giovedì 23 gennaio 2020

Ultimi pensieri

Come ho detto nello scorso post, mi piacerebbe impostare la nuova stagione di Hand of Doom all'insegna della leggerezza. Questo però non vuol dire che mancheranno post più seri o riflessivi: ogni tanto invece ne posterò ancora. Ed è il proprio il caso di questo racconto, che è sì fulminante come quelli che ho postato in passato, ma non altrettanto scherzoso.

Tra l'altro, era quasi un anno che non ne postavo uno su Hand of Doom. Dopotutto, non è un tipo di contenuto molto apprezzato, visto che attira molte meno visualizzazioni e commenti rispetto ai post normali. Ma visto che io sono qui non solo per farmi leggere, ma anche (e soprattutto) per avere un mio spazio espressivo, dove fare ciò che voglio, ho deciso da quest'anno di postarne qualcuno in più.

Questo tra l'altro non è solo un semplice racconto, ma può essere anche visto come un manifesto per esprimere le mie opinioni, in particolare sulla grande questione ambientale di questi ultimi anni. Anche per questo, spero che lo leggerai, visto che è breve; nel caso non lo facessi, però, pace, ti aspetto sul prossimo post!

Ultimi pensieri

Non so perché sto scrivendo questo. Non per i miei simili, certo che no: ormai siamo rimasti in pochissimi, e la maggior parte di noi vive sotto terra. Come dar loro torto: ormai è l’unico posto rimasto sicuro sulla faccia di questo pianeta. Ma anche loro non hanno alcuna speranza: si salveranno per un po’ dalle calamità che flagellano la superficie, ma dopo qualche decina di generazioni anche loro avranno la peggio. Ci estingueremo come faranno tutte le altre specie viventi, e questo pianeta rimarrà solo una landa desolata, divorata da un effetto serra spaventoso. Come faccio a saperlo? Non è una mia supposizione: io l’ho visto.
Mentre guardo fuori, non posso far meno di sorridere amaro.  Sorrido, perché vista la mia lunga vita ricordo com’era il mondo una volta. Era un posto che sapeva essere brutale, senza dubbio: la natura lo è per definizione. Ma sapeva anche essere accogliente: di sicuro, il cupo fronte temporalesco che vedo avvicinarsi veloce, ribollente, non lo è affatto.
Non è una semplice tempesta, no: è uno degli eventi estremi che erano tanto rari una volta quanto sono diventati comuni oggi. Uno di quegli eventi contro cui, per decenni, gli scienziati ci hanno messo in guardia, spingendoci a cambiare le nostre abitudini di vita. Ma nessuno li ha mai ascoltati, al massimo sono stati dileggiati.
Forse è per questo che rido amaro: anche io per molto tempo sono stato tra quelli che non li ha mai presi sul serio. Allarmisti, catastrofisti, persino ciarlatani: così li ho chiamati, anzi, li abbiamo chiamati tutti, quando ci avvertivano di inquinare meno l’aria e l’acqua, di trovare alternative ai combustibili fossili. E ancor di più li abbiamo presi in giro quando prevedevano che in questo modo la natura si sarebbe ribellata, che il riscaldamento dell’atmosfera avrebbe fatto impazzire il clima e portato così la nostra società al collasso.
Avrei continuato a prenderli in giro fino all’ultimo, ma poi ho avuto quell’incidente… quella volta in cui ho battuto la testa, e quando mi sono risvegliato potevo vedere. Vedere tutto, il futuro da un secondo a miliardi, triliardi di anni. E ricordo ancora bene quanto sgomento ho provato nel constatare, grazie a questo potere, che invece gli scienziati avevano ragione. Su tutto.
Ma forse sorrido perché, guardando avanti, ho visto che la tempesta in arrivo, più grande quasi a vista d’occhio man mano che una parola segue l’altra sul dispositivo, porrà fine alle mie sofferenze. So che spazzerà via la casa abbandonata in cui ho trovato rifugio e me all’interno: potrei anticiparla e fuggire, come ho già fatto tante volte, ma sono così stanco… basta scappare. Dopotutto, se tutto questo è avvenuto è colpa mia, e delle miliardi di persone che si sono comportante con la mia stessa noncuranza.
Però, ancora non riesco a spiegarmi perché sto scrivendo questo. So già che il congegno in cui scrivo volerà via nella tempesta: non finirà distrutto, ma quando i venti si calmeranno si poserà in un luogo così remoto che nessuno lo troverà mai. È un congegno molto resistente, uno degli ultimi parti della nostra morente intelligenza: molte persone gli hanno affidato i propri ultimi pensieri, sperando che un giorno qualcuno li avrebbe trovati e riscoperti. Ma io so che non avverrà.
Nessuno dei nostri discendenti lo farà: saranno costretti sempre più in basso sotto terra, e nel giro appena qualche anno nessuno tornerà più in superficie. E non accadrà nemmeno ciò che alcuni sperano, ossia che possano venir scoperti da qualche razza aliena di passaggio nei dintorni che possa, in qualche modo, decifrarli.
No, non perché gli alieni siano solo il sogno di qualche scrittore di fantascienza, anzi. Essi esistono, ma non arriveranno qui prima di qualche miliardo di anni, quando nessun congegno sarà sopravvissuto all’inferno che sarà per allora questo pianeta. Ma anche se fosse, se qualche messaggio riuscisse a sopravvivere, loro non farebbero in tempo a trovarlo: per esplorare nei dettagli un pianeta serve tempo. E loro non ce l’hanno.
Io so, perché mi sono spinto a guardare anche nel loro futuro, tra miliardi di anni, e quello che ho visto è stato sconfortante. Perché anche loro, proprio nei pochi decenni in cui inizieranno a esplorare il nostro pianeta, per una terribile coincidenza finiranno per suicidarsi come abbiamo fatto noi. Uccisi dall’avidità e dal concetto secondo cui la natura si possa sfruttare e maltrattare a volontà per raggiungere i propri scopi, senza alcuni timore che poi, un giorno, si possa vendicare.
Ed è anche per questo che rido: per la nostra stupidità, e per quella ancor peggiore di questa futura razza aliena. Dopotutto, il loro pianeta non è lontano anni luce: è proprio qui, nel nostro stesso sistema solare. Io stesso l’ho osservato molte volte, una stella molto brillante in cielo: ora è abitato solo da poche semplici forme di vita, adatte alle condizioni estreme di freddo che esistono lassù. Ma nelle prossime ere, lassù il clima migliorerà e la vita fiorirà. Fiorirà e poi morirà, per colpa di quegli esseri, senzienti come noi e altrettanto incoscienti.
Così incoscienti da non vederci come un monito, un avvertimento a non abusare del loro pianeta, no. Certo, ci saranno anche scienziati che paragoneranno il loro pianeta al nostro, ma anche nella loro società saranno inascoltati o presi in giro. Tutti gli altri non  faranno altro che vederci come una semplice luce in cielo, come la stella del mattino. “Venere”, chiameranno il nostro pianeta.
Per tutte queste ragioni, io rido mentre scrivo queste parole. Ma soprattutto, rido perché sento già i primi refoli di vento lambire le mura della mia casa. Ormai la tempesta è un mostro nero che occupa l’intera cupola, pronta a piombare su di me, ma non importa. Se l’universo è un luogo così pieno di stupidità, forse meglio morire che viverci dentro

2 commenti:

Il tuo commento è molto prezioso per me. Anche se mi vuoi insultare perché non ti piace quello che scrivo, fallo pure: a prendere in giro i maleducati mi diverto tantissimo! Ma a essere sincero preferisco chi si comporta bene: se lo farai anche tu, mi farai ancora più contento!