martedì 26 aprile 2016

Il problema dell'auto-valutazione

Seppur ci siano religioni e filosofie che sconsigliano di farlo, una delle cose più naturali per un essere umano è giudicare. Fateci caso: ogni giorno è costellato dal formarsi di piccole e grandi opinioni, dettate dalla ragione, dei gusti o delle emozioni. Anche voi, ogni giorno, avete un parere su tutto, dalla notizia che sentite al telegiornale al piatto che mangiate per pranzo, passando per la qualità del lavoro che fate, il film che vedete la sera, e così via. Non c'è niente di strano: è tutto perfettamente normale.

Essendo io un essere umano - forse non lo sapevate, ma è così! - ciò vale anche per me. Mi succede, appunto, in ogni momento della giornata: compreso, ovviamente, quando mi pongo nella veste di lettore. Così, dopo aver letto il post di un blog, so dire se l'ho trovato ottimo, condivisibile, illuminante, o al contrario raffazzonato, fuorviante, poco piacevole. Lo stesso vale per le storie che leggo, racconti o romanzi che siano: dire se mi sono piaciuti o meno di solito è semplice. Ci sono alcuni casi in cui qualche opera narrativa o qualche articolo sono più complessi, e ci devo riflettere su, prima di decidere il mio giudizio definitivo. Anche lì però lo sforzo non è mai troppo, anzi.

Ci sono però alcuni post e alcune storie per cui giudicare mi è difficilissimo, se non impossibile. Cosa hanno questi testi di così diverso dagli altri? Semplice: si tratta di quelli che scrivo io stesso. Ogni volta che completo un racconto, o un capitolo del mio romanzo, una recensione per le webzine o il prossimo post di Hand of Doom, infatti, io non dire se il mio lavoro è ottimo, pessimo o una sfumatura tra questi due estremi.

Di mio, cerco sempre di dare il massimo e di applicare tutto quel che so. Per esempio, qui sul blog cerco di rendere il mio linguaggio più scorrevole possibile; per i racconti, invece, applico le regole della narrazione, quelle per intenderci che si leggono sui manuali. Sono convinto però che tutta la tecnica del mondo non sia sufficiente per creare un testo che faccia veramente la differenza: di sicuro aiuta, ma non può sostituire la sostanza. È un po' come alcuni gruppi recensiti in Heavy Metal Heaven a volte: tecnica strumentale perfetta, nessuna sbavatura, ma zero emozioni, e la conseguenza sono album noiosi.

Fonte: ylhelp.com
Anche in virtù di queste considerazioni, io sono totalmente incapace di auto-valutarmi. Mi chiedo spesso se il mio articolo o il mio racconto siano validi o meno, nell'atto di pubblicarli o di rifinirli. Mi interrogo anche molto a lungo, a volte, ma è sempre inutile: una risposta definitiva non arriva mai. Sono sempre nel limbo dell'incertezza, e molto difficilmente riesco a tirarmene fuori. E, di sicuro, invidio molto chi dice di essere capace di valutare le proprie opere con semplicità. Non credo ci riescano davvero, ma almeno hanno sicurezza in sé stessi, che a me manca molto.

Mi sono chiesto il perché di questa situazione. Credo che le cause siano molteplici: in primis, conta la mia scarsa autostima e la già citata mancanza di sicurezza, che da sempre mi accompagna. Sono una persona molto ansiosa e incerta, che non crede molto in sé stessa: di certo, non sono caratteristiche che aiutano l'auto-valutazione. Credo però che il problema principale sia più generale. Io, come del resto ogni altra persona del mondo, ho una sola prospettiva da cui vedere il mondo. Per quanto ci si possa sforzare, non si potrà mai entrare nella testa di un altro, almeno non in maniera assoluta. Così, è difficilissimo guardare alle proprie opere in  maniera totalmente distaccata, come se si fosse un'altra persona. Ci si può provare, ma è impossibile farlo con il cento percento di sicurezza. O almeno, per me è così.

Ogni volta che devo pubblicare un post, un racconto o qualcos'altro, un po' di timore c'è sempre. Non sono mai sicuro di nulla, di solito l'umore balla tra momenti in cui credo che ciò che scrivo sia molto interessante e altri in cui penso che non importerà a nessuno. E si, penso lo stesso di questo articolo: un testo intelligente, ben scritto, o una ciofeca poco interessante? Di norma tuttavia riesco a far finta di niente e ad andare avanti, ostentando una relativa sicurezza. A volte però mi chiedo: riuscirò mai a trovare un modo per auto-valutarmi correttamente?

La domanda: tu come fai a valutare gli articoli e/o le storie che scrivi? Qual è il tuo metro di giudizio?

8 commenti:

  1. Un buon metro di giudizio è il tempo: riprendere le proprie storie quando siano passati mesi dalla scrittura, ci permette di approcciarle a mente sgombra e con molta più obbiettività. Chiaramente, questo sistema con il web non funziona; d'altronde, le pagine di un blog sono molto più simili a una chiacchierata al bar che non a un saggio o a un romanzo: ciò che conta quindi sarà l'immediatezza e non la levigatezza ;)

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    1. Più che non funziona, direi che non serve, visto che, in effetti, spesso i post finiscono nel dimenticatoio dopo un po' di tempo. Rileggere i propri articoli a distanza di tempo può però servire per capire i propri errori e a crescere, magari :) .

      Comunque, di solito riprendendo vecchie storie (anche di qualche mese), trovo delle ingenuità, e penso spesso che adesso scrivo meglio. Vorrà dire che nel frattempo sono cresciuto o semplicemente che non sono granché buone :P ?

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    2. Vuol dire solo che pensare di scrivere tutto bene al primo colpo è come pensare di dipingere un quadro al volo, a mano libera. :)

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    3. Uhm, forse hai ragione. Sicuramente, è un ragionamento che vale per i primi racconti, visto che comunque tra di essi e gli ultimi la differenza riesco a notarla :) .

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  2. Le scrivo di getto e poi le rileggo mille volte, tante quante sono le "stonature" che mi giungono ancora alle orecchie durante la revisione (infatti, le ultime stesure, sono sempre lette ad alta voce). Come comporre una musica, le note devono essere al posto giusto e tutto deve fluire senza intoppi. Quando sono soddisfatta, ho idea che il pezzo sia buono. Per gli articoli del blog, ovviamente, il lavoro è più rapido e meno certosino.

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    1. Anche io attuo sempre un mucchio di revisioni e continuo a lavorare finché non limo anche gli ultimi spigoli. In questo modo però posso essere sicuro solo di avere articoli e storie scorrevoli, ma non è una certezza che siano anche buoni. Anche il racconto più scorrevole può essere brutto, perché non emoziona, perché è banale o per altre decine di motivi ;) (e ci sono libri bellissimi che al contrario sono spigolosi, ma alla fine si rivelano dei capolavori).

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    2. Se non emoziona gli altri non posso saperlo (rientra in quei dubbi/timori che ho raccontato nel mio ultimo post) però so quando emoziona me è per me è già un passo verso la sufficienza! :)

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    3. Il mio dubbio però è che magari potrebbe emozionare soltanto me, e nessun altro. Razionalmente, è un'ipotesi molto improbabile: qualsiasi opera può avere un certo numero di fan, pochi o molti che siano. La paura purtroppo non è razionale, ed è anche per questo che trovo molto difficile capire se un mio testo è buono o meno :) .

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