martedì 24 marzo 2020

Il pubblico e l'impoverimento culturale

Negli ultimi tempi, tutti noi non abbiamo fatto altro che pensare, parlare e scrivere dell'emergenza coronavirus. Comprensibile, visto che è un grosso problema e crea disagi, piccoli o grandi, più o meno a chiunque; tuttavia, finché l'epidemia non passerà, nulla di ciò che possiamo dire cambierà le cose. Perché non pensare ad altro, mi sono chiesto quindi? Dopotutto, ci sono tante altre cose che accadono nel mondo: per esempio, proprio oggi in Italia è arrivato Disney+.

In quanto fan di Star Wars ansioso di vedere The Mandalorian e altre serie TV di questo universo, non ci ho pensato due volte a fare il pre-abbonamento in sconto diversi giorni fa. Ma non è solo Star Wars: nonostante il costo superiore alla media, l'offerta di Disney+ è così ampia e interessante che ne vale la pena. Nonostante questo, l'ho fatto senza grande entusiasmo nei confronti dell'azienda che rappresenta. 

Viste tutte le volte che cito Star Wars al suo interno, R2-D2
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Io non sono di quelli che si stracciano le vesti davanti al fatto fatto che ormai Disney abbia quasi il monopolio su tanti franchise di punta del fantastico (e non solo) al cinema. Però, è anche vero che una simile concentrazione potrebbe avere alcuni effetti negativi.

Il primo che mi viene in mente è che, già in diversi campi, l'azienda in questione ha dimostrato poco coraggio nell'ambito dell'innovazione, limitandosi invece a riproporre sempre gli stessi schemi. Spesso lo ha fatto anche con successo: bene o male i classici Disney rimangono di buon livello, come anche i film dell'universo Marvel. Ma altre volte il risultato è stato scadente, come nel caso degli ultimi Star Wars.

Non è questo il problema principale, tuttavia: quello che mi dà più noia è invece che la Disney - e lo stesso fanno anche aziende simili, non solo in ambito cinematografico ma della cultura in generale - preferisce investire solo sui suoi franchise di successo, il che col tempo toglierà sempre più spazio per nuove storie e nuovi mondi. Si tratta di un processo già in atto, e che io spero possa fermarsi presto: tuttavia, non vedo nulla che possa stopparlo per ora.

Giusto per fare un esempio, rimanendo sempre nel mondo del cinema: si potrebbero fare decine di film tratti da grandi romanzi di fantascienza, che con le tecnologie digitali di oggi potrebbero venire uno spettacolo. Non lo si fa perché, in questo genere, si preferisce dedicare i propri fondi a franchise già di successo, come Star Wars: per quanto mi riguarda, da fan sarebbe anche un bene, se fosse fatto a regola d'arte. Ma visto che non lo è, allora preferirei di gran lunga vedere altro sul grande schermo: altro che però, per colpa di questo appiattimento, probabilmente non ci arriverà mai.

Tuttavia, pur non amando questo atteggiamento della Disney, non la incolpo per questo fenomeno; anzi, devo dire che il suo comportamento in merito ha un senso ben comprensibile. In fondo parliamo di quella che in primis è un'azienda, e in quanto tale punta in primis al profitto: perché quindi dovrebbe imbarcarsi in progetti destinati a fallire?

Piuttosto, la responsabilità è di chi materialmente farebbe fallire quei progetti, ossia il pubblico in sé. Un pubblico che, come ho denunciato in altri post in questi ultimi anni, è ormai da parecchio tempo arroccato attorno a un forte conservatorismo. Una forma mentis che lo porta a osannare gli stessi noiosi schemi ripetuti all'infinito e a stroncare chi prova a fare qualcosa di nuovo.

Dopotutto, se l'ultimo film del già citato Star Wars fa pena è perché invece di avere un'idea di trama alle spalle, l'unica idea era quella di sfruttare la nostalgia per la propria infanzia dei fan . Mentre altri film di fantascienza che potevano diventare una saga (per esempio, Macchine Mortali, che coi suoi difetti rimane comunque originale e intrigante) sono stati bistrattati a morte.

Certo, la colpa in parte è anche della Disney: col potere che ha, di sicuro potrebbe cercare di cambiare questo status quo, per esempio attraverso il marketing e, soprattutto, puntando sulla qualità - cosa che in parte già fa al momento. Ma sarebbe lo stesso difficile riuscirci, visto che il pubblico ormai non riesce più a riconoscere ciò che è valido: da questo punto di vista il lavoro da fare sarebbe culturale.

È un compito che un'azienda non può e non dovrebbe neppure fare: il processo deve partire in primis dalle singole persone. Anche per questo, un cambiamento sembra quasi impossibile. Una speranza resta sempre: chi lo sa, magari la quarantena causata dal coronavirus farà in modo che il pubblico possa riscoprire storie sconosciute ma valide.Tuttavia, io da questo punto di vista non sono ottimista: penso che solo con tanto tempo e tanti sforzi da parte di chiunque lavora nel mondo del cinema e della cultura in generale si potrà andare oltre questo appiattimento.

La domanda: per te, di chi è colpa l'impoverimento del cinema e della cultura in generale? Delle aziende che la propongono, o del pubblico?

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