martedì 19 giugno 2018

10 brutture fastidiose nelle opere fantasy

Giusto tre mesi fa, pubblicavo su Hand of Doom "8 brutture fastidiose nelle opere di fantascienza": un piccolo compendio di ciò che non mi piace trovare in un libro o in un film del mio genere preferito. Ma se non mi segui da ieri, sai anche che io non sono monotematico: per quanto ami così tanto la fantascienza, nella mia carriera di lettore/spettatore ho anche esplorato tanti altri generi. Come per esempio il fantasy.

Non lo conosco bene come la fantascienza, ma nel corso degli anni ne ho letto parecchio, sia classici che opere sconosciute. Non mi ritengo un esperto (ma nemmeno della fantascienza, più che altro sono un appassionato), però un po' di esperienza ce l'ho. Viste queste premesse, negli ultimi giorni mi sono chiesto: perché non fare un altro post come quello del marzo scorso? E così, eccoci qui.

Non so tu, ma a me quest'immagine sembra davvero brutta.
Ed è per questo che è perfetta per rappresentare il mio post!
Non so se è perché sono stato più critico o perché col fantasy è più facile steccare che con la fantascienza (ma non sono sicuro che sia così, anzi), tuttavia stavolta ho trovato ben dieci difetti che possono compromettere un'opera fantasy ai miei occhi. Anche in questo caso, ne avrei trovati altri, ma ho preferito citare solo quelli non solo più fastidiosi, ma anche più frequenti. Eccoli qui di seguito.
  • Il solito pseudo-medioevo: di sicuro, nessuno può contestare quanto Tolkien sia stato fondamentale per il genere fantasy. Ma forse sarebbe anche ora di lasciar perdere il concetto secondo cui il fantasy possa essere soltanto una storia di eroi e cattivi ambientata in quel mondo pseudo-medioevale con lo stesso assortimento di razze e creature, lo stesso sistema monarchico, e così via. E non è solo perché esistono tante altre possibili ambientazioni - come dimostra il genere "urban", oppure l'ambientazione sempre medioevale ma non stereotipata delle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di George R.R. Martin. Più che altro, è che in questi mondi spesso il risultato sono opere banali, giusto uno sfoggio di forma ma che non ha nulla di sostanza. Di sicuro, il professore inglese non ha inventato il suo mondo solo per parlare di elfi e nani: le sue storie sono metafore e hanno un'anima profonda. Cosa che di norma i suoi cloni non hanno.
  • I soliti personaggi: fanno il paio con la solita ambientazione. Il nano minatore avido, l'elfo etereo, il vecchio stregone saggio, la bella principessa, il signore oscuro cattivissimo perché sì sono solo alcuni dei personaggi che mi fanno storcere il naso all'istante. Tuttavia, questo non è solo un problema della versione "medioevale": anche l'urban fantasy ha i suoi vampiri/licantropi/quel che sono belli e perfetti in modo assurdo, che non si comportano come di solito fa la loro razza - e sfuggono da un cliché per cadere in uno peggiore. Di solito sono personaggi creati da autori alle prime armi col fantasy, che non si rendono conto di quanto siano stereotipati, ma non è detto. Quello che è certo, invece, è che o uno è tanto bravo e a suo agio col genere per rileggere questo tipo di impostazione in modo da farla risultare interessante e non monodimensionale, oppure forse è meglio che si inventa qualcosa di diverso. Almeno, se non vuole ritrovarsi con un mucchio di sagome di cartone, invece che con dei personaggi veri e propri.
  • La magia a membro di canide...: la magia è croce e delizia del fantasy. Componente fondamentale del genere, è anche uno degli elementi più difficili da manovrare: essendo sovrannaturale e lontana dalla nostra realtà, bisogna stare attenti a come maneggiarla, se non si vogliono creare buchi di trama grossi come una casa. Per esempio, mi è capitato una volta di incontrare in un romanzo un mago che in teoria doveva essere potentissimo ridotto in schiavitù grazie a una catena - e non una catena magica, bensì una normale catena di ferro - e per qualche ragione mai spiegata impossibilitato a usare i suoi poteri. In generale, penso che ogni autore che voglia affrontare in maniera seria il fantasy deve studiare come funziona la sua magia nei minimi dettagli e in ogni suo aspetto, che sia pratico, filosofico, morale. Altrimenti, è inevitabile che la storia perda di coerenza e di coesione, e si creino dei veri e propri cortocircuiti logici.  
  • ...o come soluzione a ogni problema: come ho appena scritto, è un controsenso che un grandissimo mago si faccia mettere KO da mezzucci da quattro soldi. Tuttavia, c'è da evitare anche l'eccesso opposto: quello che il mago che risolve con uno schiocco di dita tutti i problemi, senza nemmeno faticare. Lo dicevo anche nell'altro post: la magia - come la tecnologia nella fantascienza - magari può anche tornare utile ai protagonisti, non deve per forza essere un ostacolo (come sostiene qualcuno), ma non può diventare un deus ex machina con cui risolvere ogni problema. Altrimenti la storia perde tutto il suo conflitto interno - che è un motore imprescindibile alla buona riuscita di quasi ogni trama - e diventa noiosa in tempi brevissimi. 
  • La prolissità forzata: Tolkien scrisse "Il signore degli anelli" come una trilogia, la Rowling "Harry Potter" in ben sette libri, e non parliamo poi delle decine di mattoni che compongono la Ruota del Tempo di Robert Jordan. Questo però non significa che per essere buona una storia deve essere per forza lunga o svilupparsi in più libri: per esempio, di recente ho letto Magic di V.E. Schwab, che fa parte, è vero, di una serie, ma funziona benissimo anche come romanzo autoconclusivo. Non sempre però questo concetto è chiaro: il risultato sono opere lunghissime, stirate agli estremi, che finiscono per risultare prolisse e soporifere. E non capita solo ai principianti: per esempio citerei la trilogia filmica de Lo Hobbit di Peter Jackson, che annacqua il romanzo originale di Tolkien in qualcosa che a tratti sfiora il ridicolo. Non sarebbe stato meglio fare un solo film, o al massimo due? E in generale, se non hai molto da dire, non è meglio dirlo e basta, invece di allungare il brodo all'inverosimile?
  • La troppa approssimazione: al contrario di tutti gli altri generi, che parlano di qualcosa di possibile e spesso anche di ordinario, il fantasy ci porta in situazioni o in mondi molto lontani dal nostro. Ed è per questo che è il genere che più di tutti ha bisogno di spiegazioni, di descrizione, di approfondimento. Con questo non voglio dire che si deve scoprire tutto, anzi: se rimangono misteri nella magia, o sui personaggi va benissimo. Ma quando le cose succedono senza che venga spiegato, o non si capisce cosa succede, o come, quello sì che è un bel problema. Per esempio, mi viene in mente I Guardiani della Notte di Sergej Luk'janenko: anche se il protagonista usa abitualmente la magia, non ci viene mai spiegato come funziona, né cosa vede lui quando lo fa, e il risultato è un romanzo in cui a tratti non si capisce un cazzo granché di ciò che succede. Non so dire se è colpa della traduzione o proprio del romanzo in sé: ma so che questo è il motivo principale per cui la lettura non mi è piaciuta. 
  • Il prescelto troppo prescelto: come anche in altri casi, questo è un topos che di per sé non mi dà fastidio. Ma deve essere un prescelto umano, che si impegna e soffre, altrimenti diventa odioso. Prendiamo per esempio Harry Potter: è predestinato a sconfiggere Voldemort, come dice la profezia, ma si deve impegnare, deve soffrire e rischiare la vita molte volte prima di riuscirci. Non sopporto invece il prescelto che in quanto tale ha sempre la fortuna dalla sua parte: è sempre bello, figo, tutto quello che fa va bene, ed è sempre il più bravo degli altri in tutto. Tranne nell'impresa di starmi simpatico o di strapparmi anche solo un briciolo di empatia: in quello è proprio incapace, come del resto ogni Mary Sue che si rispetti. 
  • Il manicheismo: di solito, Tolkien viene additato come autore manicheo, visto che i suoi personaggi sono buoni o cattivi, e non ci sono sfumature nel mezzo. A parte che in realtà non è vero: vedi Gollum, che aiuta il bene anche se "cattivo" - e non parliamo poi dei tanti, tantissimi personaggi ambigui del Silmarillion. Ma anche lo fosse, Tolkien scriveva in un periodo in cui questo poteva anche essere accettato: nel 2018 però non è più così. Oggi avere nel proprio romanzo solo eroi buoni perché sì e antagonisti cattivi perché sì vuol dire avere personaggi piatti, poco interessanti, ingenui e soprattutto per nulla realistici. E forse non solo oggi: dopotutto se Conan il Barbaro di Howard riusciva a essere un anti-eroe già negli anni trenta, un motivo ci sarà stato, no?  
  • Il viaggio turistico dell'eroe: uno dei meccanismi più diffusi nel fantasy - specie quello di ambientazione medioevale - è di sicuro "il viaggio dell'eroe". Anche questo in sé non è un male: con la giusta fantasia, questo schema permette di creare milioni di belle storie. Ma per farlo, bisogna che il tutto abbia un senso, altrimenti si rischia di cadere in trame insulse e poco funzionali. La cerca deve avere un obiettivo forte e uno sviluppo coerente: se invece i protagonisti girano a caso e basta, incontrano altri personaggi senza che questo li faccia avanzare e non si sa nemmeno perché lo fanno o cosa cercano, capisci bene che non è un romanzo, ma più un'escursione nella natura, e nemmeno organizzata a dovere. Magari ti può sembrare che esagero, che non esistono romanzi così: invece, mi sono imbattuto in almeno un paio di essi. E uno nemmeno sono riuscito a finirlo!
  • La storia d'amore: non sono contrario a un po' di sentimento, nemmeno nelle storie più cupe. Ma se leggo un fantasy, voglio leggere di magia, di creature fantastiche, di epiche imprese, non di chi se la fa con chi: altrimenti usciamo dal genere e migriamo nel romanzo rosa. Anche questo, se fatto con cognizione di causa, con una bella storia d'amore, non scontata, può non essere un male in assoluto (per quanto io non sia un grande amante del genere, lo ammetto). Ma nella maggior parte dei casi che ho conosciuto, parliamo invece di storie melense, banali o addirittura inquietanti in maniera involontaria - per dire, la storia d'amore nano-elfo infilata a forza nella trilogia filmica de lo Hobbit è una delle cose più ORRIBILI che abbia mai visto in un'opera fantasy. Ed ecco perché, se anche solo nella quarta di copertina si fa cenno a "una travolgente storia d'amore" o qualche cosa di simile, io sto lontano mille miglia da quel libro. Anche se viene spacciato per fantasy - o per fantascienza, o per qualsiasi altra cosa che non è.
La domanda: c'è qualche altra bruttura che non ho citato che secondo te ammorba il fantasy?

4 commenti:

  1. I difetti che hai citato esistono, e sono anche abbastanza diffusi, ma riesco a tenermene lontana leggendo solo gli autori di fantasy che mi piacciono di più, tipo Rothfuss e Sanderson. Amo comunque il genere, e riesco a reggere bene cliché e banalità, se l'autore sa presentare bene la storia.

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    1. Ma infatti a me non disturbano i cliché in sé. Qualunque storia ormai li ha, e la bravura di un autore sta nel rileggerli sotto un'ottica nuova. Il problema è invece quando uno scrittore - che sia alle prime armi o esperto non importa - non riesce a farlo e partorisce una storia senz'anima, oppure banale. Tutto qui :) .

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  2. Hai radunato tutti i motivi per cui a me il fantasy non piace. Credo che più di ogni altra cosa detesti quando viene propinata la magia con regole assurde. In questo senso Terry Pratchett invece mi piace moltissimo, perché in un certo senso fa dell'ironia su questi punti e sui soliti cliché del genere.

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    1. Beh, per fortuna non tutto il fantasy è così. Esistono anche tantissimi in cui di queste brutture non si vedono ^_^ .

      P.S. scusa per il ritardo con cui ti rispondo. Ovviamente colpa di Blogger, che non mi manda più le notifiche dei commenti D:

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