Lo scorso venerdì, il blog amico di Michele Scarparo ha ospitato, nell'ambito della sua iniziativa Acchiappami (se ci riesci), un interessante guest post di Marco Amato intitolato Consigli sulla lettera di presentazione. Come dice il nome, l'articolo elencava una serie di indicazioni per impostare al meglio una lettera di presentazione da spedire a un editore, allo scopo di farsi pubblicare. Tra le varie cose, si faceva cenno al fatto che le case editrici ultimamente scelgono i propri autori per il numero di fan sui social network; da questo punto, nei commenti è partita una discussione tra me e Amato, a cui ho contestato (senza toni forti e con rispetto, nella speranza che la mia assenza di qualsiasi ostilità abbia raggiunto anche il mio interlocutore) la tesi secondo cui questa sia una scelta motivata e giustificabile. Secondo me è proprio il contrario: mi pare ovvio, infatti, che scegliere un autore con tanti fan e snobbare chi non ne ha sia un'ingiustizia, si premia non il merito ma semplicemente la capacità di pubblicizzarsi, il che sicuramente non fa bene alla letteratura. In questo post vorrei però lasciar da parte il discorso "morale" per concentrarmi su qualcosa di più pragmatico: ossia, come questa scelta sia suicida dal punto di vista commerciale, dal mio punto di vista di piccolo imprenditore.
Innanzitutto, come fanno alcuni aspiranti scrittori ad avere pagine Facebook con migliaia di fan? E' molto difficile, se non impossibile, riuscire a farlo solo con contenuti di qualità, come per esempio quelli del proprio blog, se non altro perché lo stesso Facebook, coi propri algoritmi, privilegia i contenuti interni al social network e penalizza quelli esterni (come appunto i link a un sito). E' quindi necessario pubblicizzarsi in altri modi, per esempio postando foto, video, facendosi pubblicità in qualche modo o cercando l'aiuto di persone amiche che possano invitare altri fan. Sono tutti metodi legittimi e positivi per attrarre fan e uscire dall'anonimato: il problema però è che in questo modo gran parte dei "like" è composto da gente poco interessata, che magari si è unita senza nemmeno sapere che quella non era una pagina di immagini o di status intelligenti, ma quella di uno scrittore. Una cosa analoga succede a me, con le pagine delle mie webzine: nonostante basti una semplice ricerca per notare che no, non ho mai ri-condiviso comunicati stampa e video musicali, né recensito band fuori dai canoni stilistici dei siti, ogni settimana su Facebook (e non solo) mi arrivano proposte simili, a tonnellate. Questo perché molti, anche se mettono il like o interagiscono in qualche modo, hanno spesso un'idea davvero vaga di quello che una pagina è veramente.
Questo ovviamente va a significare che anche se la pagina Facebook ha diecimila like, usarla per vendere un libro porterà solo una piccola frazione dei diecimila a comprarlo. Una mia elucubrazione personale? In realtà no: ci sono anzi molti dati a suffragare la mia idea. Giusto un esempio eclatante: Give 'Em Hell, album del 2014 del cantante hard rock Sebastian Bach (famoso per essere stato nella formazione storica degli Skid Row e per le sue comparsate nel telefilm "Una Mamma per Amica" e nella versione britannica di "Tale e Quale Show"). Nonostante Bach potesse contare su oltre ottocentomila fan su Facebook, di cui circa il dieci percento stava "parlando di lui", appena uscito l'album ha venduto appena cinquemila copie: in pratica, lo zero virgola cinque percento dei suoi fan del social network di Zuckerberg l'avevano comprato (fonte). Stiamo parlando, ripeto, di un personaggio di discreta fama, non di uno qualunque, con quasi un milione di like, di certo lontanissimo da autori di discreto successo, ma che a più di qualche decina di migliaia non arrivano. Altri dati raccolti in giro per il web, anche all'interno del mondo dell'editoria indipendente, confermano le stesse percentuali, con un po' di scarto ma che non va mai troppo oltre: le percentuali più ottimistiche che ho letto sul rapporto tra libri venduti e numero di fan social si attestano sul due percento. Questo significa che un autore che abbia diecimila fan su Facebook ha la possibilità di vendere dalle cinquanta alle duecento copie del suo libro.
Questo ovviamente va a significare che anche se la pagina Facebook ha diecimila like, usarla per vendere un libro porterà solo una piccola frazione dei diecimila a comprarlo. Una mia elucubrazione personale? In realtà no: ci sono anzi molti dati a suffragare la mia idea. Giusto un esempio eclatante: Give 'Em Hell, album del 2014 del cantante hard rock Sebastian Bach (famoso per essere stato nella formazione storica degli Skid Row e per le sue comparsate nel telefilm "Una Mamma per Amica" e nella versione britannica di "Tale e Quale Show"). Nonostante Bach potesse contare su oltre ottocentomila fan su Facebook, di cui circa il dieci percento stava "parlando di lui", appena uscito l'album ha venduto appena cinquemila copie: in pratica, lo zero virgola cinque percento dei suoi fan del social network di Zuckerberg l'avevano comprato (fonte). Stiamo parlando, ripeto, di un personaggio di discreta fama, non di uno qualunque, con quasi un milione di like, di certo lontanissimo da autori di discreto successo, ma che a più di qualche decina di migliaia non arrivano. Altri dati raccolti in giro per il web, anche all'interno del mondo dell'editoria indipendente, confermano le stesse percentuali, con un po' di scarto ma che non va mai troppo oltre: le percentuali più ottimistiche che ho letto sul rapporto tra libri venduti e numero di fan social si attestano sul due percento. Questo significa che un autore che abbia diecimila fan su Facebook ha la possibilità di vendere dalle cinquanta alle duecento copie del suo libro.
Colpa della pirateria, ultimamente estesa anche all'editoria? Oppure semplicemente del fatto che i post di una pagina Facebook sono mostrati a pochissime persone e cliccati da ancora meno? Sarebbe interessante saperlo, ma il punto è un altro: di questa situazione è la casa editrice a farne di più le spese. Ci perde ben più dell'autore che magari non vedrà granché pubblicizzata la sua opera, ma non perde soldi e non rischia di chiudere. Purtroppo, la regola base del commercio è che non si può guadagnare se non si è disposti a investire: in qualità, certo, ma soprattutto in pubblicità, che è la cosa più importante. Così, se un editore non è disposto a spendere per supportare i propri autori, accontentandosi della promozione che loro stessi possono fare, potrà vivacchiare per un po', ma è destinata soltanto al fallimento; i suoi libri potranno vendere bene solo con un sostegno economico importante in ambito pubblicitario. Forse è triste dirlo, ma di fatto il marketing è molto più importante della qualità di un libro per le vendite: prova ne sono libri come Cinquanta Sfumature di Grigio, odiati da tanti scrittori per la loro banalità ma che sono diventati best-seller in tutto il mondo, sicuramente più per merito di un'arrembante campagna pubblicitaria che per qualità intrinseca. Il fatto che la pubblicità sia basilare è la prima regola che ogni imprenditore (editori compresi, quindi) dovrebbe stamparsi bene in mente: finché non lo farà, le piccole case editrici continueranno a fallire, e le grandi saranno le uniche a tirare avanti dignitosamente, anche se con un po' di difficoltà (dopotutto, anche molte di loro hanno smesso di puntare sulla qualità - ma questo è un altro discorso).
Alla fine di questo post lunghissimo (almeno per i miei canoni), ma che spero non vi dispiaccia, vi chiedo: qual è la vostra opinione su questo argomento?
Alla fine di questo post lunghissimo (almeno per i miei canoni), ma che spero non vi dispiaccia, vi chiedo: qual è la vostra opinione su questo argomento?
Prima di tutto grazie per la citazione :)
RispondiEliminaQuanto al tema del post, sono del tutto d'accordo con te e, se non ho inteso male, anche Marco la pensa sostanzialmente allo stesso modo. D'altra parte, c'è stato un caso eclatante in cui un autore si è fatto forte di un certo numero di fan per avere accesso all'editoria tradizionale e lui non ha potuto fare a meno di riportarlo.
Detto questo, però, gli editori potranno essere cattivi ma tutti quelli che non sanno fare i conti sono già chiusi: chi è ancora aperto sa bene che un conto è fare clic su "mi piace" e un altro tirare fuori 20, 10 o anche solo 1 euro.
Personalmente, la difficoltà nel tradurre clic in euro è la cosa che mi frena maggiormente dall'autopubblicazione: potrei forse vendere una copia in tutto. Il risultato di "vendite" e download di un romanzo breve, pubblicato gratuitamente, ha confermato questa tesi: ne sono state scaricate poche decine di copie. Se fosse stato a pagamento...
Per la citazione: non c'è di che ^_^ ! Forse comunque sono io che ho frainteso le idee del tuo guest-blogger. l caso eclatante invece non lo conosco, mi potresti dare lumi :D ? In fondo io non sono un gran esperto di editoria (semmai solo di imprenditoria): come base del post, infatti, ho semplicemente preso per buona l'affermazione di Amato.
EliminaComunque sia, anche io sono scoraggiato dall'auto-pubblicazione per lo stesso tuo motivo, anche se forse le premesse sono diverse: seppur il marketing online non sia il mio forte, conosco un'agenzia pubblicitaria mirate proprio sui piccoli autori che potrebbe fare promozione al mio posto. Il problema è che non ho i soldi per pagare i suoi servizi, come del resto non li ho per un editing professionale, per la copertina, ecc. Il risultato però è sempre lo stesso: probabilmente non mi auto-pubblicherò :) .
Io ho pensato si riferisse a qualcosa tipo "Tre metri sopra il cielo", che mi pare sia stato prima autopubblicato e poi ha avuto il successo che ha avuto. Però, se vuoi, possiamo chiedere lumi a Marco stesso...
EliminaA quanto ne so (ma potrei sbagliarmi :) ), si, Tre metri sopra il cielo è girato molto, in copie stampate "alla buona"... parliamo però di anni fa, quando Facebook non esisteva e il web era meno esteso di oggi. Credo quindi che Moccia abbia conquistato il suo contratto con l'editore non per i tanti fan ma per i tanti lettori (il che è leggermente diverso, anche se forse non sembra :D ). Comunque, magari non è questo il caso: se vuoi chiedi pure a lui :) .
EliminaHo chiesto lumi a Marco. Ecco la sua risposta:
RispondiEliminaL'autore in questione è Paolo Cammilli.
Pubblicò il romanzo Maledetta Primavera.
Non l'ho letto, ma a essere sincero, a naso, non penso sia un capolavoro.
Creò la pagina Facebook del romanzo che in pochi mesi raggiunse più di cento mila mi piace. A naso?
Molti (quasi tutti) comprati taroccati.
Perché con quei fan veri un autore entrerebbe spedito nelle classifiche.
Era in self, fu notato dalla Newton che pubblicò il romanzo.
Adesso la Sperling&Kupfer ha pubblicato il secondo.
La sua pagina Fb è questa:
https://www.facebook.com/Paolo-Cammilli-354418164619535/ (In pratica ha trasformato la pagina romanzo in pagina autore).
Quasi 138.000 mi piace.
E nemmeno il secondo romanzo pare entrato in classifica nonostante questa potenza di fuoco.
Se consideriamo che la pagina Newton ha 72 mila fan.
https://www.facebook.com/NewtonComptonEditori?fref=ts
La pagina Sperling: 52 mila.
https://www.facebook.com/sperling.kupfer?fref=ts
Per la serie, nemmeno i suoi editori messi assieme hanno più fans di lui ?!?
Misteri della fede Taroccata. :) Fatto sta che si è beccato l'editore.
Non lo conoscevo, ma la cosa non fa che confermare la mia tesi :D . Grazie comunque dell'approfondimento, a te e soprattutto a Marco (che a questo punto penso di aver frainteso - se così è stato, chiedo scusa :) ).
EliminaPer esempio Federico Baccomo. Pubblicato da Marsiglio e fatto il film con Fabio Volo del suo libro. Ha esordito come blogger nel suo blog Studio illegale. Però è uno che ha scritto cose divertenti, non certo scelto dall'editore per i follower. :)
RispondiEliminaBeh, allora è un caso di merito, di sicuro non rientra nella casistica di cui parlo nel post ;) .
EliminaPoco ma sicuro, i like su FB valgono meno di zero in termini di vendite, come ho verificato di persona. La pressione di un tasto con l'indice per le persone non ha implicazioni di sorta. Poi esistono eccezioni, senza dubbio; ma gli editori affrontano una situazione non facile, perciò capisco che si attacchino a qualunque auspicio favorevole, anche se questo significa penalizzare buoni testi. Non è facile per nessuno, in questo campo.
RispondiEliminaPerò, come ho detto, i tanti like su Facebook non sono che un auspicio, che molto difficilmente avrà riscontri. Gli editori dovrebbero cercare vie più efficaci per rilanciarsi: dopotutto è anche colpa loro se il numero di libri venduti è in costante calo, visto che puntano su libri scadenti ma che seguono una moda invece che quelli che potrebbero piacere ai lettori forti, i veri clienti a cui dovrebbero rivolgersi :) .
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