Al di là del mare - capitolo I
Axel Jois era da sempre un ragazzo molto strano: invece di passare il tempo libero ad uscire con i ragazzi della sua età, se ne stava spesso da solo, sognando ad occhi aperti. Immaginava di diventare un nobile cavaliere, di poter conquistare gloria e onori con una spada in pugno; ma il suo sogno più grande era, per qualche strano motivo che nemmeno lui comprendeva appieno, attraversare il grande mare Oceano. Sapeva che nessuno era mai tornato da quella traversata verso l’ignoto, e tra questi c’era, purtroppo, anche suo padre: ma il suo sogno era vedere cosa vi fosse dall’altra parte. Le madri del villaggio raccontavano ai figli, da piccoli, che oltre il mare c’era una terra pieno di malvagi giganti, che mangiavano gli uomini; ma nessuno sapeva con certezza la verità, poiché nessuno era mai ritornato. Axel però voleva scoprirlo; e così passava le giornate in cui non doveva lavorare nei suoi campi al di sopra della scogliera vicino casa sua, fissando l’orizzonte ad ovest, fantasticando. Tuttavia, nonostante le grandi qualità intellettive che possedeva, e nonostante i suoi grandi sogni sogni, Axel Jois sarebbe rimasto fino alla fine dei suoi giorni un povero contadino come tantissimi, in quelle zone dell’isola di Eyria, se nella sua vita non fosse entrata la Confraternita della Luce.
Il quindicesimo giorno del secondo mese di primavera dell’anno 619 dalla Caduta sembrava un giorno come tanti altri. Axel tornava a casa da una fiera in città: dopo aver per tutto il giorno venduto le prime verdure di stagione, ricavandone un modesto gruzzolo, aveva passato la notte in una locanda, ed era ripartito la mattina seguente, arrivando al suo paese per l’ora di pranzo. Andò subito a pagare i tributi sulle vendite al tempio dei Due Dei, e poi fu finalmente libero di tornare a casa sua. Lì, insieme a sua madre Jeann, trovò una persona che mai aveva visto in vita sua; sorpreso, visto che le visite erano scarse, chiese lumi timidamente. L’uomo, dal portamento solenne, si presentò come Karl Bron: con voce ferma, gli disse che era un membro della Confraternita della Luce, ed era venuto lì ad invitarlo a diventare un confratello, visto che stava per diventare maggiorenne, ed era inoltre il figlio di un uomo che prima della scomparsa in mare era un alto confratello. Axel fu sgomento: non riusciva a credere che suo padre potesse essere uno dei membri: era noto infatti che essi erano persone blasfeme e fuorilegge, che dovevano essere denunciati alle autorità per essere catturati e giustiziati. Apprenderlo fu quindi un colpo morale gigantesco, e le centinaia di emozioni contrastanti spinsero il giovane a fuggire via di casa. Corse per un po’ senza metà, poi ricordò un fatto importante: da qualche giorno, una legione del regno di Eyria era accampata nella zona per riscuotere le tasse dai vari templi e reclutare tutti i primogeniti maschi di vent’anni o più: perciò, spinto dal suo forte senso di giustizia, corse al campo militare.
Appena gli fu data udienza dal generale, Axel riferì ciò che era successo a casa sua; quando finì, l’ufficiale gli assicurò che avrebbe immediatamente preso provvedimenti, contro il fuorilegge. Appena fu fatto uscire dalla tenda, il giovane fece per andarsene: ma qualche strana sensazione lo fece tornare indietro, e si accostò di nuovo alla tenda. Lì apprese cosa il generale intendeva fare: visto che la città aveva ospitato un confratello, andava spazzata via, come decretato dai regnanti di Eyria oltre cinquecento anni prima. A quel punto, pieno di sgomento, Axel corse verso il villaggio, conscio del grande errore che aveva fatto: ma nel tragitto, ad un certo punto, inciampò, e cadde in un basso burrone, svenendo sul colpo. Passarono delle ora prima che rinvenisse; così, quando il giovane riprese coscienza era ormai troppo tardi. Arrivato al villaggio, non poté far altro che constatare, con la morte nel cuore, che era stato distrutto, le capanne erano tutte crollate e molte di esse erano ancora in fiamme; e ovunque, erano sparpagliati e ammucchiati i corpi degli abitanti, con i volti corrucciati in agghiaccianti espressioni di orrore. La sua casa era fuori città, circondata da boschi: ma era stata comunque scoperta dai soldati, e stava già andando a fuoco quando Axel arrivò nei suoi pressi. Il giovane si acquattò dietro a dei cespugli quando sentì un rumore, e dal suo nascondigli vide sua madre trascinata via da due soldati. Uno di loro si era già slacciato i pantaloni, e si accingeva ad abusare di lei, mentre l’altro la tirava per i capelli, per costringerla: ma l’eccessivo suo scalciare e ribellarsi lo indispettì, e dopo averla spinta a terra, con una mossa secca estrasse la spada, tagliandole di netto il collo. Axel pianse ed urlò di dolore silenziosamente, mentre i soldati lasciavano casa sua tornando al campo, e poi, appena si furono allontanati, si alzò e corse a lungo per i boschi, accecato dal dolore, finché non andò a sbattere contro una staccionata. Il giovane conosceva quel posto, si vedeva dalla collina su cui casa sua era edificata: era un casolare dell’Epoca Antica in rovina.
La storia narrava che una volta le conoscenze dell’uomo si spingevano fino all’uso della magia, che era un dono dei Due Dei e necessitava di grandi saperi per essere adoperata. Ma gli uomini, invece di usare tutte le loro conoscenze magiche per riverire gli Dei e per vivere in pace, si ribellarono ad essi rinnegandoli, utilizzandole per costruire opere solo a scopo di celebrare se stessi e la loro sete di potere e di ricchezze. Perpetuarono ogni sorta di barbarie, utilizzando conoscenze occulte e la magia nera; ed alla fine, inevitabilmente la punizione divina scese su di loro. I Due Dei dannarono la Civiltà Antica e alla fine la distrussero completamente: oltre seicento anni prima avvenne così la Caduta, un evento di cui non si conoscevano le modalità. Ciò che era certo era che il Dio della Terra e la Dea del Cielo si erano scatenati in una guerra immensa, causando migliaia e migliaia di morti, fino all’annientamento totale di ogni retaggio dell’Epoca Antica. La stregoneria degli Antichi era però molto potente e resisteva al tempo, e gli antichi fattucchieri avevano legato le loro anime a ciò che avevano creato: così i loro spiriti diabolici infestavano ancora quelle opere della loro follia, anche se rase al suolo; ed erano pieni di rabbia per la loro atroce fine.
Con la paura degli spettri, ma anche con la forza della disperazione, Axel sorpassò la staccionata ed entrò nella grande villa in rovina. Si aspettava di essere attaccato da quei fantasmi, ma vide solo monconi di una grande abitazione, molti strani oggetti e nulla più. La paura stava quasi per abbandonarlo quando sentì un rumore, e fu il panico; ma voltandosi, non vide un essere demoniaco, bensì un volto conosciuto, quello di Karl Bron. La rabbia per la distruzione del suo villaggio salì in lui, e cercò di colpirlo: ma il confratello lo schivò con facilità, lo immobilizzò in un attimo, e gli parlò con calma. Gli disse che gli dispiaceva molto per quanto accaduto, e ancor di più per non essere riuscito a salvare sua madre, ma che non era stata colpa sua, e nemmeno colpa del giovane: la colpa era dell’ignoranza degli uomini e nell’obbedienza dell’esercito, sempre zelante nel perpetuare massacri. Gli disse poi che era sicuro rimanere lì, in quelle rovine, che le storie degli spettri erano appunto storie, ma utilissime per cacciar via coloro che non facevano parte della Confraternita; e offrì di nuovo ad Axel di diventarne membro, ma egli si riservò di pensarci su: e così i due uomini si approntarono tra quelle pallide rovine, per passare la notte. Il giorno successivo, dopo un’attenta riflessione, il giovane accettò la proposta di Bron. Aveva ragione, il confratello: non era, in fin dei conti, colpa sua se era successo quell’orrore, ma semmai dell’esercito, che aveva distrutto il villaggio in maniera insensata. Una breve visita alla tomba di sua madre, che il confratello aveva scavato prima che il giovane si svegliasse, e poi i due se ne andarono per la loro strada.
Passarono profondissime gole scavate nella roccia viva, campi e buie foreste; e poi attraversarono gli altipiani desertici che erano sparsi qua e là, come disseminate erano le antiche città in rovina, dove i due si rifugiavano per la notte. Ad ogni nuovo paesaggio Axel si meravigliava di quello che vedeva, e anche se il pensiero correva sempre per ciò che aveva perso nella distruzione del villaggio, era comunque felice di star compiendo quel viaggio attraverso le bellezze della natura. Quando varcarono il confine tra l’Eyria e il regno di Norlann, però, Axel conobbe un’altra realtà: da lontano, videro un campo di battaglia, dove infuriavano in quel momento combattimenti. Gli uomini si uccidevano l’un l’altro, combattevano perché costretti da generali e da re che li usavano come pedine, senza minimamente curarsi di loro, solo per il potere personale e del proprio stato. Ciò che il giovane aveva sognato era in realtà un orrore, ed egli all’improvviso non voleva più andare in guerra, che nessuna gloria c’era, ma solo morte. Passato il fronte, il viaggio intanto continuò, e arrivò all’estremo occidente dell’isola di Eyria. Qui vi era un approdo segreto della Confraternita, dalla quale Karl Bron e Axel Jois salparono.
Era l’inizio dell’estate quando la nave, dopo vari scali, e navigando verso nord, arrivò nel caldo regno di Iburnia, che era l’unico stato nell’intero continente conosciuto a dare grande libertà alla Confraternita della Luce, essendone quindi la sede ideale. A Mador, la splendida capitale del regno, in pochi mesi Axel imparò tutto ciò che doveva sapere per essere un confratello. Assimilò le tecniche di combattimento e la tattica militare, ma studiò molto anche gli usi e costumi degli uomini dei vari paesi. Apprese in particolare qual’era lo scopo principale della Confraternita, ossia tornare a conoscere il mondo come prima della Caduta, e conoscere cosa era avvenuto in quell’evento. Nel culto dei Due Dei, come negli altri piccoli culti diffusi qua e là, la Caduta era causata dai malvagi poteri dei Tempi Antichi. L’opinione dei confratelli era un’altra: se quei poteri avevano innescato un evento di tale potenza, dovevano essere grandiosi, ma non necessariamente malefici; così, se si fossero potuti controllare, invece che per distruggere si potevano usare per scopi costruttivi, come migliorare la vita della maggior parte delle persone, ancora sottomesse a stupide e spesso barbare credenze, e che morivano senza motivo a causa delle guerre e dei capricci dei potenti. C’era anche dell’altro, però: i principi filosofici della Confraternita erano valori come l’amicizia, il coraggio, la fratellanza, la ricerca della libertà e della felicità, valori che cozzavano di gran lunga con quello che l’educazione religiosa aveva inculcato ad Axel. Il giovane era così inizialmente reticente a quelle idee, ma man mano che studiava capiva che non potevano essere che giuste e logiche; ed in pochissimo tempo le abbracciò e le sviluppò ulteriormente, divenendo uno tra i confratelli più rispettati, nonostante la sua giovane età, oltre che un influente membro nella corte della democratica regina Numa di Iburnia, che tanto stimava la Confraternita.
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