sabato 29 marzo 2014

Guerra per il territorio

In questi mesi sono stato molto, molto prolifico: ecco perciò il quarto racconto in tre mesi (quinto se contiamo anche quello che ho inviato al concorso), non male se pensate che l'anno scorso ne ho postate solo tre in totale. E' in ogni caso un altro racconto per un contest su un forum, perciò è piuttosto breve, ed è anche "impegnato", avendo un messaggio anche importante (sarà colpa del titolo, preso in prestito dalla molto impegnata band metal Sepultura): bisognerebbe lottare uniti per le cose importanti, ed è idiota invece litigare tra noi per delle sciocchezze. Nonostante tutte queste stranezze, è anche un racconto di fantascienza come mio solito; per il resto, spero solo, come sempre, che vi piaccia.

Guerra per il territorio

Il nulla era ovunque, quel giorno. Era nell’aria, dove niente riusciva a rompere il silenzio assoluto che avevo attorno. Era a terra, dove non vi era alcun movimento, ma solo membra, sangue e corpi grotteschi sparsi ovunque. Ma era anche dentro me, nel mio cuore, che lungi dalla gioia per la vittoria era colmo solo di una stanchezza infinita. Mi sembravano passati anni, eppure tutto era cominciato solo qualche ora prima.

Voi della Metropoli non sapete molto di quella che chiamate discarica e su cui fate piovere rifiuti dall’alto dei vostri bei hovercraft della nettezza. Per noi che invece la chiamiamo casa, la protezione del territorio era però di importanza vitale: essendo il vostro prezioso Ordine inesistente qui, solo in questo modo noi potevamo evitare che la nostra società degenerasse nella barbarie. Mentre voi la domenica potete quindi dormire fino a tardi al sicuro delle vostre case, quella mattina uggiosa di fine marzo io ed i miei Polaris l’avevamo passata a pattugliare la nostra zona, a caccia di criminali e di spie delle bande rivali. Ad un certo punto, saranno state le dieci, ci ritrovammo sul confine orientale del nostro territorio: era una via stretta, circondata da palazzine e senza quasi sbocchi laterali.
«C’è qualcosa di strano» affermò Marc, il mio migliore amico nonché secondo in comando della banda. Era vero, notai: la strada, solitamente trafficata, era quasi deserta, e il silenzio regnava.
«Guardate là!» urlò improvvisamente mio fratello José, indicando il tetto di un piccolo edificio di lamiera al lato della strada: ci girammo tutti, e vedemmo un gran numero di persone che si alzava, il fucile a taglio laser spianato e la casacca che li identificava come membri della band nemica Orion.
“Oh” fu l’unica cosa che riuscii a dire prima che l’inferno si scatenasse su di noi. Per qualche momento non riuscii a muovermi, non tanto per lo spavento quanto per la sorpresa: se gli Orion avevano pianificato di coglierci impreparati, gli era riuscito perfettamente. Poi, però, vidi il colpo di un nemico partire, allargarsi come al rallentatore, e poi centrare Marc; lo prese proprio a metà del corpo, e subito lui iniziò a cadere a terra, mentre la sua parte sinistra si divideva da quella destra in un’esplosione rossa.
«No!» urlai riscuotendomi, e cominciai a fare fuoco.

Non ricordo nulla poi, è come se avessi perso conoscenza per qualche minuto; quando rinvenni, mi ritrovai al riparo dei colpi che continuavano a piovere sopra di noi, dietro a dei grossi fusti di metallo.
«Cos’è successo?» chiesi a José, che era nei pressi.
«Hai iniziato a sparare all’impazzata e ne hai ucciso qualcuno. Ti hanno preso di mira, ma sono riuscito a trascinarti qui dietro prima che ti colpissero» rispose in tono sofferente; solo allora mi accorsi che perdeva copiosamente sangue da sotto un’ascella, seppur tentasse di nasconderlo.
«Cos’hai fatto?» mi angosciai.
«Non è nulla, non ti preoccupare»
Intanto i nostri nemici continuavano a sparare contro i fusti: sapevano certo di non poterli distruggere coi laser, ma proseguivano comunque, contando di farci uscire allo scoperto per sfinimento.
«Andrés, ricordi quando ti parlai della devotio?» fece José ad un tratto.
Me ne ricordavo, si, di questa pratica in voga presso gli Antichi Romani in cui un generale si gettava tra gli avversari sacrificandosi per far ritrovare nuovo vigore ai suoi soldati.
«Non se ne parla assolutamente!» replicai, avendo capito dove voleva andare a parare.
«Non c’è altra scelta, abbiamo subito troppe perdite e nessuno ci aiuterà. Possiamo vincere solo così!»
«Se è l’unico modo, allora lo farò io, il capobanda. Fermati!» gli urlai, ma non ci fu nulla da fare. Lui senza preavviso si alzò di scatto, ed evitando il mio tentativo di afferrarlo cominciò a correre in avanti, iniziando a sparare, un fucile per braccio. Riuscì ad abbattere un paio di Orion, ma poi venne preso di mira dagli altri, e subito dopo scomparve in una nuvola scarlatta. Iniziai a gridare di rabbia, e poi ancora una volta persi coscienza. Mi risvegliai poco più tardi sul tetto dell’edificio, circondato da corpi.

E poi, come detto, il nulla. I superstiti dei miei erano andati ad inseguire gli ultimi Orion in fuga, ma io ero rimasto lì, solo con la mia stanchezza, a fissare il vuoto. Fu allora che una nuova consapevolezza si fece largo in me: combattere per una questione così insignificante come il potere su inutili pezzi di territorio era sbagliato, nonché stupido. Il nemico non erano gli Orion, né le altre bande rivali, no: erano i capi della Metropoli, che ci negavano gli stessi diritti dei “loro”, costringendoci a vivere nella miseria che generava poi quelle deleterie guerre. Ecco perché voi della Metropoli presto saprete molto di più sulla Periferia: le decine di bande che sono riuscito ad unire sotto il mio comando hanno iniziato una nuova battaglia, e combatteremo fin quando l’uguaglianza tra noi e voi non sarà accettata. Preparatevi, quindi: arriviamo!

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