martedì 25 febbraio 2020

Quanto conta la commercialità di un'opera?

"Commerciale": nella nostra lingua, solo poche parole riescono a essere più controverse. Di solito, nella mia esperienza ho visto darle soprattutto un'accezione negativa, con molte persone che cercano di rifuggire dalle opere così bollate, di qualsiasi natura siano (libri, film, album, eccetera). Ma, dall'altro lato, so anche dei tanti, tantissimi che invece amano solo ciò che è "da grande pubblico", e snobbano tutto il resto. Quali dei due è l'approccio più giusto?

Per quanto mi riguarda, nessuno dei due: sono entrambi estremismi, e in quanto tali entrambi sbagliati. Perché basta un po' di apertura mentale per accorgersi di un fatto fondamentale: non è detto che un'opera molto di nicchia debba essere per forza valida. Come non è detto che una fatta soltanto per essere venduta alla maggior parte del pubblico sia per forza scadente.

No, non è questo l'underground di cui parlo qui!
Visto che la conosco così bene, grazie alla mia ampia collezione di dischi, posso testimoniare che per la musica metal questo principio è sacrosanto. Ci sono migliaia di esempi che potrei fare in merito: in primis, il fatto che buona parte dei gruppi considerati "big" lo sono con merito.

A volte, è vero, ciò è legato all'importanza storica: i primi gruppi a inventare un certo sottogenere di sicuro sono avvantaggiati rispetto ai successivi. Ma non basta essere innovativi, visto che un sottogenere si forma di solito a partire da tantissime band, e solo poche riescono a raggiungere davvero la fama. E, dall'altra parte, esistono gruppi che, senza creare nulla, riescono lo stesso a fare molto bene: anche nel loro caso, se arriva, la fama è meritata.

Certo, ci sono anche dei fenomeni da baraccone, creati a scopi proprio commerciali, che a mio avviso potevano anche non esistere: la musica non ne avrebbe sentito la mancanza. Ma sono casi non troppo diffusi: la maggior parte dei gruppi più famosi, anche quelli più ammiccanti, ruffiani o nostalgici, di norma ha un suo perché, almeno per quanto mi riguarda.

Grazie a Heavy Metal Heaven, con cui ho potuto esplorare bene anche il cosiddetto "underground", posso dire che le stesse dinamiche si possono trovare anche al suo interno. Tra le band più di nicchia, se ne nascondono diverse di gran livello, e alcune di esse sono anche innovative, o comunque hanno una spiccata originalità. Tuttavia, sono gruppi che non riescono a sfondare, e difficilmente lo faranno in futuro: in questo caso, la loro bravura c'entra poco.

A volte è una questione di incompatibilità: ci sono generi metal davvero difficili anche per chi è avvezzo al genere, quindi chi è molto sperimentale riesce a piacere solo a pochissimi. In molti altri casi, però, non è questo il limite maggiore: in certi casi, mi è capitato di incontrare un muro costituito dall'incapacità di valorizzarsi. Ma più spesso il fattore determinante è la semplice sfortuna, che non dà a questi gruppi le giuste chance per emergere.

Dall'altra parte però è anche vero che una gran parte delle band underground lo è perché non ha molto da dire. Me ne arrivano a decine ogni settimana, come richieste di recensione: band che non fanno altro che accodarsi a un genere, a copiare le sue band storiche, e che finiscono con facilità per essere trite e ritrite. In questi casi, non c'entra la sfortuna, ma solo la mancanza di qualità e di una qualsiasi personalità.

Ecco perché sostengo che se qualcosa è di nicchia, non significa che sia per forza degno di considerazione: può essere che la sua scarsa fama sia meritata. Ed ecco perché, al contrario, ciò che è famoso o persino realizzato a soli scopi commerciali non deve essere scadente. Un principio che non vale solo per il metal, ma anche per la musica popolare, il cinema, la letteratura e qualsiasi altra forma d'arte simile a cui puoi pensare.

Giusto per fare qualche esempio, ognuno può pensare ciò che vuole dei film degli Avengers, anche il peggio possibile. Sono dei baracconi messi su con l'intento principale di realizzare incassi? Innegabile. Ma ciò non toglie che, oggettivamente, siano opere non solo pensate per compiacere il pubblico, ma anche con gran cura e un occhio alla qualità. Cosa che non sempre vale per produzioni minori.

Lo stesso principio si può applicare a diversi casi letterari di alto livello. Per dire, c'è qualcuno che può negare che un grandissimo bestseller come Il Nome della Rosa sia brutto? Certo, ci sono anche dei libri diventati famosi in maniera incomprensibile, visto il loro basso livello; questo però non vuol dire che lo siano tutti. E visto che a volte mi butto anche su autori più sconosciuti, posso dire che anche nell'underground letterario è possibile trovare sia capolavori che schifezze.

In definitiva la fama, lo spirito commerciale e altre questioni del genere non dovrebbero essere presi come fattori importanti per valutare la qualità di un'opera, visto che c'entrano poco o nulla. Per questo, a me piacerebbe non sentire più discorsi di questo tipo, e non importa che il concetto di mainstream sia giudicato positivo o negativo. In fondo, è solo un limite mentale: con più rilassatezza e cercando di scoprire il valore di un'opera senza pregiudizi, si può venire in contatto con molte più opere valide di quanto non si farebbe altrimenti!

La domanda: e per te quanto contano la commercialità e la fama di un'opera, sul tuo giudizio e sulla tua voglia di scoprirla?

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