Dedico questo racconto a Michele, un altro dei miei lettori. La ricchezza di particolari è dovuta al fatto che mi sono ispiratato ad una storia vera, anche se la parte paranormale e onirica è ovviamente una mia completa invenzione.
Il giovane e l’iliaco
Michele aspettava il suo amico con un certo nervosismo passeggiando avanti e indietro davanti alla tomba di Antenore, il leggendario fondatore di Padova, nella piazza omonima. Fino a quel momento era andato tutto bene, quel giorno: era persino riuscito ad acquistare una buona quantità di dischi a basso costo, e la cosa lo rendeva ovviamente felice, anche se aveva speso forse troppi soldi, e sapeva che ne avrebbe spesi alti nel prosieguo del giorno. Il suo nervosismo era dovuto al fatto che colui che doveva incontrare non era propriamente un amico, ma invece una persona conosciuta attraverso Msn. E se su internet gli era sembrato simpatico e divertente, non sapeva se nella realtà sarebbe stato lo stesso. Inoltre, in un momento di scarsità monetaria, Michele gli aveva chiesto, sempre via chat, di comprargli un biglietto per il Priest Feast, il concerto a cui avrebbero suonato prima i Testament, poi i Megadeth e infine i Judas Priest, e a cui il suo “amico” aveva deciso di partecipare. Un concerto del genere non si vedeva quasi dai mitici eighties, perciò il giovane non sarebbe potuto mancare, ed era quindi contento che il suo amico avesse accettato la sua richiesta; tuttavia non sapeva se fidarsi di questa persona, magari poteva essere un biglietto contraffatto o falso, avrebbe potuto pagare 52 euro per un pezzo di carta straccia, e questo lo rendeva ancora più nervoso. Del resto, non lo conosceva affatto, ne conosceva gente del centro Italia, da dove “l’amico” proveniva. Controllò nervosamente l’orologio: le sedici e cinquantadue. L’appuntamento era alle 17, e lui era arrivato decisamente troppo presto.
Il tempo passò, e passò, e passò ancora, ma della persona che aspettava nessuna traccia. Dopo parecchi minuti, Michele cominciò a stizzirsi, e man mano che passava ancora del tempo, i suoi dubbi e le sue incertezze crescevano sempre di più, insieme alla sua rabbia. Alla fine, l’irritazione prese il sopravvento, e sciolto ogni dubbio, il giovane decise di andarsene, ma proprio in quel momento realizzò improvvisamente che qualcosa non andava. Non solo il suo “amico” non arrivava all’appuntamento, ma da qualche tempo non si vedeva anima viva, ne nella piazzetta, ne in via San Francesco davanti a lui, ne nella riviera Tito Livio, l’arteria che costeggiava la piazza, nessuna auto, nessun pedone, nulla. Adesso che se ne accorgeva, il silenzio regnava, e cominciava a diventare quasi assordante alle sue orecchie. La notte incombeva e i lampioni illuminavano il buio di una pallida luce arancione che rendeva il tutto ancora più spettrale di quanto già non fosse. Nelle finestre delle abitazioni attorno, invece, non si scorgeva la benché minima fonte luminosa, l’oscurità regnava incontrastata, e così era anche per la libreria Feltrinelli dall’altra parte della strada di fronte, per la facoltà di diritto comparato sull’altro lato dell’arteria e per il palazzo della procura dalle sue spalle.
Ormai abituato a quel silenzio, Michele sussultò violentemente quando d’un tratto sentì un suono alle sue spalle, un rumore sinistro quasi come uno strusciò di pietra su pietra, un sibilo molto strano. Istantaneamente si girò, e alle sue spalle c’era una figura umana, che sul colpo lo spaventò molto. L’uomo che aveva alle spalle era evidentemente molto anziano, alto e magro, con una testa completamente calva e una lunga barba bianca; nel suo volto Michele scorse qualcosa di familiare, di molto familiare, anche se non riuscì a capire cosa fosse. I vestiti del vecchio sembravano simili a degli stracci consunti, ma tutto sommato l’uomo non aveva l’aspetto del mendicante, al contrario sembrava come circondato da un aura di saggezza quasi mistica. Passato lo spavento, il giovane decise di rivolgersi all’uomo. Gli chiese chi era, e se sapesse cosa stava accadendo lì. Quando il vecchio rispose, egli seppe che l’anziano non era certamente italiano, e nella lingua che parlava sentiva giusto qualche assonanza con i linguaggi che conosceva; tuttavia, non sapeva neanche lui in che modo, riusciva a comprendere ogni parola che lo straniero diceva, come se una voce gli stesse parlando direttamente nel cervello. Capì che il vecchio in realtà era Antenore, l’eroe troiano della guerra contro gli achei che nella leggenda aveva fondato la città di Padova. Mentre parlava, Michele si accorse che la tomba alle spalle del suo interlocutore era aperta, il sarcofago era scivolato da un lato, e ciò gli causò dubbi ma soprattutto sgomento. Nonostante ciò, il giovane decise di rimanere ad ascoltare il vecchio, e per quanto fosse dubbioso, la versione di questi gli sembrò l’unica che spiegava quella oltremodo bislacca situazione.
Bel racconto..tanto più che mi sembra di conoscere il protagonista ;)
RispondiElimina(P.S. per l'"ottimo", era sarcastico)