mercoledì 19 febbraio 2014

"Dallas Buyers Club", di Jean-Marc Vallée

Ultimamente sto andando al cinema più spesso del solito, e per questo probabilmente da ora in poi scriverò più recensioni sui film in questo blog (per quanto non sarà un cambiamento così grande, alla fine). Detto questo, passiamo alla pellicola di questa volta, Dallas Buyers Club di Jean-Marc Vallée, che ho avuto il piacere di vedere qualche settimana fa: si tratta di un film sociale tratto da una storia vera, che pur presentando a tratti spezzoni comici si rivela alla fine di genere drammatico; non il mio tipo preferito di film, insomma, per quanto io l'abbia apprezzato parecchio.

La trama, più sinteticamente possibile (se non volete spoilerarvelo, ricominciate a leggere dal paragrafo successivo): negli anni '80, il protagonista Ron Woodroof (Matthew McCounaghey), che incarna bene o male tutte le caratteristiche tipiche del redneck sudista, chiuso di mente e xenofobo, conduce una vita sregolata, a base di sesso e droga (manca il rock 'n' roll, anche se, by the way, ho trovato molto apprezzabile la colonna sonora blues sudista), oltre che della vita di rodeo. Tutto però va in frantumi quando, dopo un'incidente sul lavoro ed il conseguente ricovero, Woodroof viene trovato sieropositivo: la sua vita viene così stravolta, i suoi amici, omofobi quanto lui, gli voltano le spalle ritenendo a torto la sua malattia come tipica dei gay, perde il lavoro e le sue condizioni di salute continuano a peggiorare. Dopo una serie di peripezie, arriva in Messico, dove conosce il dottor Vass, che gli procura una medicina non approvata negli Stati Uniti, alternativa a quella che usano in ospedale, il dannoso AZT: Woodroof non però acquista solo la medicina per se, ma decide di iniziare ad importarla negli Stati Uniti per venderla. Inizialmente non ha molto successo, anche per il suo disprezzo verso l'ambiente omosessuale dove si trovano molti dei sieropositivi, ma poi con l'aiuto di Rayon (Jared Leto), un transessuale conosciuto in ospedale durante un ricovero, riesce a fondare il Dallas Buyers Club, un'associazione che con una una quota mensile d'iscrizione fornisce medicinali gratuitamente, aggirando la legge che vieta di vendere farmaci non approvati. Woodroof dovrà quindi combattere, tra le varie cose, i continui bastoni tra le ruote che la Food and Drugs Amministration gli mette, e dovrà anche far fronte, ad un certo punto, alla morte di Rayon, con cui aveva sviluppato un rapporto a volte conflittuale ma anche molto affettuoso, superando la sua omofobia; alla fine però riuscirà nel suo intento, e pure se perderà la causa finale contro la FDA, creerà un precedente che alla fine legittimerà i suoi metodi di cura.

E' un film con una trama piuttosto complessa, insomma, anche più di quanto possa sembrare dalla mia descrizione, e ciò è un punto di forza, a mio avviso. La cosa migliore del film non è però la storia, ma come essa viene sviluppata: Dallas Buyers Club è infatti un film che riesce a non apparire affatto retorico su un tema delicato come l'AIDS: ecco quindi che pure nel dramma, Woodroof non si piange addosso, ma anzi si da da fare più che può per fare qualcosa per la propria condizione, riuscendo a trasformare la sua disgrazia in qualcosa di buono. E' un film insomma sì drammatico, ma che riesce a risultare anche positivo, in qualche modo, ed a veicolare il messaggio che il modo migliore per affrontare anche il peggiore dei drammi è guardando avanti, non perdendo mai l'ottimismo e la voglia di vivere.

Spenderei qualche parola anche per la prestazione degli attori, che qui sono particolarmente degne di nota: McCounaghey è convincentissimo come Ron Woodroof, per non parlare poi di Leto, che sembra veramente nato per fare il travestito, dopo la prova di forza assoluta nei panni di Rayon; mettiamoci anche lo sforzo estremo di dimagrire fatto da entrambi per entrare meglio nelle parti dei due sieropositivi, e direi che meritano entrambi di vincere l'Oscar a cui sono candidati.  

Insomma, questo Dallas Buyers Club non mi è affatto dispiaciuto, e pur non essendo entrato nella mia classifica dei film preferiti di tutti i tempi (anche perché, come detto, non è il mio genere), è comunque molto bello, a mio avviso; vi è altamente consigliato, perciò, se siete amanti delle pellicole di genere drammatico (ma anche non fosse così, dategli un'occhiata in ogni caso).

venerdì 14 febbraio 2014

La mia panacea

Oggi è il mio primo San Valentino in assoluto che passo insieme ad una persona che amo e che mi ricambia; essendo perciò un'occasione così speciale, non posso che festeggiarla riempiendo di sorprese la mia Monica. Il sonetto qui di seguito è appunto una di queste sorprese; spero però che anche agli altri piaccia, e che soprattutto non li faccia scappare dal mio blog per l'invidia o per la troppa zuccherosità!

La mia panacea

Il più grande dolor posso provare,
Le ansie più cupe e tenebrose,
Tanta rabbia da poter scoppiare
Ed altre emozioni dolorose;

Ma poi tu fai quel sorriso
Così tenero e così sincero
Che fa splendere il tuo bel viso
Più intensamente del sole vero.

E a luce così forte, il male
Come la neve si scioglie, veloce
Rimpiazzato da gioia ed amore;

Ché tu, Monica, scacci il dolore,
Per quanto possa essere atroce,
Col tuo essere così speciale.

mercoledì 5 febbraio 2014

L'utopia animalista

Visto che l'argomento animalismo/antispecismo è tra le questioni più dibattute nelle ultime settimane, vorrei dare anche la mia opinione su di essa. Comincio col dire che trovo l'amore per gli animali non solo lodevole, ma persino necessario: credo infatti che chi non rispetta gli animali, difficilmente rispetterà gli uomini, mentre una persona che ama i primi in una maniera "sana", farà lo stesso coi secondi, se non altro perché anche questi appartengono al regno animale. Non parlo di "amore sano" per caso: può esistere a mio avviso anche un tipo di amore "malato", che porta a valutare gli animali più di quello che sono, svalutando dall'altro lato l'uomo, che viene percepito come qualcosa esterno al mondo animale. Ciò deriva probabilmente da una sfiducia forte nei confronti dell'umanità, che posso comprendere bene ed in parte anche condividere; ma dall'altra parte, razionalmente non c'è alcuna giustificazione per cui gli animali debbano essere in qualsiasi maniera superiori agli esseri umani, nemmeno uno solo (anche se vale certamente pure il contrario).

Coloro che hanno di più portato l'argomento animalista alla ribalta ultimamente sono i contrari alla sperimentazione dei farmaci sugli animali. Molti di essi si professano anti-vivisezione, il che risulta un po' come un laico che si denomini "anti-crociate" o "anti-inquisizione": la vivisezione è infatti stata abolita in tutti i paesi occidentali ormai da decenni. Per quanto riguarda invece la sperimentazione medica moderna, molto impropriamente definita anch'essa vivisezione, mi pare alquanto assurdo protestare: sempre nel nostro occidente, così bistrattato, ci sono comunque norme molto restrittive contro gli abusi e contro i maltrattamenti dagli animali da laboratorio, i quali posseggono una serie di diritti forse inferiore a quelli  umani, ma comunque a mio avviso più che sufficienti. Risultato: raramente gli animali muoiono nei laboratori, la maggior parte di essi sopravvive ed una volta terminati i test viene di norma anche adottato come animale da compagnia, per giunta. Gli olocausti di cui parlano alcuni animalisti sono solo deliri paranoici nel caso più onesto, e menzogne deliberate in quello che lo è meno, perciò: la realtà nei fatti è molto diversa.

La criticità maggiore degli anti-sperimentazione è però un'altra: la mancanza di coerenza delle loro tesi. In primis, è chiaro come essi, pur andando contro i farmaci sperimentati sugli animali, li hanno usati diverse volte nella loro vita. Come faccio a saperlo? Perché chiunque è andato dal medico nella propria esistenza, e di conseguenza gli è stato prescritto una medicina la quale, per le normative europee, deve esser passata per la fase della sperimentazione animale. In ultima analisi, quindi, ognuno di noi usa ed userà la ricerca sulle cavie, a meno di non chiudere con la medicina ed affidarsi a modalità di cura new age/alternative; peccato però che queste come minimo sono inefficaci, come i farmaci omeopatici (che non sono altro che acqua), o al massimo ci rimetti "soltanto" soldi e vita, come per esempio nel caso Stamina, di cui forse in futuro parlerò, se non si smonterà nel giro di poco). Oltre a questa incoerenza, però, ce ne è un'altra immensa. Forse le seguenti statistiche non sono accurate, provenendo da una fonte dubbia (un telegiornale, e nemmeno dei più seri), ma probabilmente non si allontanano troppo dal vero: l'81% degli italiani (oltre 4 su 5, quindi) sarebbero contrari alla vivisezione. Non è specificato se siano davvero contro la vivisezione oppure contro la ricerca sugli animali in generale, ma facciamo finta sia quest'ultimo caso: ebbene, ciò contrasta grandemente con un'altra ricerca, che afferma essere il 7% circa i vegetariani nel nostro paese. Perché quindi non sarebbe legittimo testare farmaci su mille animali (che come detto, di norma non muoiono), per poi creare un farmaco che cura migliaia e migliaia di persone per molti anni, che uccidere mille animali (e qui invece è l'assassinio è certo) i quali, nello stesso periodo di tempo, riescono al massimo a nutrire pochissime persone (ma più probabilmente una sola)? E' un'incoerenza titanica, ma che quella maggioranza di "anti-vivisezione" non vegetariano sembrano assolutamente non vedere.

Passiamo ora al suddetto 7%, che sembra essere molto più coerente... ma lo è davvero? Detta in altre parole: gli animalisti vegetariani, o anche quelli più estremi in senso vegano, riescono con il loro comportamento a non causare, nemmeno indirettamente, la morte di neppure un animale? La risposta è molto semplice: no! Non ci vuole un genio per capirlo: anche chi coltiva frutta e verdura nella maniera più "bio" possibile, deve in qualche modo tutelarsi dai parassiti che potrebbero rovinare i raccolti: lasciate perdere pesticidi e simili, ma pensate ad una semplice (e biologica al 100%) trappola per topi, per uccidere i malcapitati roditori che volessero appropriarsi del cibo destinato all'uomo. Risultato: le statistiche che parlano dei milioni di topi uccisi in ambito alimentare sono spaventose, alla faccia di chi si lamenta di quei pochi (relativamente ai primi, una frazione infinitesimale) coinvolti nella ricerca medica! Ecco quindi che anche il più estremo dei vegani non può che essere comunque incoerente, se si professa antispecista o critica i "carnivori", e del resto è logico: per essere davvero coerente, una persona non dovrebbe più mangiare, il che è lapalissianamente impossibile.

Vorrei aprire una piccola parentesi, a questo punto, che c'entra solo in parte con l'argomento trattato fin'ora: personalmente, ritengo il mangiare animali non solo non sbagliato, ma anche naturale. Gli animali carnivori cacciano per vivere, e ciò che fa la nostra specie nei fatti non è molto diverso. Si può invocare il fatto che l'uomo in realtà uccida animali per divertimento, ma non è vero in tutti i casi: gli animali che muoiono in qualsiasi ambito alimentare non sono praticamente mai uccisi con spregio o con odio (esattamente come fanno i predatori naturali); per quanto riguarda invece la caccia non a fini alimentari, come anche sui vari maltrattamenti, sono assolutamente contrario, e credo che chi li intraprende dovrebbe essere punito, se non lo è già. Se queste ultime sono sbagliate, non vuol dire però che tutte le uccisioni lo siano, e trovo che sia assurdo estendere i diritti umani agli animali, come qualcuno vuole fare, si creerebbero situazioni assurde: se ogni animale avesse il diritto alla vita inalienabile come un umano, allora tutti i carnivori dovrebbero "scegliere" se divenire assassini oppure morire di fame; il caso in cui invece le loro predazioni degli altri animali siano considerate naturali, e per questo non punibili, ciò renderebbe l'uomo l'unico che non ha questo possibilità, in altre parole un inferiore nell'ambito dei diritti in cui per giunta solo lui potrebbe essere l'unico garante (perché si può dire quel che si vuole, ma nessun'altro animale punisce sistematicamente l'assassinio); l'unica situazione non assurda è che agli animali sia concesso predare in libertà, ma che anche l'uomo possa uccidere animali, quando gli è necessario.

Chiusa la parentesi, e tornando a noi, abbiamo appurato che il principale difetto dell'animalismo è la sua ineliminabile incoerenza. Questo non è affatto un'opinione, bensì un dato di fatto: il mio giudizio personale sull'animalismo non è infatti troppo negativo, almeno nelle sue forme più mitigate. Come ho già detto all'inizio, amare e rispettare e gli animali è bellissimo, ma spingersi a sostenere che nessun animale possa venire ucciso per nessuna ragione è qualcosa di puramente utopico, oltre ad essere un illusione pericolosa. C'è poco da fare: nel nostro mondo, ognuno causa la morte di un certo numero di altri esseri viventi, ed è un fatto che non si può prevenire in alcun modo. Certo, gli animali devono essere trattati con assoluto rispetto, e la loro sofferenza deve essere ridotta il più possibile (anche se tanto viene già fatto in tal senso già ora); ma l'ovvia conclusione è che, piaccia o no, le tesi animaliste non sono sostenibili, o almeno non in maniera razionale e totalmente coerente.