martedì 28 aprile 2020

L'infelicità di chi ha fretta di uscire

Lo sto notando attraverso i social, e non solo: man mano che il lockdown va avanti, sempre più persone sono insofferenti a questa situazione. Ci sono diverse iniziative del tipo "esco il 4 maggio": iniziative che trovo un po' assurde, visto che in quella data ci sarà probabilmente giusto un piccolo allentamento, ma la quarantena è ben lontana dall'essere alla fine.

All'inizio apprendere di queste iniziative mi ha fatto addirittura arrabbiare. Non potevo credere che qualcuno potesse davvero mettere in pericolo non solo sé stesso ma anche gli altri solo per poter respirare un po' d'aria: è un comportamento troppo egoista e antisociale perché io possa anche solo tollerarlo. In questi ultimi giorni, la reazione emotiva è un po' scemata: continuo però a provare parecchia insofferenza nei confronti di certe idee deleterie che leggo in giro.

Per esempio, sopporto molto male chi ce l'ha col governo. Non ho alcuna simpatia per chi oggi è al potere, e nell'ambito di questa crisi si poteva di sicuro fare meglio; dall'altra parte però sono certo che si potesse fare molto, molto di peggio, come dimostrano le situazioni di altri stati nel mondo.

Allo stesso modo, non sopporto chi dice che subire il lockdown è come stare in dittatura, perché non ha idea di cosa sia davvero una dittatura. E se viene da chi vede un complotto per affossare le aziende, mi fa quasi ridere: uno stato che ti costringe in casa per impedirti di contrarre una malattia potenzialmente mortale è dittatura e un sistema che ti costringe a uscire tutti i giorni a faticare o in alternativa a essere povero no?

Sì, lo ammetto: non dovrei prendermela con certe categorie di lavoratori, visto che stanno soffrendo; tuttavia, questo non li autorizza a inventarsi cazzate storie. Un nemico c'è, ma non è il governo e i suoi provvedimenti contro il coronavirus: come ho già detto altrove, è il sistema in sé. A parte questo, però, posso comprendere le ragioni di chi sta male per motivi economici, visto che ci sono passato anche io. Ma quelle di chi invece soffre per la mancanza dello svago di stare fuori, di uscire e fare vita sociale, proprio no.

Non che non capisca: anche io preferirei passare una domenica in qualche città d'arte e rilassarmi, invece che stare qui a casa - e di conseguenza, invece di stare fermo sul divano, lavorare. Ma lascia anche che ti dica questo: preferisco stare a casa a lavorare, invece di andare in qualche città d'arte E prendermi il coronavirus. Sono giovane, è vero, ma ho un po' di problemi respiratori. E anche se non li avessi, o se un medico mi dicesse che non corro rischi, vorrei evitarmelo a tutti i costi: non è ipocondria, è buon senso.

Questo perché non sono il primo, e neppure il milionesimo, a ribadire il concetto che questo virus non è uno scherzo, è un affare dannatamente serio. Di conseguenza, andarlo a sfidare è un'idea pessima ed estremamente stupida: gli unici che mi sentirei di giustificare un pelo se lo facessero sono forse gli adolescenti, che ancora non ragionano e si prendono di continuo rischi. Ma se hai più di vent'anni e hai lo stesso voglia di uscire senza pensare alle conseguenze, allora non hai scuse.

Ho riflettuto molto sul perché in così tanti abbiano fretta di uscire. E l'unica ragione che mi è venuta in mente è che soffrano di mancanza di autostima e di un'incapacità di star bene con sé stessi, da soli a casa. Il che però non è certo una scusa valida: un tuo disagio personale non può danneggiare gli altri, altrimenti tanto vale giustificare anche serial killer e pedofili.

Peraltro, non credo si possa neppure dire che è tutta colpa della situazione eccezionale.  Non sono uno psicologo, quindi non posso dirlo con certezza: la mia impressione però è che questa condizione di infelicità fosse precedente all'epidemia, invece che sua conseguenza. E che il coronavirus l'abbia solo fatta diventare evidente, come tanti altri problemi venuti alla luce in questo periodo.

Magari sbaglio, ma sono abbastanza sicuro che l'infelicità sia proprio la spiegazione giusta. Questo perché anch'io ci sono passato: non stavo bene da solo, quando ero depresso. Non che uscissi, anzi allora ero molto più solitario e meno socievole di quanto io sia ora. E visto che sono stato sempre un salutista astemio, potevo "stordirmi" solo svolgendo compiti che mi impedissero di pensare: un'abitudine così radicata che ancor oggi spesso tendo a distrarmi come accadeva allora.

Ora però ho imparato a volermi bene e a star bene da solo. Certo, ancora soffro un po' la noia e ho sempre voglia di fare qualcosa, vista la mia personalità ossessiva; di sicuro però non lo svolgo più queste attività più per evitare pensieri negativi o anche solo il confronto con me stesso. Non più, almeno, e come ho smesso io, possono riuscirci tutti.

Se poi uno vuole può incolpare il coronavirus, il governo, il sistema, il nuovo ordine mondiale o i rettiliani, fatti suoi, ma la realtà è un'altra. Ossia, che se uno non sta bene da solo è un suo esclusivo problema, che può manifestarsi in tanti modi, non solo in questa particolare situazione. Come è vero che, se uno non si mette in testa di risolverlo con le proprie energie e la propria volontà, non c'è nessun altro, neppure di intimo, che potrà mai fare niente in merito.

Sarebbe bello se sempre più persone potessero rivoluzionare la propria mentalità e vivere meglio tante situazioni, anche slegate dall'epidemia. E, in generale, sarebbe un mondo migliore se tutte le persone potessero imparare ad apprezzare quanto di buono tranquillità e solitudine hanno da offrire: io le conosco bene e posso testimoniare di che grande valore abbiano. Ma sono molto scettico in merito: magari qualcuno ci riuscirà anche in questo periodo, ma la maggior parte ha pochissime speranze.

Dopotutto, per le proprie sofferenze è molto più semplice e comodo dare la colpa a qualcun altro. Se non altro, se è il governo italiano ad avercela con te, tu da solo cosa puoi fare? E, magari ti inventi proprio questa storia perché, nel profondo, sai anche tu che l'unico ad avercela con te sei tu stesso. Solo che non hai voglia di lavorare per cambiare la situazione.

Ma se vuoi fai pure così, e dai la colpa a chi ti pare. Sarà cinico dirlo, ma alla fine il problema è solo tuo, e lo sarà anche quando la quarantena finirà del tutto. Certo, a meno che questo problema non metta a rischio anche solo un'altra persona oltre a te stesso: in quel caso, come ho già detto, non c'è alcuna giustificazione che possa salvarti dall'avere torto marcio.

Magari qualcuno dirà che mi sbaglio, ma io la penso così: se hai bisogno di uscire e stare con gli altri a tutti i costi per stare bene, vuol dire che non sei del tutto felice con te stesso. E se non sei felice con te stesso, come ho detto, non credo tu possa essere definito una persona felice in generale. Solo se sai essere felice anche stando da solo puoi esserlo.

La domanda: e tu stai bene con te stesso? Come vivi la solitudine, in generale?

2 commenti:

  1. Ciao! Ti do ragione riguardo a questo argomento, se una persona non sa stare da sola con se stessa è segno che qualcosa non va. Questo lockdown ha messo molta gente di fronte a un disagio che probabilmente manco conosceva, visto che prima non lo aveva mai affrontato. Non a caso si prevede che ci sarà un grande bisogno di assistenza psicologica a breve. Per me il lockdown non è un problema, sto molto bene con me stessa.

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    1. Non posso far altro che concordare su tutto, la penso così anche io, anche su come vivo il lockdown ^_^ .

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