martedì 25 luglio 2017

Giudicare senza capire

Ne avrete sentito di certo parlare qualche giorno fa: lo scorso venti luglio, Chester Bennington, il cantante dei Linkin Park è stato trovato morto suicida nella sua casa. Una notizia che ha fatto il giro del mondo e ha avuto grandissima risonanza quasi ovunque, vista la fama del gruppo.

Per quanto mi riguarda, a parte per un breve periodo della mia infanzia, non sono mai stato un gran fan della band: a livello musicale quindi la notizia non mi ha sconvolto più di tanto. Mi ha però colpito che Bennington non sia morto per un incidente o per malattia, ma proprio per suicidio. E - in negativo - mi hanno anche colpito certi giudizi sul cantante letti qua e là nel web.

Come ho già detto, non sono un fan suo
né della sua band. Ma tra lui e la massa
di insensibili che lo hanno giudicato un
vigliacco, sto con lui tutta la vita.
Io ho già parlato di depressione in passato su Hand of Doom, per esempio un paio di anni fa: forse non servirebbe nemmeno aggiungere altro rispetto a quanto ho già scritto. Ci sono cose però che mi fanno davvero incazzare, è più forte di me: per esempio di chi dà del codardo o del debole a uno che decide di suicidarsi, spesso senza nemmeno conoscerlo. E di certo senza provare nemmeno per un istante a mettersi nei suoi panni.

Sarà che io sono convivo con la depressione da quasi un decennio, ma non faccio per nulla fatica a comprendere il gesto di Bennington. Io stesso ho avuto - e continuo tutt'oggi ad avere - istinti suicidi, e so benissimo quanto la morte sembri invitante, quando la vita è solo sofferenza e non si vede una via d'uscita. Oggettivamente poi una via d'uscita esiste in quasi tutte le situazioni, ma se gli esseri umani fossero capaci di ragionare sempre in maniera così razionale la depressione non esisterebbe.

Nonostante i soldi e la fama, il cantante dei Linkin Park aveva probabilmente dei grossi demoni interiori (dovuti forse anche alla tossicodipendenza passata): una sofferenza che era solo nella sua mente, ma non per questo era meno reale per lui. E quando il dolore è diventato insopportabile, non vedendo altri modi per uscirne non ha potuto far altro che prendere l'unica strada che reputava praticabile, nella sua percezione distorta dalla depressione.

A me tutti questi concetti non sembrano nulla di difficile, ma è evidente come non sia così per tutti: pare anzi che molti non riescano a capire. Io non saprei dire se è perché non hanno mai provato la depressione, quindi non sanno come ci si sente, oppure se proprio non provano a immedesimarsi in un'altra persona, perché richiede tempo e introspezione. Probabilmente è una somma delle due.

Ma il vero problema non è questo: in fondo tutti abbiamo cose che non siamo in grado di comprendere per inclinazioni personali, carattere o difficoltà in determinati ambiti. Quello che davvero mi fa arrabbiare è lo step successivo: non limitarsi a non capire, ma sentirsi in diritto di giudicare anche dall'alto della propria ignoranza. E ancor peggio, non vergognarsi di esprimere questi giudizi in pubblico, come hanno fatto in tantissimi. Ecco, questo lo trovo rivoltante.

Quindi se non riesci a capire la depressione, pace. E se lo fai perché non l'hai mai provata meglio per te: ammetto di invidiati molto. Ma per favore smetti di dare del codardo a chi decide di suicidarsi per smettere di soffrire o a inveire contro di lui. Non devi farlo perché i morti meritano rispetto, né perché è odioso - anche se lo è, non sai quanto. Ma soprattutto perché la tua mancanza di sensibilità è causa di depressione in chi è al contrario troppo sensibile.

Almeno, per me è così: uno dei motivi per cui ogni nuovo giorno significa nuova sofferenza è a causa dell'insensibilità e della mancanza di empatia di certe persone. Sono certo che se così non fosse non sarei depresso, o almeno lo sarei molto meno di così. Io spero di non arrivare mai al suicidio, ma non si può mai sapere. In quel caso, se succederà, potrai darmi pure del codardo, ma sappi che senza il tuo comportamento così poco sensibile magari avrei potuto essere ancora vivo. Perché il problema non è la depressione: è la società che contribuisce alla sua proliferazione attraverso le persone che ne fanno parte, come succede da molto tempo a questa parte.

La domanda: cosa ne pensi della depressione? E di chi si suicida sotto il suo influsso?

6 commenti:

  1. Periodi difficili come tutti ne ho avuti, anche se non credo di aver sperimentato quella che viene chiamata "depressione".
    Penso che si manifesti quando si ha la percezione di non avere alcuna via d'uscita (il che implica che prima o poi ci passeremo tutti, credo).
    Per come la vedo adesso - e considerando la giovane età di Bennington - penso che non avrebbe dovuto farlo: potenzialmente aveva di fronte decenni di vita e le cose avrebbero potuto cambiare in meglio, prendendo un po' di tempo.
    A volte l'uscita dal tunnel c'è, solo che è molto difficile da vedere o perfino pensare che ci sia.
    Diverso è il caso di persone come quelle che scelgono l'eutanasia: per loro non si tratta di vivere o morire, ma di scegliere il modo perché tanto il risultato non cambia.
    Il suicidio rappresenta la scelta fra vivere o morire, e nel caso di coloro che scelsero di gettarsi dalla Twin Towers o di Piergiorgio Welby di sicuro non parlo di suicidio.
    Non potevano scegliere fra la vita e la morte, ma solo il modo di morire. Non li condanno, anzi.
    Poi, non posso dire se Bennington fosse o meno sotto l'influsso di particolari medicinali o sostanze che potevano falsare le sue percezioni; né a che punto fosse arrivata la sua disperazione. Né quali ne fossero le cause.
    E a volte non è che l'empatia non ci sia: spesso siamo dolorosamente consapevoli che nulla - né pietà, ne compassione, né comprensione - può cambiare o migliorare le cose anche solo di una virgola. Capita che abbiamo parenti gravemente malati e sappiamo che non possiamo fare nulla che la medicina non stia già facendo (capita anche in questi giorni). Il massimo che possiamo fare è ascoltarli, sapendo che è meglio tacere, evitare di dire quelle che sappiamo essere sciocchezze nel tentativo - patetico - di migliorare le cose. Glielo leggi negli occhi e non puoi farci nulla.
    Qui mi fermo.

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    1. Premessa: questa non vuole essere una risposta a muso duro - anche se leggendola online senza segni di comunicazione non verbale, può sembrare ;) . E solo che a certi argomenti ci tengo, e la depressione è uno di quello. Per questo mi preme fare chiarezza sui fraintendimenti più comuni su questa malattia :).

      Tu dici, giustamente, che Bennington avrebbe avuto decenni di vita davanti. Ma chi può dire che questo fosse una cosa positiva? Per te di certo lo è, per lui invece no. Anche per me in realtà non è così: io spero in un cambiamento che possa farmi stare meglio. Ma se quel cambiamento non dovesse arrivare, piuttosto che soffrire così spero di morire ben prima che a 41 anni.

      Mi fa piacere comunque che hai citato le torri gemelle, perché una volta ho letto una bellissima metafora di quello che è la depressione. Essere depressi è come essere in un palazzo in fiamme, e chi si suicida è come quelli che si buttano di sotto. Non lo fanno per salvarsi: sanno che la caduta li ucciderà. Ma quando la sofferenza - o nel caso della metafora, il calore - diventa troppo forte, buttarsi di sotto è comunque preferibile. L'unica differenza è che nella depressione la sofferenza è tutta nella testa della persona che ne è affetta. Ma come dicevo nel post, non per questo è meno reale agli occhi di chi ne soffre :) .

      Comunque parli anche di malati. Come detto all'inizio, la depressione è di fatto una patologia, riconosciuta dagli psicologi. Non è essere semplicemente essere tristi, non si può guarire semplicemente tirandosi su di morale. Però so che è facile fraintenderla, specie per chi la conosce. Quindi se vuoi ti inviterei a conoscerla meglio, leggendo i due post che ho pubblicato qui sul blog in passato sull'argomento (uno, due.), oppure in alternativa leggi quest'articolo, esaustivo e di sicuro scritto da gente più competente di me :) .

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  2. Penso che di fronte a certe tragedie l'impotenza di molti, il voler rimuovere che "ci son anche quelle cose lì, brutte", porti a lanciarsi in giudizi cretini :D
    Comprendere o almeno tentare di farlo, implica calarsi almeno per un momento in una situazione: viviamo nell'epoca dell'anestetizzazione, del lenire e lucidare. E siamo sempre più fragili, tutti.

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    1. Ti do ragione su tutto. Specie sui giudizi cretini: non ho fatto altro che leggerne, nel caso di Chester Bennington :/ .

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  3. Le tue parole arrivano, come sempre succede quando dalla parte dell'autore c'è un sentimento forte. Seguo da anni i Linkin Park, e la morte di Chester Bennington mi ha colpita molto. Basta leggere qualcosa su di lui per avere un'idea dei suoi problemi, di cui non faceva mistero: gli abusi subiti da bambino, la depressione tenuta a bada a fatica, il recente suicidio di un amico stretto, Chris Cornell. E' sconcertante che alcune persone sentano di poter dire che il suicidio è una forma di codardia, oppure stupirsi perché la persona "aveva già tutto dalla vita". Ora, la vita e la geometria sono cose diverse. Per capire che due più due non sempre fa quattro, dal punto di vista psicologico, basta guardare a quante cazzate facciamo nella nostra vita, sabotandoci da soli. Perciò rispetto prima di tutto, anche se, come dici, c'è sempre un'altra soluzione, se solo si è in grado di vederla. Perciò R.I.P., Chester.

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    1. Più che sconcertante, direi che è davvero atroce. Anche io posso dire che coi soldi di Chester Bennington starei molto meglio: probabilmente anzi non sarei nemmeno depresso. Ma io non bevo nemmeno (altro che tossicodipendenza) e di sicuro non ho mai subito abusi, e anche per questo non mi permetterei di dire se ha fatto la cosa giusta oppure sbagliata. Non conosco la sua sofferenza, quindi non posso dire cosa avrei fatto io vivendo la sua stessa vita.

      Forse è proprio questa la stortura: non si capisce che misurare gli altri col proprio metro porta solo a dei fraintendimenti. E diventa odiosa se si pretende di giudicare una persona che non si conosce. Perché chi poteva dire di conoscere Bennington? La sua ristretta cerchia di amici e la sua famiglia, gli altri al massimo conoscevano la sua musica, le parole dei suoi testi, ma il suo intimo più profondo era inaccessibile.

      In ogni caso, mi fa piacere che le mie parole ti siano arrivate al cuore :) .

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