blackout brevissimo, dieci secondi al massimo, eppure il ragazzo si turbò: perché i suoi amici avevano smesso di parlare, invece di commentare l’assenza di luce con il loro solito piglio scherzoso? Dopo i dieci secondi, l’elettricità tornò, e lo schermo televisivo vuoto ma luminoso re-illuminò la stanza: così Ago si accorse, sgomento, che Giorgio e Mattia non c’erano più, si erano come volatilizzati. Era uno scherzo di qualche genere? Eppure qualcosa non quadrava, anche se sul momento il giovane ci fece poco caso. Non aveva sentito rumori di alcun genere, nemmeno il lieve suono che faceva il portone quando veniva aperto: così i suoi amici dovevano per forza essere ancora all’interno della casa, da qualche parte. Iniziò a cercare attentamente dalla cucina, poi andò in bagno e in camera sua, ma non li trovò. A quel punto si arrabbiò anche un po’: possibile che si fossero nascosti nella camera dei suoi genitori o in quella delle sue sorelle, magari disturbandone gli occupanti che già dormivano? Usando la massima delicatezza possibile, Ago aprì la porta della camera dei suoi, con l’intento di entrare e dar la caccia ai due burloni senza però dar fastidio a sua madre e suo padre; ma quello che vide lo angosciò non poco. Gli amici non c’erano, ma anche i suoi genitori erano scomparsi, il letto era vuoto. Spaventato, corse nella camera delle sue sorelle: sparite anche loro, la casa era completamente deserta in ogni suo angolo. Centinaia di pensieri si affollarono allora contemporaneamente nel cervello del giovane. Era un’allucinazione? Oppure, che diavolo era successo? Che razza di scherzo di cattivo gusto era quello? L’agitazione lo prese, e per una buona mezz’ora fu divorato dalle ansie, senza riuscire nemmeno a muoversi, come paralizzato; poi però riuscì, con sforzo, a calmarsi almeno un poco. Rimase in piedi fino alle tre del mattino a rimuginare a vuoto; poi però, stremato da tutte le idee irrazionali ed assurde che come palline da ping pong rimbalzavano impazzite dentro alla sua scatola cranica, decise di andare a sdraiarsi nel suo letto. Immaginava che i pensieri non l’avrebbero comunque fatto dormire, ma invece dopo poco che si era coricato riuscì lo stesso ad assopirsi, stranamente, cadendo in un profondissimo sonno senza sogni.

Si svegliò abbastanza tardi la mattina dopo, un po’ stordito. I ricordi della sera precedente si erano affievoliti, così il giovane suppose che poteva essere stata un’allucinazione. Ma cosa l’aveva causata? Poteva esser stato l’alcool? Eppure aveva bevuto giusto una birra, non si era ubriacato nemmeno leggermente, perciò non poteva assolutamente essere. Allora doveva essere stato un incubo: rinfrancato, il ragazzo si alzò e uscì dalla sua stanza. No, non era neanche un incubo: la casa era vuota, esattamente come la sera prima. Non era stato un brutto sogno o un parto della sua immaginazione, e nemmeno poteva essere uno scherzo, a quel punto: era accaduto qualcosa di incomprensibile, forse persino di paranormale. Mentalmente lucido, ma molto in ansia, Ago si vestì rapidamente con i primi abiti trovati casualmente nell’armadio, poi uscì di casa ed andò a bussare subito alla porta dirimpetto alla sua: nessuna risposta, ma forse non erano in casa, o almeno quello il giovane sperava. Decise allora di prendere la macchina e di andare in giro. Si fermò quasi subito, davanti al bar all’inizio della sua strada: le porte erano aperte e i tavolini erano occupati un po’ ovunque da bicchieri, coppette di plastica e altri utensili; ma le persone sembravano tutte sparite improvvisamente, nelle coppe c’erano le tracce del gelato ormai sciolto, e le fette di pizza erano ancora nei piatti di plastica. In preda al panico, Ago riprese la strada imboccando la nazionale, ma non fece in tempo a svoltare la prima curva che trovò un’automobile schiantata contro un edificio. Subito, d’istinto, si fermò e corse verso di essa, ma constatò subito che al volante, ancora una volta, non c’era nessuno, l’auto era un ammasso informe di lamiere, e non c’erano neanche segni di incisioni per estrarre l’eventuale guidatore. Ormai era chiaro, gli amici, i parenti, gli avventori del bar e quell’ignoto conducente si erano praticamente dissolti nel nulla. Come poteva essere successo? Senza una risposta, Ago riprese la strada, e man mano che andava avanti, dappertutto trovava le stesse scene apocalittiche: automobili e motociclette distrutte ovunque, scontrate contro i pali o rotolate giù per le colline. Quegli incidenti avevano tutti una cosa in comune, come si accorse quasi subito: non sembravano infatti frutto di manovre azzardate, di distrazioni o di infrazioni al codice della strada, tutti quanti i veicoli sembravano essere andati semplicemente dritti dove invece c’era una curva, colpendo qualsiasi cosa si trovasse eventualmente all’esterno (e ciò confermava ancor di più la teoria della volatilizzazione delle persone che guidavano). Addirittura, mentre percorreva la superstrada, dovette fermarsi: davanti a lui l’asfalto non c’era più, era stato spazzato via da un gigantesco aereo di linea che vi era precipitato, e ora giaceva di traverso dove prima c’era la carreggiata. Come si aspettava, però, dei passeggeri e dell’equipaggio, vivi o morti che fossero, nessuna traccia, nemmeno il minimo brandello di carne. Possibile che fossero spariti proprio tutti? Dopo aver girato tutte le strade che conosceva ed aver esplorato metà delle Marche in lungo e in largo, senza trovare neanche una sola persona, Ago si rassegnò e tornò a casa, mentre le peggiori ansie l’assalivano. Cercò di distrarsi al computer, ma non ci riuscì, anzi: senza pensarci aprì un browser e andò su Facebook. Internet c’era ancora, e i siti erano on-line come sempre: ma ne in Facebook, ne in alcun altro sito, italiano o straniero che fosse, riuscì a trovare il benché minimo aggiornamento dopo l’ora esatta del blackout della sera prima. Era come se l’intera umanità fosse scomparsa dalla faccia dalla Terra, e solo lui fosse rimasto, l’ultimo uomo al mondo. Ma come poteva anche solo concepirsi una cosa del genere? A quel punto non sapeva più cosa pensare: la tristezza lo colse, e per qualche ora rimase in casa, a meditare sulla propria condizione improvvisa e inaspettata di ultimo sopravvissuto.

La sera arrivò, e Ago decise di distrarsi, visto che stare a deprimersi non serviva a nessuno. Mise su un nuovo film, Bagdad Café, ma verso metà vi fu un nuovo blackout. Subito la speranza affluì nel giovane: ora forse sarebbero ricomparsi tutti! Passarono dieci secondi, poi altri dieci, passò un minuto, due, cinque, dieci, e la luce non tornò. L’illusione del giovane si trasformò così, progressivamente, in delusione, e ad un certo punto una consapevolezza avvilente si fece spazio in lui: la corrente era andata via perché non c’era più nessuno a gestire le centrali elettriche, e prima o poi esse sarebbero andate inevitabilmente in tilt, lasciando solo il buio. In poco tempo, i suoi occhi si adattarono alle tenebre, e si accorse che il salotto non era totalmente buio, poiché dalla finestra filtrava un po’ della pallida luce della Luna quasi piena. Almeno quello celeste era uno spettacolo che non necessitava di elettricità, così Ago si avviò per affacciarsi; ma qualcosa lo fece subito desistere. Con la coda dell’occhio infatti vide un movimento fuori della finestra, appena percettibile; a breve distanza di tempo ne seguì un altro, e un altro ancora, finché tutto cominciò a muoversi. Il buio non gli consentiva di vedere bene cosa stesse succedendo, ma la Luna proiettava sulla sua finestra ombre dalle forme vagamente umane ma molto più grandi e minacciose, danzanti oscenamente come ad un ritmo malefico che il ragazzo poteva quasi sentire, nonostante il silenzio fosse praticamente totale. Erano persone? Non ne aveva idea, ma per qualche motivo che non si sapeva spiegare Ago ne era immensamente spaventato, tanto che per qualche minuto non ebbe il coraggio nemmeno di muovere un muscolo; poi però si riscosse, e tirando fuori tutta la propria temerarietà decise di andare a vedere cosa c’era fuori. Lentamente si mosse dal soggiorno verso il corridoio, andando poi verso il portone: tentando di fare il minor rumore possibile, dischiuse uno spiraglio. Ciò che vide fu insieme sconcertante e confortante: non c’era assolutamente nulla. Pian piano, aprì la porta fino a spalancarla, e poi uscì anche: trovò il vuoto davanti casa, nemmeno un residuo di quanto era accaduto era rimasto. Ecco dunque un nuovo mistero: che cos’erano quelle sagome oscure? Non lo sapeva, ma la cosa lo inquietava, e non poco.

Nei giorni successivi, il ragazzo si organizzò come meglio poté. Andò a prendere in un negozio poco lontano un generatore a benzina, con il quale ridiede corrente alla sua abitazione: ovviamente non lo pagò, come del resto non dovette spendere per il carburante per la macchina e per il generatore stesso. Eppure sapeva che prima o poi la benzina sarebbe esaurita in ogni distributore raggiungibile, non essendoci più nessuno a produrla. Internet non era più una risorsa, con il blackout, che sembrava essere mondiale, ormai tutti i server si erano spenti, e tutti i siti erano perciò andati offline permanentemente; ma la carta stampata era ancora disponibile. Così, dai manuali usati dagli operai addetti Ago imparò, nelle tante ore libere che a quel punto aveva, come montare dei pannelli solari e farli funzionare: e ricoperto l’intero tetto suo e dei vicini, seppur in maniera poco elegante, poté dopo un paio di mesi fare a meno persino del generatore. Il vitto non era un problema: certo, la maggior parte del cibo che si trovava nei negozi non era più commestibile, senza più la refrigerazione dei frigoriferi o passata la data di scadenza; ma c’era anche tantissimo cibo in scatola con scadenza lontanissima, ed anche se un po’ gli dava fastidio dover mangiare solo quel tipo di alimenti, comunque non era un grattacapo. La seccatura più grande era doversi fare scorte d’acqua, visto che le pompe che portavano l’acqua in quota senza elettricità non lavoravano più e i rubinetti, di conseguenza, erano divenuti inutili: ma vista la vicinanza con la fonte di Gorgovivo, nemmeno questo era un problema poi così importante. Sul piano fisico, insomma, non c’erano grosse difficoltà: ma sul piano emotivo la solitudine era destabilizzante psicologicamente, non passava giorno che non pensasse almeno un poco alla propria condizione, con i conseguenti attacchi d’ansia: era una situazione tremenda. Non si trattava nemmeno del peggio, tuttavia: anche se la sera aveva luce e distrazioni a volontà, comunque in qualche modo era consapevole, con tutta l’inquietudine possibile, di come le ombre si agitassero ogni sera fuori della finestra, nella loro danza macabra delirante e mostruosa. Ogni tanto le guardava anche, e col tempo provò sempre più spesso a coglierle sul fatto e a catturarle, per capire cosa diavolo fossero: ma ogni suo tentativo era vano, visto che esse sparivano sempre senza lasciare alcuna impronta, quasi come non fossero nemmeno mai esistite.

Passò circa un anno così, poi Ago decise di metter fine a tutta quell’assurda situazione. Cerco in tutte le biblioteche in cui poteva arrivare una risposta all’assurdità che stava vivendo, ma la ricerca si dimostrò ben più difficile del previsto. Stava quasi per arrendersi, quando, tra ragnatele e libri polverosi nel magazzino di una piccola biblioteca di quart’ordine, trovò un piccolo libello, una traduzione in antico italiano di uno scritto arabo, a sua volta versione di un testo greco tradotto da un libro in antico ebraico di autore ignoto; e subito, anche prima di toccare la consunta copertina, il ragazzo sentì una particolare ed arcana attrazione verso di esso. Gli ci volle parecchio tempo a capire tutto quello che c’era scritto, l’italiano era davvero astruso e arcaico, ma dopo molte letture Ago comprese, a grandi linee, il messaggio del libro. Era incappato in uno scritto profetico che sembrava prefigurare tutto quello che gli era successo: la scomparsa fulminea del genere umano tranne un unico eletto (e a lui piaceva considerarsi l’eletto, pure se non credeva molto in quanto scritto nel libello) e le ombre evanescenti che avrebbero danzato intorno a costui finché egli non avesse pronunciato il nome del dio delle tenebre, il malvagio responsabile di tutto quanto accaduto, e non lo avesse affrontato. L’anonimo scrittore aggiungeva poi che se il prescelto avesse trionfato il tempo sarebbe tornato indietro fino al momento in cui l’umanità si era volatilizzata, e da lì la vita sarebbe continuata come sempre; ma se fosse stato sconfitto, per il mondo sarebbe stata la fine, e le anime di ogni singolo essere umano mai vissuto sulla Terra si sarebbero perse nel vuoto più assoluto, condannate alla dannazione eterna dell’oblio. Ago era molto scettico, non aveva mai creduto in rivelazioni come quelle, tuttavia era stanco di quella vita colma di solitudine e tristezza che era ormai diventata troppo pesante da sopportare: e visto che non ci avrebbe perso nulla, decise di provare quanto suggerito dallo scritto. Così, una notte in cui si sentiva particolarmente forte e coraggioso, oltrepassò la soglia. Là fuori non c’era niente, come sempre quando usciva; stavolta tuttavia egli non se ne stette in silenzio come al solito, bensì parlò, dicendo una sola parola: “Eloah”. Non si aspettava nulla, ma invece all’improvviso successe di tutto: sotto ai suoi piedi il pavimento tremò, lo stesso mondo, terra e aria, sembrò improvvisamente scuotersi, dalle fondamenta più profonde sino al cielo più alto. Quindi, sul grande spazio aperto davanti a casa sua apparve una nuvola nera, che turbinava vorticosamente e si ingrandiva man mano. Come era iniziato, inaspettatamente, il fenomeno finì, il mondo tornò calmo come prima, e davanti a lui, la nuvola era divenuta un’ombra, nella forma e nelle dimensioni umane, ma composta di pura oscurità, tanto nera da essere chiaramente distinguibile pur sullo sfondo quasi completamente buio. Il giovane si preparò allo scontro, avendo ormai capito l’autenticità del libro, ma non fece nemmeno in tempo a pensare quale mossa compiere per prima che l’ombra, con una velocità incredibile ed un urlo agghiacciante, gli si fiondò addosso, inghiottendolo. Ago comprese con rassegnazione, in un solo secondo, di star morendo, e che l’umanità era finita per sempre; poi la coscienza gli venne meno e svenne, cadendo nel buio e nell’oblio.

Una nuova sensazione. Era questo che provava. Quanto era stato privo di sensi? Solo qualche secondo, oppure secoli, millenni, ere geologiche? Non lo sapeva, ma sentiva chiaramente questa impressione, come qualcuno che lo scuotesse leggermente. Il giovane aprì lentamente gli occhi, e vide il suo amico Giorgio che lo strattonava gentilmente dalla spalla. Più che stupefatto, si alzò su di scatto, e prese subito a guardarsi intorno: la tv era accesa, stavano scorrendo i titoli di coda di un film, e non uno qualunque, bensì uno che conosceva molto bene: Magnolia! E intorno a lui, c’erano Giorgio e Mattia! Si era assopito ed aveva sognato tutto, quindi? Le ombre, i molti mesi passati da solo, persino il finale del film e l’essersi alzato per metterne un altro? Eppure era proprio così, e ci mancò poco che non piangesse, per quanta gioia provava in quel momento. Tutto era tornato alla normalità, i suoi amici erano di nuovo con lui, la sua vita era di nuovo là, e nessuno avrebbe potuto capire quanto questo significasse, dopo quell’orribile e lunghissimo incubo di solitudine che finalmente si era concluso. In seguito, durante la sua vita, Ago ripensò all’esperienza che aveva avuto, e gli piacque anche raccontarla alle persone che conosceva, per dimostrare come la mente potesse a volte lavorare in maniere misteriose, facendo vivere esperienze che sembrano vere ma che in realtà sono completamente immaginarie... ma questa è una storia differente, mentre questo ombroso racconto ha avuto oramai il suo lieto fine, e può quindi terminare qui.

mercoledì 13 giugno 2012

La dolcezza ritrovata

Invece di far pausa con l'arrivo dell'estate, mi è presa una strana estasi creativa, con la quale, praticamente dal nulla, sono riuscito a tirare fuori un racconto completo, persino bello. E' un racconto dedicato, quindi non so se lo posterò già la settimana prossima (devo chiedere prima alla persona a cui è dedicato), ma io spero che già domenica o lunedì possa venire postato. Nell'attesa, comunque, ho deciso di pubblicare questa poesia, che ho composto qualche settimana fa, e che mi sento di pubblicare ora, sia per non farvi pesare l'attesa del nuovo racconto, sia soprattutto per dedicarla alla mia ex-ragazza, che martedì compie gli anni. Certo, potevo postarla martedì, ma poi la gente notava solo la poesia tralasciando il racconto, e tra lei e l'amico del racconto, io non posso che privilegiare il mio amico. Perciò godetevi questa nuova poesia, in bilico tra quelle "dell'odio" e quelle dolci e felici, forse una delle più belle.

La dolcezza ritrovata

Tempo addietro, anni fa
Il mio cuore era sì pieno
Di voglia di amicizia,
Di amore, di speranze
Di sogni, di gran bontà,
E di ingenuo affetto,
Ch'era una meraviglia

Poi arrivarono gli altri,
Uomini e donne crudeli,
Che dei miei sentimenti
Per nulla si curarono
E cominciarono a devastare
Lenti ma inesorabili
Tutte le bellezze ivi presenti

Una persona in particolare
Mentendo dicendo “ti amo”
Distrusse tutto quanto,
Così il mio cuore fu spezzato
Rimanendo a lungo così
Poi però decisi di non mollar,
E mi sforzai per tornar a pria

Alla fine ebbi successo, oh si,
Ed or il mio cor è nuovamente
Pieno di dolcezza e di amore;
E le brutte vicende vissute
Son uno scudo d’esperienza
Che proteggerà l’animo mio
Dal rischio che il mal si ripeta

venerdì 8 giugno 2012

Viaggio meraviglioso

Ecco qui, finalmente, il racconto che vi avevo promesso. Non è il racconto-capolavoro di cui vi parlavo, bensì un altro, che ho scritto quasi totalmente nel settembre del 2011 prima di abbandonarlo, si può dire perciò che abbia aspettato nove mesi per vedere la luce! Ed è poi singolare che un racconto così "allegro" sia stato da me scritto in un periodo come quello, che è stato uno dei peggiori, per me, come sapete. Comunque è stato difficile, è un racconto che sembra semplice ma che alla fine è stato molto duro da scrivere, e spero che a tanto sforzo corrisponda un buon risultato. Quindi, spero che vi piaccia e ve lo godiate, io di mio vi prometto che da oggi mi concentrerò sul super racconto solamente, per poterlo postare, anche se manca ancora moltissimo.

Viaggio meraviglioso

Fu in un attimo. Prima non esisteva, e l’istante dopo invece era, come apparsa dal nulla. La prima cosa di cui si rese conto fu di essere un corpuscolo, una particella minuscola, composta appena di tre elementi, due piccoli atomi di idrogeno ed uno, più grande, di ossigeno: la seconda fu di essere circondata da tante altre particelle identiche a lei, che però si muovevano come se non fossero affatto consapevoli di ciò che c’era intorno, per inerzia. Nemmeno lei sembrava poter controllare il proprio corpo, come si accorse quasi subito: andava avanti in un flusso d’acqua, senza interagire in alcun modo, se non in quelli che le leggi fisiche di quel mondo le imponevano. Non poteva comunicare, non poteva decidere di fermarsi o di agire di propria volontà, poteva solamente andare avanti, come se l’avere una coscienza non corrispondesse affatto ad avere libero arbitrio su di se; ma in questo non ravvisava alcuna forma di prigionia, si accorse quasi subito (perché avrebbe dovuto, del resto?), il suo motivo di vita non era comunicare, ne poter vivere come le pareva, ma esplorare tutto ciò che esisteva, scoprire, imparare e conoscere. Lei non era una comune particella d’acqua, era un’esploratrice in missione, non sapeva per conto di chi (se poi questo “chi” esisteva), ma era comunque un compito meritevole in qualche maniera, se lo sentiva. Mentre avanzava nella corrente, la molecola acquisì rapidamente ogni senso possibile, ed ebbe così la prima esperienza di quello che era il suo mondo: un budello chiuso, con tante escrescenze affioranti dalle pareti rocciose, e con le sue miliardi di compagne che si muovevano placidamente, in un lieve flusso verso il basso. Sembrava che tutto sarebbe rimasto così com’era, visto che il tempo passava e molto poco cambiava, ma dopo essersi ormai abituata a quella monotonia, la particella, e tantissime sue compagne intorno a lei, ricevettero all’improvviso un forte riscaldamento, cominciando quindi impetuosamente a risalire verso l’alto, fino ad uscire violentemente in un nuovo mondo, in cui non c’era solo acqua, ma anche vari gas e soprattutto una nuova presenza: la luce! Ma quello che stupiva di più la particella era la varietà di colori di quel mondo: il meraviglioso blu del cielo e il marrone grigiastro della terra da cui erano usciti, i quali erano molto più belli del monotono grigio della caverna per non parlare poi quella grande sfera giallo-bianca, il Sole, che brillava sopra di loro, illuminando tutto il panorama. Era uno spettacolo bellissimo, pensava la particella, e si sentiva così euforica e felice che in maniera istintiva spiccò il volo. Sperimentò così per la prima volta cos’era lo stato gassoso, capendo che le piaceva: e pian pianino salì in quel mondo fatato, fino a che non si aggregò con tantissime sue simili gassose: era dentro una nuvola, ora! Una corrente d’aria spostò quindi la nube, conducendo la particella e le miliardi di sue simili per un lungo itinerario. C’erano così tante cose da vedere, le forme che passavano sotto di loro erano meravigliose: le alte montagne ricoperte di bianco, e le gigantesche pianure di terra marrone, intervallate da giganteschi massi di ogni forma e colore; e poi, ad un tratto, una distesa d’acqua sterminata, di un blu acceso stupefacente! Tutte quelle visioni erano stupefacenti, ma la particella d’acqua si accorse di star perdendo energia pian piano: e attraversato quell’oceano immenso trovò una nuova zona, stavolta totalmente candida. Con tante altre particelle si aggregò in una forma solida di enorme bellezza, esagonale e complessa, e mentre una strana sonnolenza la prendeva, cadde sopra un ghiacciaio come neve. Qui, sepolta dai miliardi di sue simili che erano cadute sopra di lei, assecondando la sua immensa stanchezza si addormentò, in un lunghissimo sonno senza sogni.

La luce del Sole tornò, in un certo momento, a scaldarla svegliandola dolcemente, e la attirò tanto che alla fine essa tornò allo stato gassoso; da lì, viaggiò ancora sopra l’oceano per molto, finché non ritrovò la terraferma. Ivi, dall’alta tenue nuvola che ora la ospitava, constatò con stupore che era tutto cambiato: il terreno bruno aveva cambiato colore diventando ancor più bello, e risplendeva ora di un verde appariscente, in un florilegio di sfumature nemmeno immaginabili prima. La particella comprese che questo era dovuto a esseri, le piante, che avevano una vita propria e che proliferavano su tutta la Terra. Non aveva spiegazioni per ciò che vedeva, ma quello spettacolo le fece capire cos’era la vita. Le piante che svettavano più alte, gli alberi, erano altissime, e maestose, una gioia alla vista della molecola: ma non erano l’unica novità, ve ne era una ancora più stupefacente. Tra le piante infatti vi erano infatti degli esseri che non solo vivevano, ma si muovevano chissà come, mentre le prime erano completamente immobili: esseri giganteschi e altri più piccoli, all’apparenza molto più complessi delle piante, si spostavano lente sulla Terra, in un meraviglioso e pulsante affresco di vita. Erano gli animali! La particella aveva davvero una meraviglia danzante dentro di se, e non sapeva capacitarsi di tutto quello che vedeva; poi dalla nube in cui si trovava, aggregandosi con tantissime altre sue simili, cadde in una goccia di pioggia, e poté vedere lo spettacolo da ancora più vicino. Era atterrata in un laghetto circondato da una bassa piana, su cui si stagliavano alti alberi. La situazione rimase statica per qualche minuto, solo un leggero venticello turbava la superficie dell’acqua, ma poi qualcosa avvenne. Con incredibile stupore, vide un grosso animale uscire dall’intrigo di quel bosco, e avvicinarsi al laghetto: aveva quattro appendici, con le quali si spostava sinuoso ed aggraziato sulla terra. L’essere si avvicinò all’acqua, e da un’apertura che aveva su un’altra appendice, posta davanti a se, ingurgitò una grande quantità d’acqua, nella quale si trovava anche il nostro corpuscolo. Vedere quell’essere da dentro fu molto emozionante: esso era infatti un complesso intrico di vasi, la maggior parte dei quali erano composti da grossi ammassi di molecole, le cellule, nelle quali altre cellule e l’acqua viaggiavano, in un miscuglio chiamato sangue, spinte da una specie di pompa che li mandava ovunque all’interno del corpo; il tutto era dipinto di sfumature tra il rosa e il rosso, molto acceso nonostante l’assenza di luce, colori incredibili. Ma fu un’altra la cosa che più emozionò la particella: dal momento stesso in cui era entrata in quel corpo, poté sentire una voce non sua, che parlava direttamente nella mente di lei. Non sapeva come, ma sin dal primo secondo capì che quelli erano i pensieri dell’essere vivente a cui apparteneva, e realizzo con stupore che esso aveva idee; certo non erano complesse come quelli della particella, sembravano anzi molto semplici, ma l’animale aveva comunque delle sensazioni come nessun’altra entità mai incontrata dalla molecola fino ad allora. Era un fantastico essere vivente, uno spettacolo immane, tanto che tutte le stupende meraviglie che già la particella aveva visto sembravano or ben misera cosa rispetto a questo. Perciò essa si entusiasmò moltissimo, e le dispiacque molto quando, poco tempo dopo, spinta dalle solite forze fisiche a cui non poteva resistere, uscì in un getto d’acqua fuori dal corpo dell’essere.

Passarono gli anni e la particella prese parte ad un numero smisurato di cicli dell’acqua. Nella maggior parte delle volte, evaporava direttamente dal mare dove era piovuta, oppure dal luogo dove le correnti la portavano; ma vi erano alcune volte in cui tornava a far parte del corpo di un animale, anche se sempre per un breve periodo di tempo. Esisteva una grande varietà di quegli esseri: alcuni mangiavano solo le piante, mentre gli altri uccidevano addirittura altri animali. Anche se alla molecola sembrava sbagliato uccidere chi viveva, capiva però anche che gli esseri che erano costretti a nutrirsi. In quel mondo, purtroppo, ognuno per non soccombere al decadimento chimico e biologico doveva uccidere a sua volta e appropriarsi di materiale vivente altrui; così non malgiudicò tutti quegli animali, in fondo non erano malvagi. Anzi, più che disgustarla, quegli esseri la attraevano, al contrario delle piante (in cui pure molte volte era entrata) che erano altrettanto belle, viste dall’interno, ma non avevano pensieri: era proprio l’intelligenza che interessava la molecola, poter ascoltare anche per poco quelle riflessioni pur basilari. Proseguì per molti millenni questi cicli, finché qualcosa accadde. Per la prima volta, sentì che il suo padrone provava un sentimento nuovo, una paura mai sperimentata prima, arcana ed ancestrale. Non era mai stata in un animale che veniva predato, forse era la prima volta, ma dopo pochissimo capì che la situazione era diversa, e che qualcosa di peggio stava per accadere; e, passato appena qualche secondo, la particella si ritrovò fuori dell’animale, evaporata all’improvviso, senza che si accorgesse minimamente del passaggio di stato. Guardando in basso, mentre si allontanava velocemente, come spinta da una gigantesca onda d’urto, la particella vide tantissimi esseri viventi, piante ed animali, completamente spazzati via, e di essi non restavano che pallidi resti in fiamme, quando qualcosa rimaneva. La visione la sgomentò, ma non poteva nemmeno fermarsi, per rendersi conto di quanto dolore provasse: e trasportata nel profondo sud, al polo, cadde in un nuovo fiocco di neve, mentre la sonnolenza tornava e la faceva assopire dolcemente, ancora una volta.

Dormì per intere ere, milioni e milioni di anni trascorsero. Non aveva cognizione del tempo passato, quando tornò a svegliarsi, passando nuovamente allo stato liquido e diventando gassosa subito dopo. Le possenti correnti d’aria dell’alta quota che raggiunse la trasportarono lontanissimo dal luogo in cui era rimasta tanto a lungo verso nord, fino a che non si trovò sopra la terraferma. Poté così vedere che tutto era cambiato, nuovamente: gli animali e le piante enormi che avevano dominato tanto tempo prima erano completamente scomparsi. La zona su cui era capitata era ricoperta di piante piccolissime come non ne aveva mai viste. Più lontano, c’era una catena montuosa: era lì che la particella, aggregatasi ad una nuvola, piovve di nuovo sul suolo. Venne assorbita, e fece parte di una corrente nel sottosuolo, al buio, finché non trovò una via d’uscita. Dopo essere sgorgata dal terreno, finì per la prima volta in luogo chiuso, pieno d’acqua e dalle pareti ermetiche, che non facevano trasparire quasi la luce. Ci fu però una frazione di secondo in cui poté tornare all’aperto e in quel brevissimo lasso di tempo poté vedere un gruppo di animali stranissimi, come essa non aveva mai visto prima, e la visione la riempì di curiosità. Fu lasciata dentro al contenitore per qualche giorno; dopodiché esso venne aperto e la particella ne uscì, ma subito venne bevuta. Entrò nelle vene di uno di quegli strani esseri, e all’improvviso, sentì che egli era diversissimo dagli animali che aveva conosciuto in precedenza. Non c’erano solo idee semplicissime nel suo cervello, questo essere, “umano” come si autodefiniva, aveva pensieri complessi, praticamente come lei. La molecola sentì l’umano riflettere a proposito di concetti alti, come la gloria, il potere, e soprattutto ad un sogno: andare avanti a conquistare tutto quello che era possibile, fino alla fine del mondo. Ma c’era tanto altro, c’erano amore, odio, voglia di vivere, c’erano tantissime emozioni e sensazioni. La particella le capiva bene, ma non riusciva a capacitarsene: come era possibile che esistessero esseri così simili a lei? Non era più sola? Il giorno dopo, il giovane espulse da se la molecola da delle ghiandole che aveva sulla pelle, e dopo essere evaporata, dall’alto, la molecola vide una gigantesca battaglia in un enorme nube di polvere, con migliaia di uomini che combattevano, per conquistare quella gloria e quel potere che erano l’obiettivo del suo ex-padrone. Era uno spettacolo spaventoso, ma la particella non sapeva cosa pensare, aveva appena conosciuto gli esseri umani e non voleva ancora giudicarli. Essa però non poteva fermarsi a guardare, e salì sempre più in alto, unendosi ad una lieve nuvola di passaggio, che la portò lontano.




Dopo molti cicli dell’acqua monotoni, senza che nulla succedesse (a parte il passaggio attraverso un gran numero di piante), un inverno la particella nevicò su una montagna; dopo un breve sonno, la primavera arrivò sciogliendola, ed essa andò a far parte di un fiume. Ancora una volta venne raccolta in un contenitore, e dopo qualche giorno venne bevuta da un nuovo essere umano. Questi non era meno ambizioso del primo, e pensava molto a come doveva governare gli altri, con giustizia ed onore, seppur il potere lo attraesse anche per fini personali; ma c’era anche un po’ di paura in lui, paura di qualcosa di non meglio definito. Mentre stava circolando in una vena dell’uomo, all’improvviso qualcosa successe nella mente di quest’ultimo: la particella sentì in lui una grandissima sofferenza. Da uno squarcio nel vaso sanguigno in cui stava scorrendo, essa uscì dal corpo prima del tempo, e con il resto del sangue dell’uomo macchiò la terra di quel luogo, prima totalmente bianco, dove egli si era recato per parlare di politica. Evaporò subito, e vide l’uomo da cui era appena uscita accasciato a terra, morto o quasi, mentre tanti altri lo circondavano e lo colpivano ancora, armati di oggetti taglienti. Con orrore la particella conobbe così la vera natura degli esseri umani: erano capaci di pensieri e azioni nobili, ma anche di atti orrendi. Questo però, nonostante la condanna di quei terribili gesti, li rendeva ancora più interessanti ai suoi occhi. In ogni caso, le dispiaceva moltissimo per il suo ormai deceduto padrone, ma doveva andare avanti. E così, salì alta nel cielo, tornando come miliardi di volte aveva fatto a formare una nuvola.

Altri tanti cicli dell’acqua passarono, ancora una volta con pochi avvenimenti. Le capitò spesso di entrare in molti animali diversi, e si stupì di come essi fossero differenti da quelli in cui era entrata milioni di anni prima; ma se un tempo questa scoperta l’avrebbe resa felicissima, ora pur piacendole anche parecchio sentiva comunque che gli umani la attiravano ancora di più. Molti secoli intanto passarono, rapidi. Sembrava un anno come un altro quando, un autunno piovoso, essa cadde sulla terra e ne venne assorbita, rimanendo per qualche giorno in una piccola grotta sotterranea piena d’acqua, con un buco su, in alto, che lasciava passare un po’ di luce. Poi però un contenitore, manovrato da un uomo, entrando dall’apertura raccolse il liquido con la molecola, e lo sollevò; poi portò l’acqua fino ad un bacino circondato da legno di albero. Quindi, immersero nell’acqua per lo più piante morte, ed infine chiusero tutta quella massa in un recipiente completamente sigillato, anch’esso di legno. A parte una gran quantità di reazioni chimiche, null’altro successe per qualche anno, e così per un po’ la particella si annoiò, senza nulla da poter vedere a parte lo stesso contenitore, che stava ormai diventando come una prigione per lei. Era sul punto di pensare, con un po’ d’angoscia, che sarebbe rimasta lì in eterno, senza più uscirne, quando all’improvviso si formò un vortice verso il basso, ed improvvisamente fu libera. Rimase in una specie di contenitore a forma di cono ricurvo, potendo ammirare almeno un po’ del mondo intorno a se dall’apertura rivolta verso l’alto, finché un nuovo essere umano non lo alzò sopra di se, bevendone tutto il contenuto. Il suo nuovo padrone si rivelò una persona debole e malaticcia, tant’è che nemmeno riusciva a tenersi in piedi; tuttavia era potente, come i primi due aveva eserciti ai suoi comandi ed era un dominatore. I pensieri dell’uomo erano incostanti, anche se per la maggior parte risultavano rabbiosi: il suo gruppo aveva catturato il capo nemico contro cui l’uomo debole aveva combattuto e vinto la guerra, ed ora pensava cosa farne. Una parte di lui era per aver pietà, ma il pensiero più ricorrente era di ucciderlo con crudeltà, come lui aveva ucciso suo padre in precedenza. Alla fine, pervenne a quest’ultima decisione, e fu stabilito quindi che il supplizio avrebbe avuto luogo subito. Il morituro venne così portato davanti agli occhi del comandante, e la sua schiena venne tagliata e aperta in maniera che potesse soffrire il più possibile. Il padrone della molecola aveva un misto di disgusto e di gioia di vendetta; ma essa di per se provava solo orrore per quel che gli uomini potevano fare. Il fascino per la loro intelligenza non abbandonò la sua mente, ma lei capì che essi la utilizzavano solo per compiere il male. Qualche minuto dopo il padrone espulse la molecola dal solito getto d’acqua: ed essa evaporò salendo in alto, dove un fortissimo vento la portò lontana, a nord; ivi, come tante altre volte, si addormentò congelando e venne sepolta nella neve.

Non sapeva, di nuovo, per quanto aveva dormito, quando si risvegliò. I venti la portarono di nuovo a sud. Da quello che vedeva dall’alto, non molto tempo era passato, gli uomini c’erano ancora e vivevano più o meno allo stesso modo, anche se sembravano più numerosi. Cadde come pioggia sulla terraferma, su un campo fangoso, dove scivolò subito dentro una delle innumerevoli piccole pozzanghere lì presenti. Si stava quasi per annoiare quando sulle alture in prossimità del campo apparvero l’una di seguito all’altra, da due posizioni opposte, due grandi masse di esseri umani, una delle quali era vestita totalmente di blu, mentre l’altra tutta di rosso. Le due fazioni si diedero subito battaglia, con armi esplosive chiamati cannoni che rumoreggiavano sparando palle che però, così i soldati si lamentavano, non rimbalzavano nella melma, evitando di fare tutti i danni che avrebbero potuto. I gruppi di fanti facevano tuonare nuove armi che la molecola non conosceva, i fucili, e si facevano fuori a vicenda come mosche, mentre il terreno era scosso dalle potenti cariche di cavalleria di entrambi gli schieramenti. Il conflitto durò fino a sera, barbarico e terribile, poi il campo, ormai quasi completamente ricoperto di corpi senza più vita, rimase in un silenzio di tomba. Il giorno successivo, mentre si portavano via i corpi e si soccorrevano i feriti, la molecola evaporò di nuovo, e poté vedere il campo dall’alto: come potevano gli uomini uccidersi così, senza nessun motivo possibile, in così gran numero? Mentre si poneva queste domande, nuovamente venne trasportata dai venti in mare, dove precipitò. Dalla superficie una forte corrente la condusse in fondo all’oceano, ed ivi, la molecola rimase per oltre cento anni, ad ammirare le bellissime forme di vita marine, che l’affascinavano come quelle terrestri. Entrò anche in molte di loro, e le piacque notevolmente, anche se quegli esseri non erano complessi come gli umani, per i quali la particella aveva ormai sviluppato uno strano sentimento di amore ed odio mischiati insieme. Essi in effetti le facevano ribrezzo, ma preferiva leggere le menti complesse e sviluppate affini alla sua, per quanto terribili, che quelle interessanti ma troppo semplici degli altri animali, e sperava che un giorno, non troppo lontano, sarebbe tornata in contatto con loro, con la speranza che essi potessero cambiare in meglio e volgere i loro pensieri al bene, col tempo.

La casualità del fato decise di esaudire i suoi desideri. Dopo oltre un secolo, la particella poté tornare, grazie ad una nuova corrente, in superficie e quindi rientrare nel ciclo dell’acqua: e anche questa volta, piovve in una zona di montagna, traspirando nelle profondità del terreno. Da qui sgorgò da una fonte zampillante, e venne raccolta per la prima volta in un contenitore trasparente, fatto di vetro, dal quale poteva vedere tutto ciò che le capitava. Alla fine, dopo poco tempo e qualche spostamento, si ritrovò ad entrare ancora una volta in un corpo umano. Il suo proprietario stavolta era un uomo basso e scuro di capelli che pensava solo, paradossalmente, a quanto fossero perfetti quelli alti e biondi, odiando tutti gli altri, specialmente quelli che credevano in alcune determinate cose. Era uno strano modo di pensare, visto che personaggio era, ma fosse stata solo la stranezza, non sarebbe stato nulla. Quell’uomo era invece pieno di rabbia e di odio immotivati, e voleva distruggere proprio la diversità. Nemmeno nel suo corpo la molecola rimase a lungo, tuttavia. Come era abituata, dopo qualche ora era già stata espulsa: ed evaporando come sudore, la molecola si stupì di quanta gente stesse ascoltando le balzane idee di quel piccoletto, che dalla sua urlava e strepitava nell’esporle in modo ridicolo, ma che doveva sembrare in qualche modo fascinoso, visto il gran pubblico. Certo che per credere a certe cose dovevano essere proprio malefici, gli umani! Più ci pensava, più essi le sembravano orribili, capaci quasi solo di idee crudeli, che sarebbero poi sfociate, probabilmente, in azioni altrettanto atroci. Ma non c’era comunque la possibilità di fermarsi, la particella salì e si aggregò ad una nuvola di passaggio. Dopo qualche giorno, piovve in mare, e venne portata a nord da una corrente marina. Arrivò nei pressi del polo, e come le era successo tante altre volte, ghiacciò; così, dormì ancora, ma stavolta per poco, giusto qualche decina di anni, seppur come al solito non si accorgesse, in quello stato, del tempo passato.

Quando il ghiaccio si sciolse, la particella torno liquida e quindi evaporò tornando a far parte di una nuvola. Quest’ultima si diresse verso sud, penetrando moltissimo all’interno del continente. Dall’alto poté notare come gli uomini avessero plasmato la natura: ormai i loro insediamenti si estendevano ovunque, e la notte brillavano di luce intensa, molto di più che in passato. Stava quasi per raggiungere un altro mare quando all’improvviso piovve su una montagna boscosa. Questa volta però il destino le aveva riservato qualcosa di particolare: infatti dopo essere stata assorbita dal terreno, venne convogliata da un tubo di metallo. Da qui, per la prima volta, la particella si ritrovò infine in un contenitore di un materiale ancora più strano del vetro, la plastica: non aveva mai visto nulla del genere, così la sua meraviglia fu grande. Un altro grandissimo stupore arrivò subito dopo: un macchinario fatto tutto di acciaio immise nell’acqua un gran quantitativo di anidride carbonica, tanta come mai ne aveva vista sciolta tra le sue simili. Che spettacolo! Dopo essere stata chiusa ermeticamente, la bottiglia in cui era venne trasportata di qua e di là, come senza un senso; e poi fu rinchiusa in un luogo chiuso, per qualche giorno. Quando rivide la luce, fu messa in mostra in un luogo molto strano dove, dopo pochissimo, un uomo la prese, portandola via per l’ennesima volta. Pochi giorni dopo, essa venne bevuta da un uomo… e fu in lui che, senza preavviso, lei si sentì più viva e libera che mai, nella sua vita lunga pur miliardi di anni! Il giovane che l’aveva bevuta aveva infatti come primo valore l’amore di tutti i tipi, e amava tra le altre cose la conoscenza, volendo esplorare tutto quello che poteva per sapere sempre più cose. In quel momento la particella si sentì, per la prima volta, compresa a fondo: quell’uomo era diverso dagli altri, viveva nello stesso modo in cui la particella si comportava già da miliardi di anni. Non solo, però: per uno strano caso, il giovane era anche uno scrittore di fantasia, e proprio in quel momento aveva avuto un’idea illuminante, dal nulla, per un racconto: narrare il viaggio meraviglioso di una particella d’acqua! La sua fantasia era così grande, per andare a pensare una cosa simile! O forse per la prima volta un essere vivente leggeva la sua mente come lei aveva letto la loro? La particella, qualsiasi fosse stata la spiegazione, si commosse, nulla di così bello era mai successo nella sua vita. Non solo aveva scoperto uno spirito affine, ma aveva anche capito che non tutti gli uomini erano malvagi, alcuni erano semplici e buoni, c’era tanta oscurità in loro, ma anche tanto amore e tanta passione. Era il momento più bello, in tutta la sua storia, e anche se non durò a lungo, comunque fu la memoria che in seguito ricordò con maggior felicità, seppur altre bellissime esperienze l’attendevano. Abbandonò il corpo in una lacrima del giovane, che venne raccolta da un fazzoletto dal quale evaporò quasi subito, tornando a far parte dell’ennesimo ciclo dell’acqua.

Il racconto dell’avventura della particella d’acqua si conclude qui, ma la sua storia non è ancora finita. La molecola infatti continuò a girare il mondo, cambiando di nuovo stato e venendo bevuta tantissime altre volte, vide il mondo cambiare, e fece parte, nel suo piccolo, del cambiamento. Il suo viaggio meraviglioso nel mondo non è terminato ancora, e mai finirà, fino alla fine del nostro pianeta, per poi continuare ancora nell’immensità dell’universo, finché la materia esisterà e non decadrà tutta, alla fine dei tempi… e poi chi lo sa?

venerdì 1 giugno 2012

Un post abortito

La mia prima intenzione era di scrivere un lungo post sulla parata di domani e sulla figura del nostro Presidente della Repubblica... ma poi ho preferito, alla fine, rinunciare, ma solo in quanto il vilipendio al Capo dello Stato è un reato, e io sono sempre stato rispettoso della legge. Perciò non dirò nulla, se non che la mia opinione è che i soldi della parata si potevano facilmente devolvere ai terremotati e mi fa arrabbiare che non sia stato fatto, ma concludo qui.

P.S. volevo anche dirvi che ho concluso finalmente un nuovo racconto... a breve, dopo averlo corretto, ve lo presenterò, finalmente.