giovedì 19 maggio 2011

Al di là del mare - capitolo II

Dopo il primo capitolo del racconto che sintetizza il precedente romanzo che avevo ideato, ecco oggi la seconda conclusiva parte, quella in cui il racconto assume un senso, e ha finalmente fine. Magari questo finale deluderà molti, ma è il finale che per la mia storia avevo previsto fin dall'inizio. Spero comunque che non sia una delusione per i miei lettori inesistenti.

Al di là del mare - capitolo II

Cinque anni dopo che Axel Jois era arrivato in Iburnia ed era stato ordinato confratello, i regnanti del Continente e delle isole ad esso vicine, ad eccezione dell’Iburnia, si riunirono in un Concilio Straordinario. La forza della Confraternita della Luce stava diventando troppo pervasivo, e le idee di democrazia e libertà che essa propagandava erano potenzialmente distruttive per le loro autarchie, fondate su valori come la famiglia e la servile obbedienza riverente verso i superiori. Non ci volle molto al concilio per decretare la formazione della prima Lega tra Regni, unita per contrastare l’Iburnia. La guerra era proprio dietro l’angolo, quindi: e sarebbe stata distruttiva per il grande stato del nord. Dopo aver molto riflettuto, anche considerando ciò che aveva visto cinque anni prima, infine Axel scelse, come la maggior parte dei confratelli, di arruolarsi nell’esercito reale Iburniano, come ufficiale. Odiava la guerra, ma questa volta era colpa della confraternita di cui faceva parte, se il conflitto stava per cominciare; e poi non poteva farne a meno, visto la forte amicizia personale che coltivava con la regina Numa, il senso del dovere glielo imponeva. I primi combattimenti avvennero sulla catena dei monti Pereni, che nel sud del paese collegavano la penisola Iburniana al continente. Axel Jois si mise subito in gran luce: non era un gran combattente, e non si buttava quindi nelle mischie, ma era uno stratega eccellente, e più di una volta aveva colto, con la legione che comandava, gli eserciti della Lega di sorpresa, approfittando delle strette valli e delle montagne. Essa, tuttavia, poteva contare su un vantaggio numerico schiacciante, e pian piano avanzava; tutti i tentativi di arrestarli nelle valli dei Pereni furono nulli, nonostante ivi la superiorità numerica fosse quasi inutile, ma fosse giusta. Così, gli eserciti della Lega avanzavano sempre di più, lentamente ma inesorabilmente, nella penisola Iburniana, disseminando di morti i campi di battaglia e i villaggi conquistati.

La situazione col passare dei mesi diventava sempre più disperata: si arrivò al punto che i nemici circondassero il regno di Iburnia da più direzioni, avendo conquistato più della metà della penisola omonima. Fu allora che Axel ebbe l’idea di chiedere aiuto: e quell’aiuto sarebbe arrivato non dal continente, che era unanimemente schierato contro di loro, a parte l’eccezione di qualche piccolo regno, rimasto sempre neutrale; ma dei popoli al di là del mare, gli unici che non conoscevano la Confraternita della Luce, e forse erano addirittura sopravvissuti alla Caduta. Dopo lunghe battaglie con i suoi oppositori alla corte della regina, Axel ebbe la meglio, e gli fu concesso da Numa, che era oramai un’amica intima, di partire verso est. Il giorno di inizio autunno dell’anno 625 dalla Caduta, una grande nave, colma di rifornimenti e corazzata per ogni evenienza, partì dal piccolo porto di Baloos, con destinazione l’oriente, in cerca di aiuto.

Dopo una trentina di giorni di continua navigazione verso oriente, con il vento alle spalle, senza incontrare nemmeno il più piccolo dei temporali, avvenne una mattina che la nave incontrasse una tempesta furibonda. I marinai cercarono di tenere la nave integra, ma non ci fu nulla da fare: dopo che un fulmine colpì l’albero maestro, la nave fu ingovernabile, e le continue onde alte la fecero rovesciare. Axel riuscì ad aggrapparsi ad un barile vuoto che galleggiava poco distante, e vide la nave che si inabissava, con praticamente tutti i membri ancora a bordo, legati con le cime di sicurezza. Ormai rimasto solo e sconsolato, il giovane si lasciò portare dalle onde e dalle correnti di cui era alla completa mercé. Finì dentro un banco di nebbia, ed all’improvviso, nella foschia, vide uno scoglio squadrato come fosse opera di uno scultore megalomane. Al di sopra di esso, torreggiava un gigante, enorme, la testa coronata di punte, e una strana clava che si alzava nel cielo, sicuramente pronto a colpirlo. Le storielle per bambini del suo villaggio erano la realtà! Sgomento per quella presa di coscienza, sentì velocemente che le ultime forze lo stavano abbandonando; così Axel Jois crollò, sfinito.

Jack Morgan correva tranquillo lungo il molo, facendo jogging per tenersi in forma. Era una domenica pomeriggio come tante altre, e gli piaceva fare del moto per tenersi in forma, anche se quel giorno era piuttosto cupo e nebbioso. Ad un certo punto, però, qualcosa attrasse la sua attenzione: e voltandosi, vide la sagoma di un uomo appeso ad un barile di legno, che galleggiava, apparentemente senza vita. Senza pensarci un momento, si tolse le scarpe e si tuffò, lo portò a riva e si accorse che era solo svenuto; sollevato, chiamo col cellulare il 911, per richiedere un’ambulanza.

Quando Axel aprì gli occhi, vide una luce intensa. Si ritrovò in una stanza illuminata di una luce stranissima: era questo l’aldilà? Però a parte qualche indolenzimento nelle gambe stava come sempre, e non gli sembrava di essere morto. Tentò di alzarsi, ma una donna glielo impedì, e in uno strano dialetto del Britico (una delle due lingue madri del giovane insieme al dialetto Eyriano) gli disse di rimanere a letto; ma mettendola a fuoco, Axel si accorse che la donna aveva una carnagione scura, come mai aveva visto in precedenza. Tentò di tirarsi su e di parlare, e vide la sorpresa negli occhi dei presenti nel sentire un accento che evidentemente non avevano mai ascoltato. Nei giorni successivi, apprese da colui che lo aveva salvato, il giornalista Jack Morgan, molte cose eccezionali del mondo in cui era capitato: innanzitutto che si trovava in una struttura dal nome “ospedale”, che in quella cultura serviva a curare i malati tramite una specie di potere magico chiamato “medicina”, non come nel suo mondo dove ogni malattia era spesso mortale; scoprì la città in cui si trovava si chiamava New York, nello stato chiamato Stati Uniti d’America. Scoprì poi, meravigliato dall’averlo già pensato a suo tempo, che lì la Caduta non era avvenuta. Anche Morgan era stupito da lui: il continente da cui proveniva, loro lo chiamavano “Europa”, si pensava fosse completamente disabitato. La Terza Guerra Mondiale, scoppiata oltre seicento anni prima, aveva inquinato la Terra con le radiazioni nucleari, uccidendo vincitori e vinti: solo il continente americano era rimasto fuori dall’inverno nucleare che aveva dominato nelle restanti terre, grazie a dei deflettori elettrici posti a poca distanza dalle sue coste, i quali distruggevano tutta la materia che vi andava a contatto (quindi probabilmente suo padre era probabilmente morto disintegrato da quegli scudi, come apprese il giovane con tristezza). Lì l’anno non era il 622, bensì il 2805, calendario standard di un’antica religione ormai morta ma che per gran parte di quei quasi tremila anni aveva dominato nel continente ed anche in quel paese. Eppure, a quanto pareva, in Europa si poteva ancora sopravvivere, le radiazioni si erano depositate al suolo, visto che comunque una civiltà nuova era nata dai carboni di quella vecchia. Morgan gli spiegò poi in cosa consisteva la loro magia: loro la chiamavano “scienza”, ed era una forma di conoscenza matematica del mondo, che gli consentiva di manipolarlo a suo piacimento. Ecco perché le luci erano di quel tipo (grazie a un fenomeno noto come elettricità), ecco perché si era potuti costruire una città così strana come quella in cui il giovane si trovava, ed ecco perché tanti aggeggi che nei giorni seguenti Axel poté ammirare avevano poteri miracolosi: vedere cosa succedeva da lontano e parlare con le persone che c’erano, addirittura volare nel cielo e ancora più su, con dei veicoli chiamati “astronavi”. Il giovane fu strabiliato da quel mondo scientifico; ma in cuor suo, ora che aveva attraversato il mare, c’era solo quello che aveva lasciato di là: il regno di Iburnia e in particolare la regina Numa.

Mentre Axel Jois recuperava gli stenti del viaggio in mare, il suo divenne un caso mediatico internazionale, grazie anche agli articoli di Jack Morgan. Perché non si sapeva nulla dell’Europa? Eppure i satelliti fotografici la sorvolavano ancora: perché non appariva traccia nelle loro foto della cultura che vi era rinata? Nelle indagini giornalistiche che seguirono, saltò fuori uno scandalo enorme: c’era un accordo immediatamente successivo alla Terza Guerra Mondiale tra tutti i paesi americani, che intimavano di non intervenire, cosa che costò le dimissioni obbligate di tutti i capi di stato e di tutti i membri dell’intelligence che sapevano dell’accordo. Con la classe politica rinnovata, c’era la possibilità di tornare in Europa, per Axel: e in un discorso al senato degli Stati Uniti, il giovane usò tutta la capacità oratoria che aveva imparato nella Confraternita per convincerli ad aiutare l’Iburnia. Ebbe l’effetto che voleva: e quel giorno stesso, fu definito un programma di aiuto all’Iburnia.

Gli Harrier a decollo verticale e gli elicotteri, portati dalle portaerei che per la prima volta dopo oltre sei secoli navigavano nell’Atlantico, dovettero solo sorvolare la zona dell’atterraggio, senza nemmeno sparare una singoli munizione, che gli eserciti della Lega, formati da contadini ignoranti e poco disciplinati, fuggissero via del tutto spaventati, disimpegnando il fronte. Il regno di Iburnia ormai constava di un centinaio di chilometri quadrati schiacciati sulla costa, ma dopo l’arrivo degli aiuti da parte degli Stati Uniti, tornò alla sua originaria estensione in brevissimo tempo, fino al naturale confine dei monti Pereni (o Pirenei, secondo la dizione antica). Gli altri stati sarebbero stati di nuovo civilizzati pacificamente con il tempo: ma ora contava solo che l’Iburnia, che nell’antica Europa occupava le zone di Spagna e Portogallo, fosse finalmente in salvo. Axel vi tornò con le nuove conoscenze scientifiche e filosofiche. Così ebbe finalmente la gloria che tanto anelava, ma non solo: la regina Numa, che ormai provava più dell’amicizia per il giovane, si dichiarò al giovane, il quale da tempo ricambiava i suoi sentimenti. E così, Axel Jois di Eyria/Irlanda divenne re, ed insieme alla regina Numa di Iburnia/penisola Iberica vissero insieme, felici e contenti, per tutta la vita; e dopo la morte vennero ricordate, in patria come altrove, tra le figure più importanti della storia del genere umano tutto.

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